Gli ultimi sondaggi – e non solo gli ultimi, a dire il vero – danno la Lega stabile attorno al 30-35% dei consensi, e il centrodestra unito attorno al 45%. Dicono anche che quel che Salvini ha perso se lo sono recuperato Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni. E che il Pd e il Movimento Cinque Stelle, assieme, non hanno ancora preso mezzo decimale di consenso in più. Quel che ha lasciato per strada l’uno, ha guadagnato l’altro, e viceversa. Poca roba, in ogni caso.
Questo, nonostante tutto. Nonostante Salvini abbia perso da pollo il controllo del Paese. Nonostante non abbia più la vetrina del Viminale. Nonostante lo spread sia sceso da 250 a 140 punti base nel giro di qualche giorno. Nonostante l’Iva non aumenterà. Nonostante un manovra con un deficit superiore a quello del governo precedente. Nonostante l’accordo di Malta sui migranti con Francia e Germania. Nonostante Gentiloni commissario europeo all’economia. Nonostante le inchieste su quel che successe all’Hotel Metropol di Mosca siano andate avanti, e ci siano messaggi che attestino che il tentativo di finanziare con soldi russi la campagna elettorale leghista non fosse né un complotto, né una bufala.
No, nonostante tutto, Salvini non ha perso un punto, né un voto. Ed è il minimo provare a chiedersi perché, se non si vuole proseguire questa esperienza di governo, e questa prova tecnica di alleanza politica tra Pd e Cinque Stelle con le fette di salame sugli occhi. Non ha perso un voto e magari riuscirà pure a strappare al centro-sinistra Umbria, Calabria ed Emilia Romagna alle prossime regionali, sancendo – lo diciamo senza timore di smentita – la condanna a morte del governo Conte Bis.
Non ha perso un voto, Salvini, perché l’agenda politica è ancora roba sua. Perché si parla ancora, solamente, di migranti, di pensioni, di rimpatri e di sicurezza. Possiamo discutere all’infinito sul fatto che appena Salvini ha messo il naso fuori dal Viminale i media si sono accorti che gli sbarchi-fantasma rappresentano il 90% degli arrivi di migranti in Sicilia, e hanno cominciato a conteggiarli (cosa che prima non facevano). Possiamo gonfiare il petto per tutti gli accordi di Malta e i decreti rimpatri del mondo, così come hanno fatto Lamorgese e Di Maio. Possiamo, ma continuiamo a parlare di migranti non solo come se fosse realmente un’emergenza – e no, non lo è – ma come se fosse l’unica reale emergenza di questo Paese.
Non ha perso un voto, Salvini, per l’appunto, perché la maggioranza entrante non ha una vera e propria agenda politica. Il Movimento Cinque Stelle, preoccupato dei malumori interni per l’alleanza con gli odiati “pidioti”, si barcamena nel tentativo di salvaguardare un po’ di continuità con il governo gialloverde, esperienza che Di Maio si guarda bene dal rinnegare, e di tornare alle origini, col taglio dei parlamentari e un po’ di giustizialismo giacobino. Il Pd di Zingaretti cerca di ridarsi un’anima di sinistra dentro il paradigma a esso più congeniale, quello del tassa e spendi. E poi c’è Italia Viva di Matteo Renzi, alla disperata ricerca dei voti di Forza Italia e dell’eredità berlusconiana, che invece di nuove imposte proprio non vuole sentir parlare. Provate a chiedere a un qualunque non-elettore di Salvini quale sia, secondo lui, l’anima prevalente della nuova maggioranza. L’unica risposta possibile? È un governo che nasce e che opera contro Salvini. Non pensare all’elefante, diceva Lakoff nella sua bibbia della comunicazione politica, intimando i democratici ad affrancarsi dall’ossessione per le proposte repubblicane. Ecco: questo governo pensa solo all’elefante.
Non ha perso un voto, Salvini, perché alla guida di questo governo c’è Giuseppe Conte, lo stesso presidente del consiglio del governo precedente. E può sembrare un ossimoro, visto che Conte è di gran lunga il politico più popolare della nuova maggioranza, ma è proprio la presenza dell’avvocato romano a certificare il governo giallorosso per quel che è: una manovra di palazzo ordita da due partiti che si sono sempre detestati, con l’unico scopo di evitare elezioni anticipate che li avrebbero visti sicuramente perdenti.
Non è solo questo, tuttavia: perché in una situazione del genere servirebbe un coraggio da leoni per portare avanti politiche di segno diametralmente opposto a quelle del governo precedente: ius soli al posto dei porti chiusi, rivoluzione ambientale al posto dei condoni, soldi alla scuola al posto di Quota 100. Ma è proprio Conte a inibire questa linea: un po’ per indole, un po’ perché ci vorrebbe troppa faccia tosta per smentire il se stesso che fino a cinque mesi fa legittimava il sovranismo e difendeva i decreti sicurezza.
Non ha perso un voto, Salvini, perché a differenza di quanto accadde con Renzi, la stagione politica non è ancora cambiata. E nessuno, pare, abbia interesse a cambiarla, o coraggio per farla cambiare. E se così è, e così sarà, le cose non potranno che peggiorare.