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Perché si sta parlando dell’ipotesi di Mario Draghi alla guida della Commissione europea

Per ora sono solo retroscena giornalistici, ma una volta iniziata a circolare l’ipotesi di Mario Draghi alla guida della Commissione europea, diversi esponenti politici si sono esposti a suo favore. La frenata, però, è arrivata dalla maggioranza.
A cura di Annalisa Girardi
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Premessa: per ora sono solo indiscrezioni. Il nome di Mario Draghi è stato messo sul tavolo da alcuni retroscena giornalistici, secondo cui la Francia lo avrebbe suggerito come prossima guida della Commissione europea. Tanto è bastato per innescare subito il dibattito. Da Forza Italia, Antonio Tajani ha precisato che i Popolari riproporranno il nome di Ursula von der Leyen, mentre Fratelli d'Italia ha citato delle non specificate fonti vicine all'ex presidente del Consiglio, secondo cui lui stesso avrebbe già fatto sapere di non essere interessato.

A scrivere che Emmanuel Macron avrebbe suggerito Draghi alla Commissione è stato il quotidiano La Repubblica. L'Eliseo, per ora, fa sapere di non avere nessun commento da fare a riguardo: non conferma e non smentisce, insomma. Fonti vicine all'ex governatore della Bce – oggi impegnato sempre in Europa nella stesura del report sul futuro della competitività europea, commissionato proprio da von der Leyen – dicono che non sarebbe interessato al ruolo.

Giugno 2022. Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz nel treno diretto verso Kiev.
Giugno 2022. Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz nel treno diretto verso Kiev.

Nel momento in cui è iniziata a circolare l'ipotesi, però, diverse voci si sono espresse per sostenerla. "Draghi ha già salvato l’Euro una volta ed è venuto in soccorso dell’Italia in un momento drammatico. Possiede l’auctoritas, la dignitas e l’esperienza per far fare all’Ue il salto di qualità di cui ha bisogno. Alla guida dell’Ue, alla Commissione o al Consiglio, rappresenterebbe la migliore possibilità per l’Europa di risollevarsi", ha detto il leader di Azione, Carlo Calenda. Anche il segretario di +Europa, Riccardo Magi, ha commentato in modo favorevole: "Draghi ha saputo esprimere più di chiunque altro con chiarezza la tragicità e l'importanza dell'attuale fase storica per l'Europa: ‘l'Europa è in crisi, diventi Stato'. La sua guida sarebbe la migliore garanzia per imboccare questa strada necessaria al rilancio dell'Unione". Sulla stessa linea il renziano Davide Faraone: "Stati uniti d'Europa, esercito europeo, elezione diretta del presiedente della commissione, Draghi alla guida del consiglio o della commissione: noi ci siamo".

La frenata, però, arriva dalla maggioranza. Il segretario di Forza Italia sottolinea che mancano ancora diversi mesi alle prossime elezioni europee: "I trattati prevedono che il presidente della Commissione Ue venga individuato tenendo conto dei risultati dell'elezione del nuovo Parlamento europeo – ha sottolineato Tajani – Noi Popolari europei terremo il nostro Congresso in marzo a Bucarest e credo proprio che confermeremo la candidatura di Ursula von Der Leyen. Bisognerà attendere il responso del voto popolare e decidere sulla base di quello che indicheranno i cittadini europei".

Ospite di Radio24 ha poi ribadito: "Io ho grande stima di Mario Draghi, è una risorsa per l'Italia. Dico soltanto che ci sono delle procedure. A parte che non so quanto sia vero che Macron vuole Draghi alla presidenza della Commissione. Bisogna conoscere bene le regole comunitarie. Per fare il presidente della Commissione bisogna essere commissario europeo, non è che la Francia decide chi è o qualcun altro decide chi è il commissario Ue italiano, dovrebbe partire dall'Italia la decisione di avere quel commissario Ue italiano, noi non abbiamo parlato affatto di chi sarà il commissario europeo".

Per poi concludere: "Io non ho mai messo un veto su Draghi, ho detto soltanto quella che è la regola, quello che dice il Trattato, non è che un Paese decide per un altro chi è il commissario. Io ho grande rispetto per Macron, grande rispetto per Draghi, mi sono limitato a dire conoscendo i meccanismi europei, avendo lavorato per 30 anni nelle istituzioni comunitari, qual è la regola".

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