Perché Meloni e Macron stanno litigando sull’invio di soldati europei in Ucraina
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La situazione in Ucraina fa discutere l'Europa. Ieri nel corso del vertice a distanza tra i leader europei, Giorgia Meloni non ha nascosto i suoi fastidi nei confronti di Emmanuel Macron che negli scorsi giorni si è recato negli Stati Uniti per un faccia a faccia con Donald Trump.
Al centro della discussione ci sono le trattative per un possibile cessate il fuoco in Ucraina e l'eventuale invio di truppe Ue per gestire le operazioni di peacekeeping. Temi su cui i leader non potrebbero essere più divisi. Da una parte c'è la Francia che con l'appoggio del Regno Unito approva l'idea di un contingente europeo al confine russo-ucraino. Dall'altra c'è l'Italia che ribadisce il suo no al piano ipotizzato da Macron e Starmer.
Secondo il retroscena del Corriere della Sera Meloni non avrebbe gradito la decisione del presidente francese di recarsi a Washington senza prima essersi consultato con gli altri membri del Consiglio Ue. Macron avrebbe assicurato di aver parlato esclusivamente a nome della Francia, ma la premier avrebbe sottolineato che certe iniziative vanno "condivise preventivamente con tutti gli stati Ue".
Secondo Meloni l'invio di soldati europei in Ucraina sarebbe poco efficace al momento, mentre l'ideale sarebbe allargare la rete di protezione della Nato a Kiev, indipendentemente dal suo ingresso formale nell'Alleanza. Il no dell'Italia all'invio delle truppe europee è stato rafforzato anche dalle dichiarazioni di Matteo Salvini ieri in conferenza stampa, e dalle parole del ministro della Difesa Guido Crosetto. "La Difesa, nei trattati europei, è competenza delle singole nazioni. Una “difesa europea” può esistere solo come somma delle difese nazionali. Con modalità simili a quelle Nato", ha ricordato. "I contingenti non si inviano come si invia un fax e per poter fare un comunicato stampa. Soprattutto quelli delle altre nazioni. Se si parla a nome dell’Europa bisognerebbe avere la creanza di confrontarsi con le altre nazioni e ciò non è accaduto per gli aspetti militari della questione. Che mi risulta essere principalmente militare", ha aggiunto.
Sul piano elaborato da Starmer e Macron, che prevede il dispiego di 30mila soldati europei assieme all'appoggio degli Usa, il ministro è lapidario. "Commentare una cosa di cui nessuno sa nulla se non due Presidenti stranieri e che, per quando riguarda l’Italia, come ogni impegno internazionale, dovrebbe avere dei passaggi parlamentari, molteplici e complessi, per autorizzare e finanziare, non mi sembra un modo utile su cui impegnare il dibattito politico interno. Passaggi parlamentari che peraltro sarebbero successivi ad aver verificato con scrupolo ed attenzione tuti gli aspetti tecnico-logistici-operativi-capacitivi e le conseguenti necessità di risorse finanziarie", ha scritto. Crosetto si oppone alle "dichiarazioni fatte solo per riempire le agenzie di persone che vogliono spiegarmi che si può fare tutto e subito" perché "purtroppo, anche volendolo, non si può fare. Perché ci sono una Costituzione e un sistema legislativo che non consentono vie alternative e più veloci", ha spiegato.
Per il momento dunque, l'ipotesi di un contingente europeo a Kiev resta possibile per il governo italiano solo sotto l'ombrello Onu e dunque, con il benestare degli Stati Uniti e non solo. In tal caso però, l'Italia potrebbe trovarsi a dover inviare subito circa 3500 soldati. Dall'altra parte, Francia e Regno Unito sembrano voler tirare dritto. Domenica prossima è previsto un bilaterale a Londra, dove Meloni avrà modo di confrontarsi con Starmer e chiarire la posizione del governo italiano.