Piantedosi rivendica sostegno a Salvini dall’account del Viminale: “Processo Open Arms legittimo, ma ingiusto”
Niente passi indietro ma qualche giravolta per il ministro Piantedosi, che in Aula ha nuovamente difeso Matteo Salvini, coinvolto nel processo Open Arms per decisioni prese nel 2018, quando proprio Piantedosi era suo capo di gabinetto al Viminale. Il ministro per l'Interno, che sabato 14 settembre aveva condiviso sui canali ufficiali del ministero una dichiarazione in cui parlava di "ingiustizia", è stato chiamato a risponderne al Senato.
Per chiarire, la dichiarazione condivisa dal ministero di Piantedosi era questa: "Piena e totale solidarietà al ministro Salvini. Il rischio a una condanna a sei anni di carcere, per aver fatto fino in fondo il suo dovere nel contrasto all’immigrazione irregolare, è una evidente e macroscopica stortura e un'ingiustizia per lui e per il nostro Paese". Chiara, quindi l'affermazione che l'eventuale condanna di Salvini sarebbe ingiusta – nonostante si sta svolgendo un regolare processo e la magistratura stia operando secondo le leggi italiane.
Di fronte all'accusa, il ministro ha parlato di "personalità di governi precedenti, anche appartenenti al gruppo politico interrogante [il M5s, ndr], che durante l'incarico ministeriale hanno rilanciato sul web, tramite canali istituzionali, opinioni politiche". E ha detto che l'interrogazione era probabilmente solo un altro tentativo di "contestare la legittimazione" del governo, invece di "contraddirlo nel merito", "probabilmente per scarsità di argomenti convincenti".
Chiuso questo preambolo, Piantedosi ha sostenuto sui social che il messaggio sia stato letto male: "Non ho mai assolutamente detto che sia ingiusta l'attività della magistratura: prego di controllare bene il testo ed il significato della mia dichiarazione". La magistratura, ha continuato, "fa il proprio lavoro, secondo quanto gli è stato istituzionalmente consegnato".
Il fatto "ingiusto, per quanto legittimo", per il ministro sarebbe stato "consegnare alla giurisdizione penale l'attività istituzionale di un ministro, volta al contenimento dell'immigrazione irregolare". Insomma, è ingiusto non che i magistrati facciano il loro lavoro nel corso del processo, ma proprio che il processo esista.
Una posizione ben poco chiara, e che il ministro non ha aiutato a spiegare quando ha detto che a "consegnare alla giurisdizione penale" le azioni di Salvini sarebbero stati dei "gruppi politici parlamentari". In realtà, la denuncia da cui è partita l'indagine della Procura è arrivata da associazioni e da Ong, non da partiti, quindi non si capisce quale sia il collegamento tra i rapporti politici e il processo in questione.
Piantedosi ha concluso attaccando questi gruppi politici "che, in altri analoghi e precedenti casi, non solo si erano espressi in senso diametralmente opposto, ma avevano rivendicato il valore politico e la riconducibilità ad azione di governo delle medesime iniziative da parte dello stesso ministro. In alcuni casi intestandosi persino il reale merito di tali iniziative". Poi ha rivendicato i risultati del governo Meloni in materia di immigrazione. Il tutto senza spiegare in che modo dire che una condanna sarebbe "ingiusta", dopo un regolare processo, non sia un attacco alla magistratura.