Perché una sentenza della Cassazione può mettere in discussione il codice della strada di Salvini
Una recente decisione della Corte di Cassazione solleva interrogativi sulla validità dei test utilizzati per rilevare l'alterazione da alcol e droghe alla guida. Il cuore della questione sta nella possibilità che queste analisi diano esiti fuorvianti, i cosiddetti "falsi positivi" individuando tracce di sostanze assunte giorni prima, non più in grado di alterare le capacità del conducente. Il Codice della Strada, fortemente voluto dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini, che ha introdotto misure ancora più rigide per chi guida in stato di ebrezza, basa le sanzioni su un unico test, e non dimostra così l'effettiva incapacità di guidare.
Il nuovo Codice della Strada e le sue criticità
Le recenti modifiche alla normativa prevedono conseguenze severe per chi risulti positivo a un test per alcol o droghe, indipendentemente dallo stato di alterazione al momento del controllo. La novità principale sta nel fatto che non è più necessario dimostrare che il conducente sia concretamente incapace di guidare o che rappresenti un pericolo per gli altri. In passato, per arrivare a una condanna, era fortemente indispensabile provare lo stato di alterazione effettivo. Attualmente invece, la sola presenza di sostanze nel corpo può portare a sanzioni, multe salate, sospensione della patente o addirittura all’arresto. Il rischio insomma è che vengano punite persone perfettamente lucide, ma con tracce di sostanze assunte giorni prima.
Cosa dice la sentenza della Cassazione
Il caso affrontato dalla Suprema Corte riguarda un conducente sanzionato per guida sotto l'effetto di cocaina, in evidente stato di alterazione. La Cassazione nella sentenza n. 2020/2025, ha confermato la condanna, ma tra le righe del testo della sentenza emergono considerazioni che potrebbero avere ripercussioni sulla nuova normativa: i giudici sottolineano infatti che gli esami delle urine hanno un'affidabilità limitata, poiché individuano sostanze ancora in circolazione e sono quindi capaci di alterare realmente le capacità psico-fisiche, "mentre gli esami ematici hanno un'affidabilità di gran lunga maggiore, rilevando la presenza di sostanze che, al momento dell'accertamento, per il fatto di essere in circolo nel sangue, sono in grado di provocare lo stato di alterazione". Quindi solo l’esame del sangue può dare una prova diretta della presenza di droga nel sangue al momento del controllo; e questo è fondamentale per stabilire se l'alterazione psicofisica del conducente sia effettiva e immediata o meno.
In sintesi: se il test non distingue chi è alterato da chi invece ha solo tracce di sostanze nel corpo, si rischia di punire ingiustamente chi, al momento del controllo, è perfettamente in grado di guidare.
Le possibili conseguenze sulla nuova normativa
Non è ancora certo che i tribunali seguiranno lo stesso ragionamento nel giudicare i casi relativi alla nuova legge; un cambiamento normativo però potrebbe essere significativo: non essendo più richiesta la prova dell'alterazione, la sentenza della Cassazione potrebbe non influenzare direttamente le future decisioni. La domanda in sintesi è una: può una legge basarsi solo sulla presenza di tracce di sostanze senza considerare lo stato reale del conducente?