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Più donne nei CdA delle imprese: l’Ue approva le quote di genere (che in Italia ci sono già)

La nuova direttiva approvata dal Consiglio dell’Ue – e in attesa di via libera definitiva dal Parlamento – mette al 40% la quota di genere per i CdA delle società quotate. In Italia si lavora sulle quote dal 2011, e i miglioramenti ci sono stati. Le differenze, però, secondo i dati Consob restano.
A cura di Luca Pons
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Più donne nei consigli di amministrazione delle aziende: il Consiglio dell'Unione europea ha dato il via libera a delle norme che, quando approvate in via definitiva, promuoveranno una maggiore parità di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa. La direttiva prevede che almeno il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi – oppure almeno il 33% dei posti di amministratore con e senza incarichi esecutivi – sia occupato da persone del genere meno rappresentato (quindi le donne), entro il 2026.

Le società che non raggiungono gli obiettivi fissati dovranno adeguare il loro processo di selezione, con procedure eque e trasparenti. Nel caso in cui debbano scegliere tra candidati con le stesse qualifiche, dovrebbero dare priorità al candidato o alla candidata del genere sottorappresentato nel CdA.

Ogni anno, le società dovranno fornire informazioni sulla rappresentanza di genere nei loro consigli di amministrazione, così come anche sulle misure che stanno seguendo per raggiungere l'obiettivo prefissato. Sempre secondo la direttiva approvata dal Consiglio, gli Stati dovranno pubblicare una lista delle aziende che hanno raggiunto gli obiettivi, che sia il 40% o il 33%.

I negoziati sulla direttiva, che avevano coinvolto il Consiglio dell'Unione europea e il Parlamento europeo, sono arrivati a termine a giugno. Entrambi gli organi devono approvarla: il Consiglio l'ha fatto, il Parlamento non ancora. Da quando sarà approvata, entrerà in vigore dopo circa un mese, e da quel momento gli Stati membri avranno due anni per adattare le proprie leggi nazionali.

Trattandosi di una direttiva, infatti, ciascun Paese dell'Unione dovrà adottarla nel diritto nazionale. Nel caso di Paesi che siano già vicini a raggiungere gli obiettivi prefissati, o abbiano già una legislazione altrettanto efficace in materia, gli effetti della direttiva saranno in parte sospesi, almeno per quel che riguarda le procedure di selezione delle aziende.

La situazione italiana: donne in minoranza, ma più giovani e istruite

Per quanto riguarda l'Italia, un rapporto della Consob (Commissione nazionale per le società e la borsa) sul tema, pubblicato nel 2021, ha evidenziato che in Italia "i progressi ottenuti grazie all'introduzione della normativa sulle ‘quote' sono ragguardevoli". La legge Golfo-Mosca del 2011, infatti, ha introdotto una quota di genere del 20% nelle posizioni decisionali e nei CdA delle società pubbliche e quotate. Nel 2019, la quota per le società quotate è stata alzata al 40%, proprio come nella direttiva europea.

Grazie a queste misure, dice la Consob, "si è registrato un incremento significativo della presenza delle donne negli organi amministrativi delle società quotate". Anche se il dato italiano è migliorato negli anni, comunque, rimangono delle grosse differenze.

 

Gli stessi dati Consob, aggiornati solo fino al 2020, mostrano che il numero di donne che partecipano ai consigli di amministrazione delle società quotate in Italia è aumentato molto negli ultimi 10 anni. Tuttavia, in media, le donne continuano a essere di menopiù giovani e più istruite. L'età media delle donne, nel 2020, era di poco meno di 54 anni, contro i 59 degli uomini. Il tasso di laureate, invece, era del 93%, rispetto all'87% degli uomini.

Anche secondo il Gender equality index, una misurazione europea, l'Italia si trova al di sotto della media dell'Unione europea per quanto riguarda il "potere" delle donne. L'indice, che tiene conto di molti fattori differenti, fa riferimento al potere politico, sociale ma anche economico. L'Italia risulta al quindicesimo posto sui 27 Paesi dell'Unione europea per quel che riguarda il "potere" in senso ampio, mentre sale all'ottavo posto (e sopra la media Ue) per quanto riguarda il potere economico nello specifico. Il dato considera proprio la presenza di donne nei consigli di amministrazione delle grandi società.

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