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Opinioni

Perché non si risolve il problema dei suicidi in carcere inventandosi nuovi reati

Quando un detenuto s’ammazza, qualcuno dal bar fa spalluccia. Altri, in piazza, annuiscono. C’è pure la schiera dei contenti, quelli del “uno di meno”. Perché ci sono tanti modi per fare orrore, ma il disinteresse è quello più mastodontico.
A cura di Saverio Tommasi
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Record suicidi in carcere: sono già 61 le persone che quest'anno si sono tolte la vita.
Record suicidi in carcere: sono già 61 le persone che quest'anno si sono tolte la vita.

Se i suicidi in carcere fossero un'Olimpiade, saremmo medaglia d'oro con una capacità di creare nuovi record ogni 48 ore. Siamo arrivati a 61 suicidi dall'inizio del 2024, siamo fortissimi. Siamo pronti a sfidare anche gli Stati a democrazia illiberale, sotto a chi tocca, Cina stiamo arrivando! Ungheria, ormai siamo in corsia di sorpasso!

Eppure i suicidi in carcere non sono uno sport, sono un dramma, e noi abbiamo scelto l'abitudine come soluzione.

I suicidi in carcere non sono uno sport, infatti non occorre allenarsi per far avanzare il record, è sufficiente lasciare che le vite degli altri scivolino via. Per incrementare il record ogni giorno è sufficiente stare fermi, per questo i suicidi in carcere non sono una disciplina sportiva, ma neanche un gioco. Perché gli ultimi non vincono mai, e in carcere si ammazzano addirittura.

Ieri il decreto Nordio ha avuto la fiducia della Camera, dopo che lo scorso giovedì l'aveva ottenuta al Senato: ora è legge. Assunzione di mille agenti, una telefonata in più a casa, al mese, per le persone detenute; e qualche altra briciola, come le sementi ai piccioni in piazza, gettate lontane sui sanpietrini per levarsi il fastidio dello svolazzamento intorno.

Le opposizioni hanno protestato per "l'introduzione di 20 nuovi reati", per "la foga punitiva" e "questa visione per cui tutti i problemi sociali vanno affrontati con nuovi reati e vanno puniti sbattendo le persone dietro le sbarre e buttando la chiave", ha dichiarato Elly Schlein.

I reati introdotti dal Governo sono in alcuni casi nuovi, e in altri prevedono un aggravio di pena per reati già esistenti o azioni già normate. È il caso della "maternità surrogata in Italia", già prima non era consentita. Qualche giorno fa – dopo un passaggio alla Camera nel luglio 2023 – ha ricevuto il semaforo verde della commissione Giustizia del Senato per rendere la "gestazione per altri" reato universale. La legge italiana si applicherebbe dunque anche se vi si ricorresse all’estero. Alcuni giuristi hanno già evidenziato probabili caratteristiche di incostituzionalità, e dunque ricorsi e tribunali, e forse carceri, ancora più ingolfati.

Altri reati, nella legge Nordio, sono specificati meglio ma non si tratta di azioni prima consentite. Ad esempio è stato introdotto un reato specifico "per chi abbatte, cattura o detiene orsi bruni marsicani". Non è che prima fosse possibile farlo. Oppure "l'omicidio nautico". O ancora "l'occupazione arbitraria di immobile", come se prima fosse consentito. In generale hanno aumentato le pene per chi cerca un modo per rendere visibile la propria protesta, le proprie necessità. Da una sanzione amministrativa si è passati alla richiesta di detenzione. Ad esempio ora è reato il "blocco stradale o ferroviario", oppure se in un qualsiasi carcere italiano scattasse una protesta per le condizioni invivibili e l'alto numero dei suicidi, anche in questo caso hanno previsto un reato specifico: "Rivolta in istituto penitenziario".

Aspettare che la bufera s'ingrossi e sia qualcun altro a gestirla, è così che i record per i suicidi in carcere, in Italia, aumentano ogni due giorni. Dal bar, fanno spalluccia. Qualuno in piazza annuisce. C'è pure la schiera dei contenti, quelli del "uno di meno".
Non ci sono vesti strappate, quando si suicida una persona in carcere, al massimo un decreto per tappare due o tre buchi, mentre restano le vite delle persone intrappolate in falle ancora più grandi.

È una strategia semplice: non guardare mai il problema, e quando il problema ti guarda voltare lo sguardo, parlare d'altro: gli ufo, gli immigrati, le Olimpiadi o i centri sociali, un argomento al giorno, a caso, tutti i giorni. Mai il carcere in prima pagina, però. Al massimo il Governo lo affronta d'agosto, e infatti è così anche quest'anno.

È la regola del buon demotivatore, l'attendista dei suicidi, quello che con il pallottoliere incrementa palline ogni 48 ore, come se fossero davvero soltanto palline colorate di legno con un buco nel mezzo. Invece sono corpi di carne, con mani, piedi, collo, cervello e stomaco. A proposito: ci vuole tanto stomaco, e parecchio pelo sopra, per mettere il carcere sempre nel retrobottega dei pensieri.

Quando si riempiono le carceri, non è una vittoria per nessuno. Quando si supera la capienza massima, quando pensando a una soluzione si pensa alla chiave di una cella che viene gettata per non pensarci più, è l'intera società ad aver fallito; ed è chi è detenuto a pagare il prezzo più alto della scelta del vizio della distrazione. Ma ne paga il prezzo anche chi in carcere ci lavora: quest'anno i suicidi sono sei. I dati dicono che dal 2011 al 2022 si sono tolti la vita 78 agenti della polizia penitenziaria. Se contiamo dal 2000 siamo molto sopra quota 100 persone, soltanto fra le persone lavoratrici all'interno del carcere.

Secondo il rapporto Antigone, fra le persone detenute nel 2023 esiste un rapporto di 12 suicidi ogni 10.000 persone. Fra le persone libere il dato è di 1,2 per 10.000. In Europa, fra le persone detenute, il tasso è di 7,4 suicidi ogni 10.000 persone, secondo Ristretti.it che cita l'Annual Penal Statistics – Space I del Consiglio d'Europa. Capite l'enormità della falla, soprattutto nel sistema detentivo italiano?

Il dato italiano di suicidio in carcere è simile a quello che si registrava negli Stati Uniti fino a trent'anni fa. Poi dal 1988 il Governo negli Stati Uniti istituì una formazione obbligatoria specifica del personale penitenziario, volta a prevenire i suicidi. In questo modo furono ridotti del 70%, per poi stabilizzarsi a circa 1/3 di quelli italiani. E noi? Noi siamo qui, ad agosto, con il pallottoliere in mano, a tenere i conti di chi non ce la fa più a passare venti ore al giorno in una cella calda, qualche volta caldissima e sovraffollata. Almeno mangiassero bene, invece neanche quello. Però possono intraprendere percorsi riabilitativi? Neanche. Eppure le statistiche del Cnel del 2023, mostrano una recidiva quasi azzerata per i detenuti a cui è permesso imparare un lavoro. Su 18.654 detenuti che hanno avuto la possibilità di un inserimento professionale, il numero di coloro che sono tornati a commettere un reato è del 2%, contro una media che sfiora altrimenti il 70%.

Non sempre il lavoro nobilita l'uomo, con discreta pace di Charles Darwin, ma certamente qualche volta può salvarlo.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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