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Perché le Ong che difendono i diritti dei migranti hanno criticato il nuovo Patto sull’asilo dell’Ue

Abbiamo parlato con Silvia Carta, advocacy officer di Picum, una rete di organizzazioni che si occupano di tutelare i diritti dei migranti, del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo approvato dal Parlamento europeo. E sono emerse tutte le preoccupazioni per le conseguenze che le nuove regole avranno su prova ad arrivare in Europa.
A cura di Annalisa Girardi
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Il Parlamento europeo ha dato il via libera al nuovoPatto sulla migrazione e l'asiloPatto sulla migrazione e l'asilo, che tra le altre cose prevede procedure accelerate alla frontiera, screening obbligatori per chi entra irregolarmente, e la possibilità per gli Stati membri di decidere se accogliere i richiedenti asilo o stanziare contributi finanziari. Un pacchetto che diverse Ong che si occupano dei diritti delle persone migranti hanno fortemente criticato. Ne abbiamo parlato con Silvia Carta, advocacy officer di Picum, una rete di organizzazioni che si occupano di tutelare i diritti dei migranti.

Quali sono le vostre principali preoccupazioni rispetto al nuovo Patto?

Ci sono diversi aspetti. Il primo è che le procedure di asilo si svolgeranno sempre più di frequente nell’ambito delle cosiddette “procedure di frontiera”, sulla base della nazionalità dei richiedenti o se essi sono ritenuti un “pericolo per la sicurezza”. Non ci sono eccezioni nemmeno per le famiglie con bambini di qualsiasi età. Persino i bambini non accompagnati, se considerati un rischio per la sicurezza o l’ordine pubblico, possono essere inseriti nelle procedure di frontiera. Queste offrono minori garanzie procedurali e saranno probabilmente messe in atto attraverso la detenzione “di fatto” delle persone in centri alle frontiere, sul modello delle procedure di hotspot che hanno rivelato enormi rischi per i diritti fondamentali in Grecia e in Italia.

Inoltre, le persone che fanno ricorso contro un ordine di rimpatrio in procedura di frontiera possono essere espulse in attesa di una decisione sul loro caso. I richiedenti asilo non avranno un patrocinio legale gratuito durante le procedure amministrative alle frontiere. Questo è previsto solo al momento del ricorso contro una decisione già presa, ma con tempi brevissimi per presentare ricorso contro il diniego dell’asilo. Le persone che non sono considerate idonee per l'asilo rischiano di essere direttamente indirizzate verso le procedure di espulsione, senza la possibilità di accedere ad altri tipi di permessi esistenti a livello nazionale per la permanenza in Europa, dai permessi umanitari e medici al ricongiungimento familiare.

E ancora, le comunità razzializzate che vivono nell’UE (compresi i cittadini e le cittadine) saranno sempre più oggetto di profilazione e fermi, a seguito dell’introduzione di procedure di screening all’interno dell’Unione per identificare le persone entrate in maniera irregolare. Infine, gli Stati membri potranno introdurre una serie di deroghe ai loro obblighi in materia di asilo in situazioni dove ritenessero che un Paese terzo (o anche delle entità non governative) stessero spingendo le persone migranti verso i loro confini (che il Patto chiama "strumentalizzazione della migrazione").

Chi arriva in Europa senza documenti potrà essere trattenuto per le procedure e gli screening preliminari. Molte delle persone che arrivano attraverso il Mediterraneo o la rotta balcanica non hanno documenti: per loro il diritto di chiedere la protezione internazionale è a rischio?

Il diritto di richiedere asilo è mantenuto anche nelle procedure di screening e di frontiera introdotte nel Patto. Tuttavia, dato che il Patto non cambia il principio del Paese di primo ingresso, il rischio è che i paesi di frontiera continuino a essere incentivati a respingere le persone ai confini, negando loro nella pratica il diritto di accedere al territorio per richiedere protezione. Inoltre, le nuove procedure introdotte dal Patto rendono sempre più difficile l’accesso ad altri permessi al di là dell’asilo e della protezione sussidiaria, ma che sono comunque previsti dal diritto internazionale o dai singoli stati membri.

Per contenere gli arrivi l'Ue sta anche lavorando sempre di più agli accordi con i Paesi terzi, come sta facendo ora con l'Egitto. Ma abbiamo già visto ciò che accade in Libia, dove le persone intercettate dalla Guardia costiera (finanziata dagli Stati Ue come l'Italia) vengono riportate nei centri detenzione dove i loro diritti fondamentali vengono violati e dove sono sottoposte a violenza e abusi…

Purtroppo, la tendenza dell’UE di esternalizzare la gestione della migrazione sta continuando. Neanche una settimana dopo l’annuncio dell’accordo miliardario con l’Egitto, il vicepresidente della Commissione Margaritis Schinas apriva la porta a un accordo simile con il Libano. Questi si aggiungono agli accordi con la Libia, la Turchia, la Tunisia e altri paesi ancora. Il Patto sulle migrazioni non fa che incentivare questo tipo di accordi.

Pensate che il nuovo Patto sia solo un primo passo e che dopo le elezioni europee – in cui probabilmente ci sarà uno spostamento verso destra, con partiti di estrema destra che acquisiranno maggiore rilevanza – i flussi migratori verranno ulteriormente criminalizzati?

Qualunque sia la maggioranza che emergerà con le prossime elezioni, la criminalizzazione della migrazione e della solidarietà con le persone migranti sono già sull’agenda del prossimo mandato. Lo scorso novembre, la Commissione europea ha proposto di rivedere le norme sul favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno irregolari. In questa revisione manca un divieto vincolante per gli stati membri di criminalizzare attività umanitarie. Le proposte poi potrebbero avere delle conseguenze enormi sia per le organizzazioni e gli attori umanitari, sia per le persone migranti che potrebbero essere criminalizzate in quanto presunti “trafficanti” o “scafisti” (decine di questi casi sono presentati nel recente report di Picum "Cases of criminalisation of migration and solidarity in the EU in 2023"). Inoltre, il Patto, ma anche altre recenti riforme, come l’AI Act e il Codice Frontiere Schengen, aprono le porte a una narrazione che dipinge le persone migranti come una minaccia e un pericolo, proponendo un approccio securitario invece di una risposta basata sui diritti umani.

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