La direttiva europea sulla violenza di genere, già proposta dalla Commissione europea e approvata dal Parlamento europeo a luglio 2023, rischia di naufragare per l’opposizione dei Paesi conservatori, a cui si aggiungono anche la Francia e la Germania. L’oggetto del contendere è la definizione di stupro come “sesso senza consenso”, considerato “un elemento centrale e costitutivo della definizione di stupro, dato che spesso non c'è violenza fisica o uso della forza quando l'atto viene commesso”. Una definizione simile è già accettata in 16 Paesi europei e nella Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa, ma, come denunciato dalla relatrice per l’Italia e vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, diversi Paesi si sono alleati per impedire che venga approvata.
Le leggi sulla violenza sessuale possono infatti seguire due criteri: il primo è quello dell’uso della forza. In Italia, ad esempio, la vittima a processo deve dimostrare di essere stata costretta a un atto sessuale “con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità”. Il problema di queste leggi è che spesso non riconoscono forme di violenza in cui non ci sono minacce esplicite, come gli stupri coniugali, e che favoriscono la vittimizzazione secondaria, concentrandosi sulla reazione di chi ha subito lo stupro. Le leggi sul consenso, come quella approvata di recente in Spagna e che ha ispirato la direttiva europea, aggirano questi ostacoli e allargano il campo della violenza sessuale anche ad atti che non venivano considerati tali.
Non è però solo la questione del consenso ad aver causato l’opposizione di diversi stati, ma anche la definizione di “molestie sessuali sul lavoro”, la mutilazione genitale nei confronti delle persone intersessuali, la sterilizzazione forzata e la diffusione non consensuale di immagini intime.
L’opposizione di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca è motivata da ragioni ideologiche. L’Ungheria non ha nemmeno ratificato la Convenzione di Istanbul (nonostante sia stata adottata a livello europeo lo scorso anno), mentre la Polonia aveva cominciato il processo per ritirarsi nel 2020, sostenendo che era in contrasto con la costituzione del Paese. Anche se il nuovo governo ha promesso di arrestare questo processo, la Convenzione di Istanbul era accusata di promuovere l’“ideologia gender”, i matrimoni omosessuali e la dissoluzione della famiglia. La Repubblica Ceca ha votato contro la ratifica della Convenzione soltanto la scorsa settimana, dopo un dibattito di sette ore, sempre a causa dei presunti riferimenti al “gender”.
Ma a questi Paesi si aggiungono anche la Francia e la Germania. Se anche solo una di loro ponesse il veto alla nuova direttiva, si raggiungerebbe il quorum del 65% necessario per affossarla. I due Paesi dicono di opporsi per ragioni legali, sostenendo che la violenza di genere va punita secondo le leggi nazionali. Il presidente Emmanuel Macron, ad esempio, ha sottolineato che la pena massima prevista per il reato di stupro in Francia supererebbe quella prevista dalla direttiva. Tuttavia, la posizione dei due Paesi che si sono allineati ai più illiberali d’Europa è stata fortemente criticata. La delegata del gruppo dei socialisti e democratici, l’europarlamentare svedese Evin Incir, ha dichiarato: “Mi aspetto una cosa del genere da Orbán, ma non da Macron o Buschmann. Ma la realtà ci dice che ci sono tre uomini che possono decidere il futuro delle donne e delle ragazze”.
C’è tempo fino a domani affinché la Francia e la Germania cambino idea. Pina Picierno, insieme a moltissime associazioni italiane che si occupano di violenza di genere come Differenza Donna e la rete dei centri antiviolenza D.i.Re, ha fatto un appello alla premier Giorgia Meloni affinché convinca i suoi omologhi europei a sostenere la direttiva. La ministra per la Famiglia e le pari opportunità Eugenia Roccella ha assicurato che l’Italia è “sempre stata favorevole all’inclusione del reato di stupro nella nuova direttiva europea contro la violenza sulle donne”, ma non va dimenticato che lo scorso anno gli europarlamentari della Lega e di Fratelli d’Italia votarono contro l’adozione della Convenzione di Istanbul a livello europeo.
Le direttive europee sono strumenti giuridici che ogni Paese può recepire a seconda del proprio ordinamento. Se si tratta solo di una questione di principio, la posizione di Francia e Germania è inaccettabile a fronte dei numeri della violenza di genere in Europa: una donna su tre ha subito una qualche forma di violenza nella vita e ogni settimana almeno due donne vengono uccise da un partner o ex. Il 32% degli autori di violenza è un collega di lavoro. Una direttiva unica europea, che condanna e definisce chiaramente questo fenomeno sarebbe un passo importante per arginarlo. Se è impossibile pensare di far cambiare idea a Ungheria e Repubblica Ceca – che a quanto pare tengono più a contrastare il “gender” che a proteggere le proprie cittadine – l’Italia non può tacere di fronte al comportamento di quei Paesi che prende a esempio come politiche di genere.