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Crollo ponte Morandi a Genova

Perché revocare la concessione ad Autostrade è molto complicato e ha costi altissimi

Il governo ha annunciato di voler revocare la concessione per la gestione di alcune tratte ad Autostrade per l’Italia. Un procedimento molto complicato e che potrebbe avere costi elevatissimi, considerando le penali previste dalla Convenzione unica stipulata tra Anas e Autostrade. Ecco cosa prevede la concessione e come la si può revocare.
A cura di Stefano Rizzuti
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Lo ha annunciato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, seguito dai ministri delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, e del Lavoro, Luigi Di Maio: il governo vuole revocare la concessione ad Autostrade per l’Italia grazie alla quale la società gestisce quasi 3mila chilometri di autostrade italiane. “Non possiamo aspettare i tempi della giustizia”, è il messaggio che fa capire come la volontà dell’esecutivo sia quella di procedere indipendentemente dalla verità processuale che potrebbe emergere dopo molto tempo. Ma revocare la concessione non è affatto facile e i problemi che il governo dovrà fronteggiare sono di vario tipo: politici, giuridici, contrattuali e anche economici. In linea di principio, infatti, una concessione è revocabile solo se esistono gravi motivi. Come ricorda il Sole 24 Ore, i gravi motivi potrebbero essere giustificati non solo dalla tragedia di Genova con la morte di almeno 38 persone dopo il crollo del Ponte Morandi, ma anche da altri episodi degli scorsi anni sulla rete gestita da Autostrade, come nei casi del crollo del cavalcavia sulla A14 nel 2017, dei problemi relativi al brevetto Tutor, del processo di Avellino per la morte di 40 persone su un bus precipitato sulla A16 nel 2013. Non ci sono però mai state contestazioni formali per inadempienze gravi, fino a questo momento.

Il controllo dell’operato dei concessionari come Autostrade per l’Italia spetta alla Svca, la Struttura di vigilanza sulle concessioni autostradali, che risponde al ministero delle Infrastrutture. Oltre alla mancanza di contestazioni formali, finora non ci sono state neanche condanne a carico di Autostrade. C’è poi un discorso economico: da una parte lo Stato non ha risorse per nuove costruzioni e ampliamenti, dall’altro c’è il rischio di un mega-risarcimento per Autostrade in caso di revoca della concessione. Si parla di cifre intorno ai 20 miliardi di euro. Il calcolo viene fatto sulla base della convenzione stipulata, secondo cui la revoca è possibile ma il concedente (Anas, statale) deve rimborsare di tutti i mancati utili il concessionario (Autostrade). Considerando gli utili dell’ultimo anno la cifra è pari a 968 milioni. Da rimborsare fino alla naturale scadenza della concessione (31 dicembre 2038, ma c’è già una proroga fino al 2042). Quindi circa un miliardo di euro l’anno a cui decurtare una penale – in caso di danno subito dal concedente – del 10%: così si arriva alla cifra dei circa 20 miliardi. La penale è applicabile nel caso in cui Autostrade non rispetti i suoi obblighi, tra cui quello del “mantenimento delle funzionalità delle infrastrutture concesse attraverso la manutenzione e la riparazione tempestiva”.

Le concessioni affidate ad Autostrade

Sul sito del ministero delle Infrastrutture sono riportate tutte le convenzioni riguardanti i tratti di strada concessi alla gestione di alcune società, tra cui Autostrade. Autostrade per l’Italia gestisce molti tratti (e come partecipante anche altri) per un totale di 2.854,6 km, compresi i 45 della A10 Genova-Savona. Tra gli altri tratti ci sono anche l’A1 Milano-Napoli, l’A14 Bologna-Taranto e altri nella zona di Genova: l’A7 Serravalle-Genova, l’A12 Genova-Sestri Levanti, l’A26 Genova Voltri-Gravellona Toce. La prima convenzione stipulata dallo Stato con Autostrade risale al 1956, per la costruzione dell’Autostrada del Sole Milano-Napoli. Una nuova concessione è arrivata nel 1997, seguita da quella del 2002. Infine, nel 2007 è stata stipulata la Convenzione unica tra Anas e Autostrade. Anas è una società con un unico socio, il ministero dell’Economia, ed è sottoposta al controllo e alla vigilanza del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Cosa dice la convenzione vigente

La Convenzione unica  è stata firmata il 12 ottobre 2017. Al concessionario vengono affidate “le attività e i compiti necessari per l’esercizio delle autostrade indicate, la progettazione ed esecuzione degli interventi di adeguamento”. A carico dei concessionari vengono stabiliti alcuni interventi: tra questi non c’è nulla relativo alla A10, fatta eccezione per una operazione sulla viabilità di accesso al distretto portuale di Voltri. Nella precedente convenzione c’era un’altra attività da proseguire in quella attuale, riguardante l’adeguamento e il potenziamento delle tratte Gronda di Ponente e l’interconnessione con A7, A10 e A12.

