Non è certo la prima volta che si parla di Matteo Salvini per il mancato rispetto delle indicazioni in materia di contenimento del contagio da Covid-19, il problema è che forse sarebbe il caso di cambiare chiave di lettura. Fino a ora, infatti, abbiamo inserito nel campo "gaffe, scivoloni, provocazioni" il Salvini senza mascherina, il Salvini che scatta selfie in barba al distanziamento sociale, il Salvini che determina assembramenti di cittadini o di giornalisti, il Salvini che parla di plexiglas e di bambini senza mascherina. La sensazione è che ci sia dell'altro, se non una vera e propria strategia almeno un posizionamento tattico, che va incontro a sensibilità e sentimenti di una parte consistente del suo elettorato.
Gli ultimi due indizi fanno più di una prova. Prima la foto postata sui suoi profili social, che lo ritrae in treno senza mascherina e seduto su un sedile non utilizzabile, dunque in violazione delle regole di viaggio di Trenitalia e delle indicazioni minime di rispetto delle norme sul distanziamento sociale. Un "errore" troppo marchiano per far pensare alla gaffe, al caso o ad altre giustificazioni del tipo "ah, ma non c'era nessun altro nella carrozza": non sfuggirà ai più, infatti, che l'utilizzo dei social da parte di Salvini non è mai casuale, ma risponde a una precisa regia, spesso attenta a dettagli di questo tipo (banalmente, bastava alzare la mascherina e fare la foto nell'altro verso, ovvero spostandosi nel sedile di fronte). Poi Codogno, il Comune che in qualche modo resterà legato alla prima fase dell'emergenza, in cui Salvini decide di tenere un comizio (che determina assembramenti, persone senza mascherine, eccetera) per attaccare Azzolina sull'utilizzo delle mascherine nelle scuole, per dire che "gli italiani hanno dimostrato buonsenso ma voglia di vivere", per restituire l'urgenza della "ripartenza", tanto più in un territorio colpito così duramente come quello lombardo.
Siamo evidentemente nel pieno del processo di riposizionamento dell'ex ministro dell'Interno, che dopo essere andato completamente nel pallone nei mesi scorsi (perdendo terreno anche nei sondaggi) ha reimpostato la propria comunicazione in modo più aggressivo, probabilmente per cercare di intercettare un sentimento che è sempre più diffuso: quello della stanchezza e dell'insofferenza. Salvini non ha mai scelto compiutamente la strada della responsabilità e dell'unità d'intenti, neanche nel momento più duro della crisi: un errore anche strategico, che ha lasciato campo libero alla figura del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che è apparso come il principale punto di riferimento degli italiani, i quali gli hanno perdonato errori e forzature soprattutto in virtù di cosa rappresentava in quel momento, lo spirito di comunità di una nazione colpita in modo violento e ingiusto da una piaga terribile. Le incertezze della fase due, i ritardi amministrativi e i primi segni tangibili della crisi economica, oltre che il clima di confusione che regna in ambito scientifico (con l'enorme incognita della seconda ondata e il paradossale regolamento di conti a mezzo stampa fra clinici, statistici e virologi), hanno aperto un varco nel quale i leghisti (e in parte Fdi) si sono gettati a capofitto.
La linea dell'ottimismo e della fiducia nel futuro scelta da Conte ha premiato in una fase in cui non erano ancora evidenti i segni dello sconvolgimento in atto, in cui il futuro non sembrava una minaccia ma una speranza, in cui era necessario riscoprirsi comunità e fare dei piccoli sacrifici in nome di un bene più grande. Il tempo sta però logorando le buone intenzioni e sempre più italiani si mostrano a un tempo impazienti e incazzati, e cominciano a percepire come ingiuste, vessatorie ed eccessive le norme per il contenimento di una minaccia che faticano a riconoscere, forse perché assuefatti da un bombardamento costante e continuo di notizie e informazioni. C'è una parte sempre più ampia di persone su cui non ha più presa neanche l'annuncio del disastro imminente, che "non provoca alcun cambiamento visibile del modo di comportarsi o pensare; anche se veniamo informati, non crediamo a ciò che ci dicono e la mente respinge l'idea semplicemente dicendo a se stessa che non è possibile". Attenzione, non parliamo soltanto di tutta quell'area grigia di complottisti, no vax, ecc. (cui pure Salvini strizza l'occhio), ma di un sentimento latente e di diverso spessore: l'insofferenza e la stanchezza rispetto ai continui stimoli negativi, alla paura latente che sembra permeare ogni aspetto della nostra vita sociale.
È il vecchio canovaccio che tanta fortuna ha portato a Salvini negli anni passati: tarare la propria comunicazione sulle paure, sulle angosce e sulle difficoltà dei cittadini, utilizzando una concezione tutta personale del "buonsenso" e indicando di volta in volta un nemico su cui scaricare tensioni e rabbia. E pazienza se ciò aumenta il rischio di comportamenti irresponsabili e pericolosi, picconando non la fiducia verso un politico, ma verso l'intero sistema istituzionale e sanitario italiano…