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Perché Piantedosi ha mentito in Senato sul caso Mare Jonio, attaccata da una motovedetta libica

Il ministro Piantedosi ha mentito durante l’interrogazione parlamentare in Senato sull’episodio che ha coinvolto la nave ong Mare Jonio, attaccata da una motovedetta libica.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha risposto ieri pomeriggio in Senato all'interrogazione urgente presentata dal senatore Antonio Nicita in merito all'attacco armato da parte della motovedetta libica 658 Fezzan, avvenuto lo scorso 4 aprile in acque internazionali, contro naufraghi in acqua e i soccorritori della nave italiana Mare Jonio dell'ong Mediterranea saving humans, ha ha poi subito un fermo e una sanzione amministrativa. Ma nel fornire la sua versione il ministro non ha riportato correttamente i fatti.

Il titolare del Viminale ha dichiarato che un gommone della nave Mare Jonio lo scorso 4 aprile in acque internazionali "si era avvicinato alla motovedetta libica Fezzan in un momento successivo a quello in cui quest'ultima aveva già assolto agli obblighi di salvataggio in mare. Nell'occasione, le persone presenti sul gommone incitavano i migranti a lanciarsi in mare per interrompere le operazioni di salvataggio in atto da parte dell'unità libica con ciò mettendo a repentaglio l'incolumità delle persone stesse, tanto che diversi migranti si sono gettati in acqua per poi essere nuovamente soccorsi, in parte dalla motovedetta libica e in parte dal predetto gommone che li ha poi trasbordati sulla Mare Jonio. È in questa fase che risulterebbe che siano stati esplosi effettivamente alcuni colpi di avvertimento in aria affinché le predette imbarcazioni private si allontanassero, così da poter riprendere le operazioni di salvataggio", ha detto rispondendo al question time al Senato.

"È pertanto evidente – ha detto ancora Piantedosi – che la nave privata Mare Jonio non sia mai stata incaricata dalle autorità competenti ad effettuare operazioni di soccorso in argomento all'interno della zona Sar ove si sono svolti i fatti. Della vicenda è stata immediatamente informata l'autorità giudiziaria. La condotta appena descritta ha determinato l'applicazione delle sanzioni previste dal decreto legge 1 del 2023 e il conseguenziale fermo della Mare Jonio".

"Siamo – ha aggiunto il ministro – nell'ambito di un quadro normativo volto a disciplinare proprio quegli interventi di soccorso ai quali concorrono talvolta assetti navali privati, spesso in acque sar non italiane, e che, pertanto, devono essere sottoposti al coordinamento degli Stati che ne hanno la responsabilità, nel pieno rispetto delle convenzioni internazionali e con la finalità di salvaguardare l'incolumità e la vita delle persone".

"Su un piano più generale – ha ribadito – obiettivo del Governo sarà quello di contrastare ogni indebito, illecito o insostenibile ingresso sul territorio nazionale di persone, al di fuori di un quadro di regole. In questo senso si indirizzano le politiche del Governo volte ad implementare i corridoi umanitari, i canali legali di ingresso ed i percorsi socio-lavorativi".

Piantedosi ha mentito sugli spari della motovedetta libica contro l'Ong

"Rispondendo in Senato all'interrogazione urgente in merito all'attacco armato" del 4 aprile da parte di una motovedetta libica e avvenuto in acque internazionali "contro naufraghi in acqua e i soccorritori della nave italiana Mare Jonio, il ministro Matteo Piantedosi ha mentito al Parlamento", ha scritto in una nota Mediterranea Saving Humans.

"Il titolare dell'Interno ha infatti affermato che la nostra Mare Jonio – si legge ancora nella nota – sia intervenuta in un momento successivo, avvicinandosi alla motovedetta Fezzan quando questa aveva già assolto gli obblighi di salvataggio in mare: è clamorosamente falso", ha sottolineato l'Ong, che ricostruito la vicenda.

La ong ha spiegato infatti che "nuove immagini video dimostrano che Mare Jonio individua l'imbarcazione in pericolo con oltre 45 naufraghi a bordo alle ore 16:40 del 4 aprile e il nostro Team Rescue inizia le operazioni di soccorso quando sulla scena non c'è nessun'altra imbarcazione presente. Anzi, proprio durante il nostro intervento, si può ascoltare la motovedetta libica che, distante ancora alcune miglia, chiede via radio vhf alla Mare Jonio informazioni sulla barca in pericolo – prosegue la nota -. La cosiddetta guardia costiera libica arriverà infatti, a grande velocità, soltanto venti minuti dopo l'inizio del soccorso, alle ore 17. quando il nostro Team ha già distribuito i giubbotti di salvataggio ai naufraghi e si sta apprestando a trasferire le prime persone sulla Jonio".

Per Mediterranea Saving Humans "Piantedosi ha quindi mentito al Parlamento. E lo ha fatto sapendo di mentire. Infatti, al momento dello sbarco delle 56 persone soccorse, nel porto di Pozzallo lo scorso 5 aprile, i nostri Comandante e Capomissione non solo hanno reso spontanee dichiarazioni all'Autorità marittima ricostruendo puntualmente i fatti avvenuti, ma hanno anche consegnato documentazione fotografica e video sia alla Guardia Costiera italiana sia alle forze di Polizia direttamente dipendenti dal Viminale presenti al molo".

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