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Perché riqualificare con il Pnrr i beni confiscati sarebbe stata la giusta risposta dello Stato alle mafie

A Fanpage.it Stefania Pellegrini, direttrice del master in Gestione e riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati “Pio La Torre”, spiega perché riqualificare i beni confiscati con i 300 milioni di euro previsti in un primo momento nel Pnrr avrebbe permesso di riqualificare economicamente anche i territori con forti dinamiche mafiose.
Intervista a Stefania Pellegrini
Direttrice del master in Gestione e riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati "Pio La Torre" e titolare del corso Mafie e antimafia dell'Università di Bologna.
A cura di Giorgia Venturini
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Il governo i giorni scorsi ha deciso di cancellare dalle misure del Pnrr 300 milioni di euro stanziati nel novembre 2021 per riqualificare i beni confiscati alla criminalità organizzata nel Sud Italia. I Comuni, contando su questi fondi, avevano già presentato progetti che alcuni avevano già ottenuto il via libera alla realizzazione.

Da un giorno con l'altro però tutto è sfumato: il governo ha ritirato i 300 milioni di euro, promettendo di trovare altri fondi per i progetti. Ma quando? E soprattutto cosa avrebbe significato finalmente poter ridare vita a così tanti beni confiscati e inutilizzati da anni? A Fanpage.it lo spiega Stefania Pellegrini, professoressa ordinaria di sociologia del diritto; Direttrice del master in Gestione e riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati "Pio La Torre" e titolare del corso Mafie e antimafia dell'Università di Bologna.

Cosa prevedevano i fondi messi a disposizione del governo?

Nel 2021 erano stati stanziati 250 milioni di euro per la riqualificazione e la valorizzazione di beni sequestrati e confiscati per le nuove generazioni. Altri 50 milioni di euro erano stati messi a disposizione con procedure negoziate. Per un totale quindi di 300 milioni di euro.

Era così stato aperto un bando, che aveva già delle criticità: perché la cifra era effettivamente irrisoria rispetto alla necessità e soprattutto perché erano cifre destinate solo alle regioni del Sud. Ormai è veramente un discorso anacronistico pensare che solamente nelle regioni nel Sud sia necessario intervenire per gestire i beni confiscati. Basti pensare a quanti sono i beni confiscati alla criminalità organizzata, ad esempio, in Lombardia o in Emilia Romagna. Nel 2023 stiamo parlano veramente di mafia solo al Sud? Basta.

Al bando avevano partecipato diversi Comuni presentando i loro progetti di riqualifica dei beni confiscati presenti sul proprio territorio.

Quanti progetti erano stati già presentati e accettati sulla base di questi fondi?

Alla fine erano stati ammessi 242 progetti per un valore di 249,5 milioni di euro. Oltre a 12 progetti attraverso la proceduta negoziata. Di fatto tutti i fondi erano stati già stanziati, questo vuol dire che le amministrazioni avevano già lavorato alla progettazione. Si tratta di una situazione particolarmente allarmante: non solo il governo ha tolto dei fondi, ma li ha tolti nel momento in cui le amministrazioni avevano già lavorato e presentato i progetti. Qui c'è stato uno spreco di risorse pubbliche incredibile.

Questi beni confiscati che tipo di nuove attività avrebbero ospitato?

Le attività con cui vengono riqualificati i beni sono solitamente centri antiviolenza, presidi di legalità in zone particolarmente esposte al fenomeno mafioso, attività d'accoglienza di soggetti che hanno avuto esperienze carcerarie, progetti di inclusione sociale. Oppure semplicemente piccole realtà imprenditoriale che danno lavoro tutelato e tutelante ai giovani.

Ora il governo ha sospeso questi fondi. Quindi tutti i progetti si fermano. Il governo che alternative prevede?

Il governo ha fatto sapere che troveranno un modo per finanziare tutti i progetti attingendo magari al Fondo per lo Sviluppo e la Coesione. Però queste sono solo parole, al momento questi fondi non ci sono più. In 40 anni questa era stata l'occasione più importante. Il messaggio del governo sembra molto chiaro.

Qual è il messaggio secondo lei?

Che questa non è una priorità. Non si è capito che intervenire sul recupero di questi simboli del potere mafioso ridando così fiducia alla collettività invece dovrebbe essere una priorità. Di fondo c'è l'importanza sociale, educativa, pedagogica, economica. Andare a creare una realtà socio imprenditoriale in un contesto condizionato da dinamiche mafioso vuol dire andare a intervenire sul contesto stesso.

Si interverrebbe sul fattore culturale: è bene ripetere sempre che il fenomeno mafioso non è solamente un fenomeno criminale, ma anche un fenomeno culturale. Quindi questo percorso di riutilizzo dei beni è un percorso di riscatto, di cultura, di riacquisizione del controllo del territorio. La mafia che cosa fa? La mafia vuole controllare il territorio e il territorio deve essere rioccupato quindi. Lo Stato lo può rioccupare impossessandosi dei beni confiscato e affidandoli a un'attività pulita e legale. In questo modo si interverrebbe anche su un fattore economico: dietro ogni attività sociale c'è un'attività imprenditoriale pulita e sana. E in questo momento storico è fondamentale.

Come sarebbe l'iter, al di là di questi fondi promessi e ritirati dal governo, in Italia per l'assegnazione dei beni?

Se parliamo di beni immobili, l'ente locale chiede all'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati l'assegnazione del bene confiscato. Nel momento in cui chiede l'assegnazione il Comune invia un progetto di riqualificazione. L'Agenzia valuta il progetto e lo assegna al Comune. L'ente locale può gestire direttamente l'immobile oppure emettere un bando al terzo settore per la gestione del bene. Dal 2017 è prevista la possibilità che il terzo settore gestisca il bene senza passare dall'ente locale.

I 300 milioni promessi in un primo momento dal governo come avrebbero agevolato l'assegnazione? 

Gli enti locali hanno bisogno di finanziamenti per presentare i loro progetti. E molto spesso mancano i fondi. Non bisogna semplicemente tinteggiare case, ma sono necessari interventi strutturali che richiedono soldi. I 300 milioni di euro erano quindi doverosi, perché il governo deve aiutare gli anti locali. Questa quindi era l'occasiona giusta per dar nuova vita finalmente a beni confiscati inutilizzati per troppo tempo.

Se i beni confiscati non venissero riqualificati, c'è il rischio che ricadano in mani mafiose?

Il governo rassicura che troverà altri fondi. Di fatti se questi altri fondi non arrivassero, i beni potranno essere venduti. Il codice lo prevede: nel momento in cui non vengano riassegnati l'Agenzia può vendere l'immobile all'asta al miglior offerente. Ci sono delle garanzie, esempio che può essere rivenduto dopo cinque anni. Ma ci vuole poco che un prestanome della criminalità organizzata si presenti all'asta e faccia la miglior proposta. Quindi il rischio c'è.

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