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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Perché una conferenza di pace tra Israele e Palestina deve ripartire dagli Accordi di Oslo

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è l’unico organo internazionale che in questo momento può convocare una conferenza di pace per risolvere il conflitto in Israele e Palestina. E deve farlo al più presto, ripartendo dagli Accordi di Oslo. Ne abbiamo parlato con Sergio Bossoli, della Rete italiana Pace e Disarmo.
A cura di Annalisa Girardi
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Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite deve immediatamente convocare una conferenza di pace che fermi le violenze in Israele e Palestina. Nel frattempo, la società civile deve scendere insieme in piazza, israeliani e palestinesi fianco a fianco, per chiedere una soluzione pacifica a duratura che permetta ai due popoli di convivere. È questo il contenuto dell'appello sottoscritto dalla Rete italiana Pace e Disarmo, che si apre condannando il brutale attacco dello scorso 7 ottobre perpetrato da Hamas contro centinaia di civili israeliani. "Per essere credibili come movimento per la pace e per il disarmo, in un contesto di conflitto che dura da quasi un secolo, occorre essere molto chiari sulla posizione di condanna della violenza. Perché la violenza genera odio e crea lo steccato, il muro, tra le due popolazioni. Non ci sono giustificazioni per l'attacco di Hamas, non c'è un ragionamento politico che possa sostenere quello che Hamas ha fatto. Il quadro entro cui si inserisce Hamas è la fotocopia delle azioni di terrore di Daesh", ha ribadito a Fanpage.it Sergio Bassoli, dell'esecutivo della Rete.

Per poi sottolineare come le atrocità dei miliziani non possano nemmeno giustificare una rappresaglia da parte di Tel Aviv sugli abitanti di Gaza. "Israele non può essere anch'esso protagonista di crimini di guerra, non può non prendere in considerazione il diritto internazionale e umanitario. Ha tutto il diritto di difendersi, ma non ha nessun diritto di fare rappresaglia sulla popolazione civile – ha detto Bassoli – Credo che questo sia un punto che non è di natura politica: in Italia sono partite le fazioni e le tifoserie, ma qui si tratta di regole che ci siamo dati per tutta l'umanità. Il mondo civile deve seguire queste regole, non ci possono essere deroghe che consentono di isolare oltre due milioni di persone senza acqua, cibo o assistenza sanitaria. Questo è incivile".

In queste ore alcune associazioni umanitarie hanno anche denunciato l'uso di bombe al fosforo bianco nella Striscia."Se superiamo quella linea rossa, data dal rispetto delle regole della guerra (e lo dico con sofferenza perché mai vorrei che si dovesse parlare di regole di guerra), l'elemento della violenza e della disumanità non ha più confini o barriere", ha sottolineato ancora Bossoli.

Su come Hamas sia stato in grado di reperire tutte le armi con cui ha sferrato l'attacco, o su come l'organizzazione sia stata capace di un'incursione tanto profonda, Bossoli ha spiegato che ci sono chiaramente tante zone d'ombra. "Questo è un terreno molto complesso. È chiaro che un'operazione militare come quella del 7 ottobre, con tale livello tecnologico e strategico – con dotazioni e strumentazioni avanzate – non è tutta farina del sacco di Hamas. Senza dubbio è stata preparata in altri luoghi, con addestramenti fatti in altri contesti e uno studio dell'operazione che ha richiesto tempo e un sistema di segretezza che non si era mai visto nella capacità di Hamas", ha detto Bossoli. Bisogna fare però attenzione ai giudizi affrettati, perché si tratta di uno scenario incredibilmente complesso: "C'è un intreccio che non è facile da capire. Bisogna anche considerare che Hezbollah e l'Iran sono sciiti, Hamas è invece sunnita. Sappiamo che diversi Paesi arabi hanno finanziato il terrorismo, tra Jihad e Al Qaeda. Ma sono rapporti complicati: credo che i fili si possano unire in un generale disegno di destabilizzazione della regione, per contrastare patti sulla scia degli accordi di Abramo (accordi tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein, sostenuti dagli Stati Uniti, per la normalizzazione delle relazioni, ndr). Quanto possa giocare anche la Turchia e l'alleanza con i Fratelli musulmani è complicato da stabilire".

Se queste considerazioni necessitano di un momento in più di riflessione, è invece urgente che il Consiglio di sicurezza dell'ONU si attivi, come richiesto anche nel comunicato della Rete, per aprire una conferenza di pace. Il punto di partenza, ha aggiunto Bossoli, devono essere gli accordi di Oslo, che hanno portato all'istituzione dell'Autorità Nazionale palestinese : "Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, cioè il massimo organo che può regolare il diritto internazionale e garantire la sicurezza di tutti i cittadini senza alcuna distinzione, deve riprendere in mano la titolarità del processo di pace. Una conferenza internazionale è fondamentale ripartendo dagli accordi di Oslo, in cui le due parti hanno accettato di avere due Stati, con Gerusalemme come capitale condivisa. Questo è urgentissimo, senza il riconoscimento internazionale dello Stato di Palestina, che così diventerebbe membro a tutti gli effetti dell'Assemblea delle Nazioni Unite, non riusciremo mai a fermare la violenza".

Invece la società civile, da parte sua, deve essere espressione di una grande manifestazione popolare per la pace, che veda scendere in piazza cittadini israeliani e palestinesi uniti: "L'appello come società civile è nel nostro Dna, è un appello a israeliani e palestinesi per manifestare insieme, a Tel Aviv o Gerusalemme o dovunque. Dobbiamo scendere tutti in piazza per dire basta alla violenza, i due popoli devono convivere e va fermata una nuova ondata di odio. Vogliamo riprendere il filo tra i movimenti per la pace internazionale e costruire le condizioni per la convivenza: noi abbiamo riattivato tutti i canali che abbiamo per lanciare questo appello e riprendere insieme questo cammini, perché questa forse è l'ultima chiamata".

Infine Bassoli ha sottolineato come sia stato importante il passo indietro dell'Unione europea sull'ipotesi di tagliare i fondi umanitari all'Autorità Nazionale palestinese. "Sarebbe stato l'ennesimo errore della politica europea che avrebbe così dato un assist incredibile al terrorismo. I meccanismo di controllo su dove vanno i fondi ci sono, io stesso ho lavorato per anni in Palestina e a Gaza, coordinando la piattaforma delle Ong italiane che operano in quell'area: mettere in dubbio il lavoro di organizzazioni e della società civile non ha senso. 

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