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Perché l’Italia è agli ultimi posti nell’Ocse per numero di figli e qual è la soluzione

Il tasso di fecondità, cioè il numero di figli per donna, nel 2023 è sceso ad appena 1,2 in Italia. È tra i dati più bassi nei Paesi Ocse. Proprio l’Ocse, nel suo rapporto sul tema, ha segnalato alcune scelte politiche che possono aiutare a rispondere al problema: bisogna pensare a come gestire un “futuro a bassa fecondità”.
A cura di Luca Pons
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Immagine di repertorio
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Da tempo i Paesi dell'Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, stanno attraversando un lento declino del tasso di fecondità, cioè del numero di figli nati per donna. Anche quest'anno, nell'ultimo rapporto sul tema, agli ultimi posti della classifica c'è l'Italia: circa 1,2 figli per ogni donna nel 2022, alla pari con al Spagna e davanti solo alla Corea del Sud, con 0,7 bambini. La media Ocse è di 1,5, ma il livello necessario per non portare a un calo della popolazione sarebbe 2,1. L'unico Paese dell'Ocse a superarlo è Israele, con 2,9. I dati che dimostrano la difficoltà dell'Italia sono diversi, e l'Organizzazione ha dato anche alcuni spunti su come si possa intervenire: non basteranno le politiche per la famiglia e l'abitazione, bisogna programmare per un futuro in cui la fecondità resterà bassa.

La situazione dell'Italia e degli altri Paesi

Il rapporto sottolinea anche che negli anni è aumentata l'età media delle donne che hanno il loro primo figlio. Era di 26,5 anni nel 2000, ed è salita a 29,5 anni nel 2022. In Italia è ancora più alta, a circa 32 anni. Un dato in particolare riguarda la proporzione di donne che non hanno figli: questa è cresciuta molto e in diversi Paesi nel giro di qualche decennio è più che raddoppiata. Uno di questi Paesi è proprio l'Italia. Tra le donne nate nel 1955, poco più del 10% non aveva figli. Considerando invece quelle nate nel 1978, si va al 23%. Anche in questo caso tra i gli Stati Ocse sono in pochi a superarci: solo la Spagna con il 24% e il Giappone con il 28%.

Per quanto riguarda il numero di figli per famiglia, ancora una volta l'Italia si distingue: tra i bambini nati nel 2022, meno del 15% erano terzi figli (o più), una percentuale più alta solo di Spagna, Portogallo, Lussemburgo e Corea (con l'8%). Per fare un paragone, nel 1980 in Italia circa il 20% dei nati erano terzi figli o oltre. Con il calo delle nascite, poi, arriva anche una diminuzione della popolazione. "La crescita demografica nell'Ocse dovrebbe essere limitata in futuro", si legge nel rapporto, ma diversi Paesi "hanno già fatto registrare un importante calo della popolazione negli ultimi anni". Tra questi, naturalmente, l'Italia.

Sono diversi gli elementi che possono contribuire a spiegare un calo delle nascite, e non sono né solo economici né solo culturali. I legami con l'andamento dell'economia e del mondo del lavoro, comunque, ci sono. Negli ultimi anni , anche dopo la ripresa post-Covid, l'incertezza legata all'altissima inflazione e alla guerra in Ucraina ha lasciato il segno. Un sondaggio riportato dal rapporto, ad esempio, ha rilevato che più di tre italiani su quattro pensano che i bambini nati oggi staranno peggio, a livello economico, dei loro genitori. L'Italia ha uno dei più bassi dati sull'occupazione giovanile nell'Ocse, ed è uno dei Paesi dove (soprattutto al Sud, secondo gli studi) una donna che lavora può ancora essere vista come non adatta a fare la madre.

La risposta non è solo aumentare il numero di figli

Dunque c'è la questione delle possibili soluzioni. Un tema sono le politiche abitative: gli alti prezzi delle abitazioni rendono più difficile per i giovani stabilire una vita in autonomia, e quindi anche fare figli."Vivere con i genitori può essere per alcuni l'unico modo di gestire una situazione in cui il prezzo delle case è alto e il lavoro è incerto", si legge nel rapporto. Paesi come Grecia, Italia, Portogallo e Spagna "una percentuale alta e crescente di giovani vive con i genitori, e questo corrisponde con un'alta età per la nascita del primo figlio e un basso tasso di fecondità". I governi "hanno una serie di opzioni" per rendere più accessibili le case in affitto e i mutui per l'acquisto, indica l'Ocse. Tra queste "il supporto all'edilizia sociale", sostegni per le persone con reddito più bassi, "sussidi e garanzie".

Le politiche sui congedi parentali e il supporto durante l'infanzia possono aiutare, anche se in molti Paesi dell'Ocse – anche quelli che ci investono con continuità, come Norvegia, Svezia e Francia – non sono sufficienti per risollevare il tasso di fecondità: anche questi Stati restano più o meno in linea con la media Ocse. Il "miglior approccio", secondo il rapporto, continua a essere quello di "promuovere più parità di genere e condizioni più giuste per il lavoro e l'educazione dei figli: "Questo significa fornire politiche per la famiglia che aiutano a conciliare lavoro e vita familiare, ma le politiche devono anche concentrarsi di più sui costi dei figli, specialmente quelli legati ala casa".

Tuttavia, "visti i cambiamenti nelle preferenze riguardo ai figli" da parte delle nuove generazioni, è "improbabile" che anche delle politiche simili permetteranno ai Paesi di tornare a quel tasso di fecondità al 2,1 che eviterebbe un calo della popolazione. Dunque, "sarebbe prudente" pensare a politiche che si possano adattare a un "futuro a bassa fecondità". Ad esempio, in tema di immigrazione, ma anche cercando di portare nella forza-lavoro più gruppi che oggi sono sotto-rappresentati, e cercare di migliorare la loro produttività, così che l'economia possa andare avanti anche con una forza-lavoro ridotta senza subire conseguenze negative.

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