Perché le Regioni parlano di “diritto della salute a rischio” e chiedono al governo Meloni di intervenire
Pochi giorni fa le Regioni hanno lanciato l'allarme sulle risorse mancanti nella sanità, inviando una lettera al governo e chiedendo un incontro urgente ai ministeri della Salute e dell’Economia, denunciando sostanzialmente che la tenuta del sistema e la "sostenibilità economico-finanziaria dei bilanci sanitari è fortemente compromessa dall’insufficiente livello di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale".
Abbiamo chiesto a Raffaele Donini, assessore alla sanità dell'Emilia-Romagna e coordinatore della commissione salute delle Regioni, che ha firmato la missiva indirizzata al ministro della Sanità Orazio Schillaci e al titolare del Mef Giancarlo Giorgetti, se ci sono sviluppi sulla vicenda e se si è già aperto un canale con l'esecutivo Meloni.
Avete scritto nella lettera al governo che la sanità è al collasso, avete ricevuto risposte?
Siamo in attesa della convocazione, e siamo fiduciosi che possa avvenire in tempi rapidi. In attesa dell’incontro, ci rassicura nel frattempo l’orientamento del ministro Schillaci nel corso dell’audizione del 17 gennaio alla XII Commissione alla Camera dei deputati, in cui ha rinnovato il suo impegno ad assicurare le necessarie risorse al sistema sanitario.
Cosa può causare questo mix, tra risorse insufficienti, mancato finanziamento di una parte delle spese sostenute per l'attuazione delle misure anti Covid, inflazione e aumento dei consumi energetici?
La posta in gioco è altissima. Parliamo di un diritto, quello alla salute, che è tutelato dalla Costituzione, ma che è a rischio. Ai cittadini dobbiamo assicurare un’operazione-verità: è a rischio la tenuta dell’intero sistema sanitario nazionale, un patrimonio che dobbiamo invece difendere ad ogni costo. Le regioni negli ultimi tre anni sono riuscite a chiudere i bilanci in modo rocambolesco, ma è una situazione non più sostenibile. Il governo deve farsi carico di queste spese, che non possono assolutamente gravare sui bilanci ordinari delle regioni. Le faccio un esempio che riguarda l’Emilia-Romagna: negli ultimi 3 anni abbiamo speso 1 miliardo di euro del nostro bilancio per far fronte alle spese Covid non rimborsate o spese energetiche triplicate, di cui 400 di spese Covid non rimborsate solo nel 2022, anno in cui dobbiamo anche sommare ulteriori 250 milioni di aumento di spesa per le utenze. Il governo, per ora, sul 2022 ci ha rimborsato 121 milioni.
In questo quadro come si colloca il progetto di autonomia differenziata? Non si rischia di aumentare le
differenze tra Nord e Sud sui livelli essenziali proprio sulla sanità?
Non sosterremo mai un progetto di autonomia differenziata che spacchi il Paese o che penalizzi il Sud. Da questo punto di vista è importante che la sanità continui ad essere garantita dallo Stato, anche se la gestione e la programmazione deve rimanere regionale. È importante, per assicurare una sanità moderna ed efficace senza differenze, che ci sia una precisa definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e delle risorse necessarie, da garantire allo stesso modo ovunque nel Paese.
Vi preoccupa l’accelerazione del ministro Calderoli, che ha trasmesso al Consiglio dei Ministri il disegno di legge in materia di autonomia differenziata?
Non possiamo permetterci forzature, per una riforma di questa portata serve la condivisione nel Paese.
Al question time di ieri il ministro della Salute Schillaci ha detto di voler intervenire sul fenomeno dei medici a gettone selezionati dalle cooperative. Quanto è esteso questo fenomeno nella sanità regionale? (Secondo il Corriere solo nel 2022, nelle principali Regioni del Nord Italia, Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna, i turni appaltati a medici a gettone hanno superato i 100 mila).
I numeri sono importanti e dicono che l’Emilia-Romagna ha un utilizzo assolutamente marginale dei cosiddetti gettonisti. Dei 101.961 turni appaltati nelle quattro regioni citate dal Corriere, quelli che riguardano l’Emilia-Romagna sono 343, lo 0,3%. È chiaro che per noi si tratta di una modalità non solo del tutto irrisoria, ma anche temporanea. Però siamo d’accordo nel loro superamento.
Schillaci ha annunciato un gruppo di lavoro per affrontare il nodo della carenza di organico, e misure per lo sblocco del turnover. Vi ha soddisfatto la risposta?
Va nella direzione delle richieste della lettera con cui richiediamo l’incontro, quindi lo considero un segnale di buon auspicio. Occorre coraggio, flessibilità, capacità di iniziativa. Insieme Stato e Regioni possono governare la transizione.
Per quanto riguarda la carenza di farmaci state riscontrando una corsa all’accaparramento nelle farmacie sul territorio?
No, al momento non ci sono particolari criticità, ma i nostri servizi monitorano in tempo reale l’eventuale carenza nella rete delle farmacie.
Nei pronto soccorso si moltiplicano i casi di aggressione. Le piace l’idea di un maggiore dispiegamento delle forze dell’ordine negli ospedali, lanciata dal ministro Piantedosi?
È un’iniziativa che ci convince e che sosteniamo. Occorre garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro ospedalieri, in particolare nei dipartimenti di emergenza-urgenza, che oggi vivono una crisi nella crisi: parliamo di personale sanitario che ha compiti molto gravosi, che lavorano in contesti in cui gli accessi sono tornati a livelli pre-Covid, ma in cui il numero di professionisti, nel frattempo, si è ridotto di circa un terzo, con la prospettiva di riduzione di un ulteriore terzo nei prossimi anni. Lavorano quindi in ambienti davvero complessi, e vanno tutelati con grande determinazione.