Le responsabilità

Il concessionario si deve assumere “la responsabilità per i danni derivanti da fatti a esso imputabili causati a persone e a cose, sia per quanto riguarda i dipendenti e i materiali di sua proprietà, sia per quelli che esso dovesse arrecare a terzi in conseguenza dell’esecuzione dei lavori e delle attività connesse, sollevando il concedente da ogni responsabilità”. All’Anas spetta invece il compito di effettuare i controlli, con poteri di ispezione. Il concedente può quindi irrogare sanzioni amministrative e, in caso di violazioni reiterate, può proporre al ministro competente la sospensione o la decadenza della concessione. In caso di inadempimenti, questi vengono comunicati al concessionario che avrà un termine stabilito per intervenire. Trascorso quel tempo, il concedente può avviare il procedimento di scioglimento della convenzione in caso di mancato intervento. Procedimento che finora non è mai partito. La decadenza si può dichiarare se perdura la grave inadempienza del concessionario. La Convenzione  parla di inadempienza quando il concessionario “omette di avviare o sospende gli interventi”. Mentre un eventuale ritardo degli interventi determina solo l’applicazione di penali.

Le penali

Il concedente subentra “in tutti i rapporti attivi e passivi” del concessionario in caso di revoca. Ma il trasferimento avviene solo dopo il “pagamento da parte del concedente al concessionario decaduto di un importo corrispondente al valore attuale netto dei ricavi della gestione, prevedibile dalla data del provvedimento di decadenza sino alla scadenza della concessione, al netto dei relativi costi, oneri, investimenti e imposte prevedibili nel medesimo periodo”. Ovvero Anas, quindi lo Stato, devono una somma ingente ad Autostrade, in caso di revoca.  “L’importo determinato viene decurtato, a titolo di penale, di una somma pari al 10% dello stesso, salvo il maggior danno subito dal concedente, per la parte eventualmente eccedente la predetta penale forfetaria”.

Si legge ancora nella Convenzione: “Il concessionario avrà diritto a un indennizzo/risarcimento a carico del concedente in ogni caso di recesso, revoca, risoluzione, anche per inadempimento del concedente, o comunque cessazione anticipata del rapporto di convenzione pur indotto da atti o fatti estranei alla volontà del concedente, anche di natura straordinaria e imprevedibile”. In caso di mancato accordo tra le parti per la determinazione dell’importo del risarcimento, “è facoltà del concedente attivare una delle procedure conciliative previste dalla legislazione”. Il recesso è efficace solo in caso di “pagamento di tutte le somme previste al concessionario”.

Le sanzioni

L’articolo 29 della Convenzione prevede che in caso di “violazione, inosservanza o omissione, anche parziale, degli obblighi derivanti dalla legge e dalle disposizioni individuati nell’allegato alla presenza convenzione unica, trova applicazione il sistema di sanzioni”. Si parla di multe che vanno dai 25mila ai 150 milioni di euro. Per inadempienze che riguardano: “Modalità e tempi di esecuzione delle progettazioni; modalità e tempi di esecuzione dei lavori; modalità di svolgimento del servizio autostradale; rispetto dei parametri qualitativi legati al livello di servizio”. L’articolo 30 si sofferma invece sulle penali che il concedente applica al concessionario, in particolare se “è responsabile dei ritardi nello svolgimento delle proprie attività di progettazione rispetto alle previsioni di durata. Il concedente potrà applicare al concessionario una penale di euro 25mila per ogni mese di ritardo di durata delle singole fasi”. Si parla, però, solo di penali per questioni relative a ritardi sui tempi di realizzazione degli interventi. Infine, l’articolo 38 della Convenzione unica prevede che “le parti rinuncino, anche per il futuro, ad attivare ulteriori contenziosi e a far valere ulteriori diritti e pretese relativamente alle controversie rinunciate”.

La falsa notizia della sede in Lussemburgo

Il vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, inoltre, ha attaccato la società Autostrade per l’Italia in quanto sarebbe “controllata da una finanziaria in Lussemburgo. Nello sblocca Italia fu messo nella notte un emendamento della proroga a cinquanta anni. Giocano in borsa in tutto il mondo”. In realtà, però, Autostrade per l’Italia è controllata dalla società Atlantia che ha sede legale in Italia, a Roma, in via Antonio Nibby 20. Così come Autostrade per l’Italia che ha sede sempre nella Capitale, in via Bergamini, 50. Azionista di maggioranza di Atlantia è Sintonia SA, che fa capo alla famiglia Benetton. Ma sia Atlantia che Autostrade pagano le tasse in Italia.

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