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Più controlli sul Superbonus e i Comuni si tengono i soldi delle multe: la proposta della Lega

Il decreto Superbonus è in lavorazione al Senato e tutti i partiti stanno portando le loro proposte per modificarlo. Dalla maggioranza sono arrivate diverse richieste, e tra queste c’è un emendamento della Lega: i Comuni potrebbero prendere parte ai controlli, e in cambio tenersi la metà delle somme ottenute con le sanzioni.
A cura di Luca Pons
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I controlli su chi beneficia del Superbonus edilizio potrebbero aumentare, e coinvolgere anche le autorità comunali. Lo prevede un emendamento proposto dalla Lega, che spingerebbe i Comuni a partecipare ai controlli promettendo in cambio la metà delle "maggiori somme incassate" e "delle sanzioni applicate". Il decreto Superbonus varato dal governo Meloni a fine marzo è in commissione Finanze al Senato, e qui procedono i lavori per convertirlo in legge, con le varie proposte di modifica che toccano gli ambiti più diversi.

Cosa propone la Lega e come cambierebbero i controlli

La proposta leghista, firmata dal senatore Massimo Garavaglia (che della commissione Finanze è presidente), prevederebbe di "potenziare l'azione di contrasto alle attività fraudolente" sul Superbonus, coinvolgendo appunto i Comuni in un "piano straordinario di controlli". Le verifiche in questione si concentrerebbero sulla "corrispondenza tra la documentazione" rilasciata ai committenti (ad esempio la comunicazione di inizio lavori o il titolo abitativo) e la effettiva "realizzazione degli interventi programmati". Insomma, un controllo per verificare che chi dichiara di aver effettuato un certo lavoro, e chiede di riscuotere il bonus, abbia effettivamente fatto quegli interventi.

Se risultasse che i lavori non sono stati fatti, o che c'è una "difformità" tra le dichiarazioni e il cantiere vero e proprio, i Comuni dovrebbero attivarsi comunicandolo all'Agenzia delle Entrate e all'Enea (l'agenzia pubblica che si occupa di energia). Ovviamente per completare questa procedura prevista dalla proposta leghista servirebbero delle regole specifiche sugli aspetti tecnici e pratici, come l'accesso ai dati o le linee guida per i controlli. Sarebbero il ministero dell'Economia e la stessa Agenzia delle Entrate a occuparsene.

Perché i Comuni dovrebbero prendersi una responsabilità in più, spendendo tempo e risorse per fare più controlli che al momento non gli competono? La Lega ha inserito un "incentivo", cioè che nel caso in cui si trovino delle violazioni (delle detrazioni indebite, o dei crediti fiscali inesistenti) le amministrazioni comunali otterrebbero "una quota pari al 50% delle maggiori somme incassate a titolo definitivo nonché delle sanzioni applicate".

A che punto il decreto Superbonus e come potrebbero cambiare le regole

Il testo del decreto era stato varato dal Consiglio dei ministri circa un mese fa e pubblicato in Gazzetta ufficiale il 29 marzo. Significa che c'è tempo fino al 28 maggio 2024 per convertirlo in legge. In questo momento, come detto, è al lavoro la commissione Finanze del Senato. Poi il testo passerà all'Aula e infine alla Camera, per la conversione definitiva. Al momento sembra probabile che i tempi vengano rispettati senza problemi, anche se la maggioranza e il governo dovranno trovare la quadra su tutte le richieste di modifica che arrivano anche da Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia.

Un tema su cui potrebbe arrivare un consenso generale, ad esempio, è quello di allungare i tempi per la riscossione dei crediti. Al momento, chi ha ottenuto uno sconto fiscale con il Superbonus (non usando sconto in fattura né cessione del credito) ha quattro anni di tempo per riscuoterlo scalandolo dalla sua Irpef. Ciò significa sia che lo Stato si troverebbe a pagare una somma più alta in nel giro di pochi anni, sia che i contribuenti che hanno un reddito più basso potrebbero perdere la possibilità di detrarre l'intera cifra che gli spetta.

Un compromesso quindi potrebbe essere quello di estendere a dieci, o anche a quindici anni, il periodo di detrazione ammesso. Sul punto sono arrivati diversi emendamenti da praticamente tutti i partiti di maggioranza e opposizione (con l'eccezione di Fratelli d'Italia). La divisione in dieci rate annuali uguali era già valida per le spese effettuate nel 2022, e ora la si vorrebbe estendere anche per quelle del 2023. Non solo, ma qualcuno chiede di includere tutte le spese avvenute entro il 4 aprile 2024. Anche in questo caso sarà il dibattito interno alla maggioranza a decidere.

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