Perché le donne laureate in Italia guadagnano la metà degli uomini
Una donna con una laurea, in Italia, guadagna in media il 58% di quanto prende un uomo con lo stesso livello di istruzione. Questo è il dato che emerge dal nuovo rapporto dell'Ocse sull'educazione, e che porta l'Italia nettamente all'ultimo posto tra tutti i 38 Paesi dell'Organizzazione. In media dell'Ocse, infatti, la differenza nei guadagni tra lavoratrici e lavoratori laureati è ‘solo' del 23%.
Da questo punto di vista, l'Italia sembra aver visto un forte calo: il rapporto pubblicato nel 2016 dall'Ocse, che riportava dati del 2012, indicava che le donne laureate in Italia avevano uno stipendio pari al 73% degli uomini. Negli ultimi dieci anni, quindi, la distanza si è allargata di quindici punti.
Non importa che la maggior parte delle persone che ottengono una laurea siano donne (il 55%), perché quando poi si tratta di entrare nel mondo del lavoro le differenze si fanno sentire. La ricerca di un lavoro non dà risultati così diversi – è occupato il 73% delle laureate, contro il 75% dei laureati. In questo il livello di istruzione aiuta, perché tra i giovani che non completano le scuole superiori solo il 36% delle donne ha un lavoro, contro il 72% degli uomini. Tuttavia, lo stipendio ricevuto mostra ancora un distacco enorme.
Naturalmente non si parla solo dello stipendio di ingresso, ma il dato tiene conto anche delle differenze di carriera tra uomini e donne, con i primi più facilitati a proseguire l'impegno lavorativo in modo lineare e ottenere scatti di retribuzione. Nonostante questo, il ‘gap' tra uomini e donne laureati in Italia è più alto tra i giovani di 25-34 anni, mentre si abbassa di oltre dieci punti nella fascia d'età 45-54 anni.
In generale, la differenza di genere nelle retribuzioni deriva da "fattori complessi che includono la segregazione occupazionale, pregiudizi nelle pratiche di assunzione, e opportunità diseguali di fare carriera", si legge nel rapporto. Le donne hanno meno probabilità degli uomini di ottenere una promozione, o di ricevere un grosso aumento di stipendio quando cambiano lavoro.
In più, gli stop alla carriera legati alla nascita di un figlio – e alla successiva necessità di avere maggiore flessibilità, anche a costo di uno stipendio più ridotto – continuano a colpire più le donne degli uomini. Senza contare che qui si parla solo di chi ha un lavoro a tempo pieno, e non del lavoro part-time.
Rispetto ai dati riportati nel 2016, l'Italia è migliorata in diversi aspetti, ma di poco. La famiglia in cui si nasce ha ancora un peso fortissimo sui successi scolastici. Basta considerare che tra chi ha genitori con diploma di terza media solamente il 10% arriva a ottenere la laurea, e il 37% non raggiunge la maturità.
In più, resta la questione dei finanziamenti pubblici. L'Italia spende il 4% del Pil nella scuola (dalle elementari all'università), mentre la media Ocse è del 4,9%. Per metterla in termini concreti, oggi lo 0,9% del Pil italiano vale circa 18 miliardi di euro. Questa è la somma in più che bisognerebbe investire, ogni anno, per rientrare nella media degli altri Paesi Ocse. In più, in Italia la spesa è più alta per le elementari – qui si supera la media – e si abbassa decisamente per le medie, le superiori e soprattutto l'università.