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Perché quello di Ischia è stato un condono “esclusivo”

L’ex senatore Gregorio De Falco spiega perché nel 2018 in Parlamento condusse una battaglia, contro le norme edilizie che interessavano Ischia e che a suo parere rappresentarono un vero e proprio condono. La questione è tornata d’attualità, dopo la frana che ha colpito l’isola campana.
A cura di Redazione
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di Gregorio De Falco

Il terremoto del 21 agosto 2017 a Casamicciola danneggiò 795 edifici rendendone inagibili 560. Le istanze di condono relative a tali immobili, prodotte ai sensi della L. n. 47/85, sono state 141; le altre istanze erano state presentate, per essere valutate con i criteri della legge del 1994 e quella del 2003.

Tuttavia, l’articolo 25 del cosiddetto decreto Genova stabilisce che per la definizione di tutte le istanze “trovano esclusiva applicazione le disposizioni di cui ai Capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47”. È chiaro che c’è un condono, un nuovo condono.

L'articolo 25 infatti fa un rinvio esclusivo alla normativa, che aveva aperto alla prima sanatoria e impone di istruire e valutare tutte le istanze pendenti nelle aree colpite dal terremoto, non già sulla base della norma vigente al momento in cui fu realizzato l’abuso, ma secondo i criteri, molto più permissivi, di 33 anni prima, quando la considerazione dei vincoli era assolutamente embrionale.

È vero che anche la legge del 1994 e quella del 2003 facevano rinvio alla 47/85, ma si trattava di una norma transitoria, che limitava espressamente l'ammissibilità delle istanze prodotte, ai fini del condono del 1994, alle opere realizzate entro il 31/12/1993. Diversamente, il decreto Genova impone di valutare tutte le istanze, indipendentemente dall’epoca di realizzazione delle opere abusive, con i criteri del 1985.

In tal modo il legislatore del 2018 ha di fatto innovato in modo sostanziale il quadro normativo di riferimento, riaprendo i termini, a istanze relative ad abusi successivi  È stato così creato un nuovo condono, poiché le istanze relative ad immobili edificati abusivamente dopo il 1994 non avrebbero potuto essere sanate, se ricadenti in zona di inedificabilità relativa, mentre con il rinvio "esclusivo" alla 47/85 -nelle medesime condizioni- se ne consente la sanatoria.

Per quanto riguarda il vincolo idrogeologico risalente al 1923 (R.D. 3267), questo ha lo scopo di preservare l’ambiente fisico, per evitare che un intervento possa comprometterne la stabilità. E subordina la realizzazione delle opere ad una autorizzazione, con ciò dimostrando che si tratta di un vincolo di inedificabilità relativa, dunque superabile mediante un giudizio a posteriori di compatibilità paesaggistica.

Infine, che l'intento non fosse quello di velocizzare le pratiche è provato dal fatto che non vi fu alcuno specifico appostamento in bilancio di risorse da destinare all'assunzione di personale tecnico per i comuni ,che meglio consentisse di smaltire le pratiche di condono aperte e pendenti da decenni. Personale che sarebbe tornato prezioso, ora, anche per realizzare i progetti necessari ad intercettare i fondi del PNRR.

In conclusione, mediante il rinvio operato dall’articolo 25 al primo condono, se ne sono riaperti i termini ed è stato ampliato l’ambito di sanabilità, eliminando i vincoli che avrebbero impedito di sanare gli abusi più recenti.

Certo, bisognerebbe sempre ricercare prima le cause e poi le colpe e  addentrandosi tra le prime con coraggio, ci si troverebbe dinnanzi ad un groviglio intricato ed annoso, un insieme di abusivismo, incuria, inerzia amministrativa. Ma i problemi vanno affrontati prima che diventino drammatici, senza lasciarsi intrappolare da quella dicotomia falsa e mistificante, che corre tra la compassione e la indignazione. Il risultato altrimenti è solo  un accidioso qualunquismo

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