Come già accaduto nel 2008 e poi nel 2013, anche questa volta non ci saranno confronti televisivi fra i candidati “premier” delle liste e delle coalizioni che si presenteranno alle elezioni politiche. Non ci saranno né confronti “collettivi”, né testa a testa: l’ultimo duello vero e proprio fu quello raffigurato in foto, fra Silvio Berlusconi e Romano Prodi, a pochi giorni delle elezioni politiche del 2006, che furono poi vinte di una incollatura dalla coalizione guidata dal “professore”. In quell’occasione, sfruttando le tempistiche del secondo confronto, Berlusconi sciorinò un colpo (basso) da maestro, annunciando a sorpresa la volontà di abolire l’ICI e sorprendendo un esterrefatto Prodi.
Da allora, nessun confronto tra i “candidati premier” dei principali schieramenti e, quest’anno, neanche faccia a faccia tra i leader delle coalizioni. L’unica eccezione, o meglio, l'unico confronto di un certo livello, è rappresentata dal duello televisivo fra Laura Boldrini e Matteo Salvini a OttoeMezzo, su La7.
Le ragioni dell’assenza di confronti televisivi, pratica normale in altre nazioni, sono molteplici e rimandano anche ai rapporti non sempre lineari fra politica e media. Nel 2013, ad esempio, Berlusconi, Monti e Bersani furono protagonisti di un lunghissimo tira e molla, che coinvolse prima la Rai poi Sky e si risolse in un nulla di fatto, con tanto di accuse reciproche e rimpalli di responsabilità.
Questa volta la “giustificazione ufficiale” la fornisce la stessa legge elettorale: il Rosatellum bis, infatti, non prevede l’indicazione del capo della coalizione o della lista, dunque non vi è alcuna legittimazione formale all’investitura di un esponente come “candidato premier”. Ciò si somma alla ovvia constatazione del funzionamento della macchina istituzionale italiana, che non prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Come noto, infatti, è il presidente della Repubblica a conferire l’incarico di formare il governo: una scelta che compie in perfetta autonomia, dopo le sue consultazioni e teoricamente anche a prescindere dal risultato elettorale.
Ovvio che in linea teorica, pur senza sconfessare la prassi istituzionale e i dettami della Costituzione, sarebbe possibile un confronto televisivo fra i “candidati” delle singole coalizioni o liste. Ma nel caso delle politiche del 4 marzo non è semplice neanche individuarli. Il MoVimento 5 Stelle si è mosso d'anticipo, lasciando che fossero gli iscritti al blog a scegliere il candidato: a ricevere l'investitura, senza neanche impegnarsi più di tanto, è stato Luigi Di Maio, che dunque sarebbe titolato a presenziare a un eventuale confronto televisivo. Liberi e Uguali ha invece indicato Pietro Grasso, che ha fatto la campagna elettorale da leader della nuova formazione politica nata dall'incontro di Sel, Si, Mdp e Possibile. Già col Partito Democratico, però, le cose si complicano: Renzi è il segretario e, da statuto, "candidato a Palazzo Chigi", ma è indubbio che la figura di Paolo Gentiloni, Presidente del Consiglio uscente e nome spendibile per un esecutivo di larghe intese, non possa essere messa agevolmente in secondo piano. Il centrodestra è un caos totale: Salvini e Meloni rivendicano la leadership, Berlusconi non è eleggibile né può ricoprire cariche pubbliche; il leader leghista e quello forzista si sono inventati una sorta di ballottaggio interno, ma il Cavaliere non ha ancora fatto il nome del suo cavallo, lasciando Tajani a galleggiare fra investitura e bocciatura. E, vista la legge a impianto proporzionale, che fare di + Europa, Noi con l'Italia, Insieme, eccetera? Va leggermente meglio coi "piccoli", con Potere al Popolo, CasaPound e gli altri che potrebbero agevolmente indicare un leader, ma come garantire loro il diritto di tribuna senza fare un confronto a 20?
La par condicio, in realtà, non sarebbe un ostacolo e AgCom aveva anche ipotizzato che potessero esserci dei confronti elettorali, specificando:
Qualora le emittenti nazionali private intendano trasmettere trasmissioni dedicate al confronto tra i capi delle forze politiche devono assicurare una effettiva parità di trattamento tra tutti i predetti esponenti. Il principio delle pari opportunità tra gli aventi diritto può essere realizzato, oltre che nell’ambito della medesima trasmissione, anche nell’ambito di un ciclo di più trasmissioni, purché ciascuna di queste sia organizzata secondo le stesse modalità e abbia le stesse opportunità di ascolto.
Infine, ci sono ragioni "strategiche", che hanno fatto sì che quasi tutti i principali leader politici accettassero di buon grado l'idea dell'assenza di un confronto. Tra chi si sente in vantaggio e non vuole regalare agli avversari la possibilità di recuperare consensi, chi non è legittimato a prendere posizioni nette e chiare, chi non è abituato a confronti di un certo tipo, chi non può esprimersi su casi controversi, chi non si fida dei giornalisti: insomma, sono davvero in pochi i leader che hanno spinto per un confronto che turbasse la campagna elettorale considerata meno stimolante degli ultimi 20 anni…