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Elezioni politiche 2022

Perché non esiste nessuna possibilità che Mario Draghi sia il prossimo Presidente del Consiglio

Carlo Calenda dice che con il 10% al Terzo Polo, Mario Draghi tornerà a Palazzo Chigi. Peccato che ci siano almeno tre motivi che rendono questa ipotesi estremamente improbabile.
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Salvatevi questo articolo, perché potrebbe invecchiare malissimo e tornarvi utile per sbeffeggiare chi l’ha scritto. Detto questo, siamo abbastanza convinti che non accadrà. Che quel 60% di italiani che, stando ai sondaggi, ancora spera di rivedere Mario Draghi a Palazzo Chigi possa riporre serenamente le proprie speranze in uno scatolone. Compresi quei leader politici come Carlo Calenda che sulla speranza del ritorno di Super Mario a presiedere il consiglio dei ministri sta fondando la campagna elettorale del suo terzo polo.

Dice Calenda che questo accadrà se Azione e Italia Viva, assieme, raggiungeranno il 10%. Percentuale raggiungibile, intendiamoci, soprattutto perché oggi queste due forze sono date solo tre, quattro punti sotto a questa soglia. E che c’è il precedente incoraggiante di Scelta Civica – di cui peraltro Calenda faceva parte – che nel 2013, trainata dalla popolarità un po’ più sbiadita di un Mario (Monti) un po’ meno Super, arrivò a raggiungere il 10,5%.

Il ragionamento di Calenda è abbastanza facile da comprendere: il Terzo Polo sta costruendo la sua campagna attaccando ogni giorno che passa il Partito Democratico e il centro sinistra, con la nemmeno troppo malcelata speranza di attrarre il consenso di quegli elettori di centro destra  – segnatamente di Forza Italia – spaventati dalla prospettiva di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi ma che non voterebbero mai i dem. Pensa, Calenda, che questo travaso di voti dalla coalizione di destra al Terzo Polo potrebbe cambiare l’esito di molte sfide uninominali, quelli su cui la destra sta consolidando il suo attuale, siderale, vantaggio, rendendo più incerto l’esito del voto, o perlomeno più esigua la maggioranza parlamentare di Meloni & co.

Primo problema: non è vero che Calenda al 10% cambierebbe l’esito delle sfide all’uninominale. È una questione di numeri. Se anche ipotizziamo un travaso di consensi di 3 punti percentuali dalla destra al Terzo Polo – con un rapporto percentuale che passerebbe da 47/7 a 44/10 – la distanza per il centrosinistra, che oggi nelle migliori delle ipotesi vale il 30% sarebbe ancora incolmabile quasi ovunque. Diverso sarebbe, ovviamente, se il centrosinistra fosse alleato con il Movimento Cinque Stelle, che oggi è stimato attorno all’11% e la cui presenza all’interno dell’alleanza progressista potrebbe rendere contendibili molti collegi. Oltre a prendere il 10%, insomma, Calenda dovrebbe pure inventare la macchina del tempo.

Secondo problema: anche nel remoto scenario di un esito incerto, è molto difficile che Mario Draghi voglia tornare a Palazzo Chigi alla guida delle medesima maggioranza da cui è stato defenestrato solo pochi mesi, con l’aggiunta dell’unico partito, Fratelli d’Italia, che non ha mai sostenuto il suo governo, nonché prima forza politica all’interno del nuovo parlamento. A meno che Mario Draghi non impazzisca completamente nel giro delle prossime settimane, ovviamente.

Terzo e ultimo problema: anche nel remoto scenario di un ribaltamento di ogni tendenza elettorale e di un impazzimento improvviso dell’ex presidente della Banca Centrale Europea, è estremamente difficile che la destra avalli la nomina di un Presidente del Consiglio ingombrante come Draghi. Anche solo perché dopo due anni di commissariamento è fisiologico che i leader di partito, soprattutto quelli che prenderanno più voti, vogliano tornare a toccare palla. Nel 2018, ad esempio, l’accordo tra Lega e Cinque Stelle fu suggellato dalla nomina di Giuseppe Conte, che molti, ironicamente, definirono come il primo Presidente del Consiglio scelto aprendo a caso l’elenco telefonico. Una scelta, questa, che perlomeno nelle intenzioni di Di Maio e Salvini, doveva lasciare loro il centro della scena.

Tutto può accadere, insomma, ma la prospettiva che Mario Draghi possa tornare a essere Presidente del Consiglio, anche di fronte a uno scenario di crisi economica, appare una promessa molto difficile da realizzare. Ma in questa campagna elettorale in cui vale tutto – dalla flat tax al 23% all’abolizione della Legge Fornero col debito pubblico al 150% e la prospettiva di una recessione alle porte – possiamo pure far finta di credere che Calenda e Renzi ci credano davvero.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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