Perché si sta riparlando dell’alleanza tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle
La foto di Elly Schlein e Giuseppe Conte, in piazza a Roma, potrebbe rappresentare iconicamente l'inizio di una nuova fase nella alleanza tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle. Prima avversari, poi acerrimi nemici – ai tempi di Matteo Renzi – e alleati a sorpresa nel governo Conte due. La rottura, violenta, arriva con la caduta di Mario Draghi. La riappacificazione, lenta e travagliata, con l'avvento della nuova segretaria. Le due principali opposizioni di centrosinistra si studiano, si attaccano, conducono battaglie comuni. Ma mai come ora, da oltre un anno a questa parte, sembra vicina la possibilità di una nuova alleanza più strutturale. Dopo la manifestazione di sabato – vero successo, più o meno prevedibile, da parte di Schlein – diversi esponenti dell'una e dell'altra parte stanno parlando di un nuovo campo progressista.
Roberto Fico, ex presidente della Camera e dirigente di spicco del Movimento 5 Stelle, non ha dubbi: è possibile costruire un'alleanza col Pd. "Ha ragione chi chiede di costruire un'alternativa a questo governo di destra – dice alla Stampa – Spetta a noi adesso dare impulso a un confronto sui temi. Serve un grande progetto comune per portare il Paese in una direzione diversa da quella fallimentare del centrodestra. In questo senso, il Pd è un interlocutore importante". E ancora: "Non si deve essere d'accordo su tutto, vogliamo mantenere le nostre identità".
Chiara Braga, capogruppo del Pd alla Camera, sottolinea: "Sarebbe incomprensibile e anche sciocco pensare di rubarsi qualche punto di consenso tra potenziali alleati". Il Partito Democratico ha "la grande responsabilità di costruire attorno a sé le condizioni per una forte alternativa alla destra". Questo significa creare un'alternativa con il Movimento 5 Stelle: "Io credo che sia obbligatorio farlo – dice Braga al Corriere della Sera – La segretaria ha detto che inizia una nuova fase e credo che questa fase chieda anche di far prevalere le ragioni dell'unità piuttosto che quelle del distinguo".
"Non siamo la stampella del Pd – si difende Stefano Patuanelli, capogruppo grillino al Senato, parlando con Repubblica – L'alleanza che costruiremo poggia anche sul rapporto tra Giuseppe Conte e Elly Schlein e sulla proposta di un progetto credibile per il Paese". E ancora: "In Parlamento l'intesa c'è su tanti argomenti, su cui lavoriamo insieme. Riteniamo che ciascuna forza di una alleanza progressista debba avere pari dignità e mettere sul tavolo le proprie posizioni per trovare una sintesi". Lo stesso Patuanelli marca le distanze sulla guerra e sottolinea: "C'è una necessità evidente di mantenere l'identità di partito sia nelle elezioni proporzionali, come le Europee, sia in quelle in cui c'è l'alleanza. Andare divisi non significa mandarsi a quel paese, anzi è giusto dirsi le cose in faccia".
Per il Pd parla anche l'ex ministro Graziano Delrio: "Per dare risposte ai cittadini bisogna cooperare, non competere. Poi ciascuno proverà a convincere gli elettori sulle proprie peculiarità – dice a Repubblica – Le convergenze fra partiti vanno realizzate su delle visioni. Nessuno chiede a Conte di sottomettersi al Pd, il Pd non ha tentazioni egemoniche. La competizione si fa nel convincere delusi e astenuti, non tra di noi per rubarci elettori".