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Cambiamenti climatici

Perché le crociate del governo contro carne sintetica e insetti sono follie che pagheremo carissime

Il divieto a produrre e commercializzare carne in vitro è l’ennesimo errore di un sistema Paese più preoccupato a fermare la lotta al cambiamento climatico che a combattere contro di esso. Una battaglia ideologica e di retroguardia che ci renderà solamente più poveri e irrilevanti.
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Riavvolgiamo il nastro: era il 2 ottobre 2017 quando Sergio Marchionne, allora amministratore delegato di FCA, disse che non avrebbe puntato sull’auto elettriche perché non sarebbe stata la soluzione per il futuro della mobilità. Di previsioni ne sbagliamo tante, tutti, ogni giorno, ma quello fu un errore che di fatto privò l’Italia della possibilità di investire su quello che oggi, col senno di poi, è effettivamente diventato il futuro della mobilità. Un futuro che oggi combattiamo – invano, visto che lo stop al 2035 in Europa ci sarà comunque, nonostante la nostra avversità –  perché ci farebbe perdere migliaia di posti di lavoro, a discapito di chi sulla mobilità elettrica ci ha investito. Un futuro che combattiamo, vale la pena di ricordarlo, nonostante le auto elettriche abbattano del 70% le emissioni di CO2 su tutto il ciclo di vita rispetto a un motore a combustione, percentuale peraltro destinata ad aumentare man mano che le fonti rinnovabili sostituiranno quelle fossili nella generazione di energia elettrica.

La storia, pari pari, si ripete sei anni dopo. Perché le crociate del governo contro la farina di insetti – per la quale non è vietata la produzione, né la commercializzazioni, ma sono posti divieti all’utilizzo per prodotti come pasta e pizza – e contro la carne sintetica prodotta in vitro – per la quale è stata disposta ieri, dal consiglio dei ministri, il divieto di produzione e vendita in Italia – produrranno gli stessi effetti della profezia di Marchionne: bloccheranno, o comunque disincentiveranno, gli investimenti in settori che invece andrebbero incentivati per lottare contro il cambiamento climatico. E condanneranno l’Italia all’irrilevanza economica quando presto o tardi, le farine di insetti e la carne sintetica diventeranno necessarie per nutrire di proteine 9 miliardi di anime senza obbligarle a una dieta vegana, e senza che questo concorra a devastare il clima.

Giusto due dati, per sostanziare quel che stiamo dicendo. Stando ai numeri della Fao, l’allevamento intensivo contribuisce per il 14,5% alle emissioni di gas serra globali e all’80% delle deforestazioni su scala globale. Non bastasse, per produrre un chilogrammo di carne bovina servono oltre 15mila litri d’acqua, in buona parte consumati per produrre i mangimi necessari al processo di crescita dell’animale. Il tutto, al netto della sofferenza dell’animale stesso. Investire sulla ricerca e sulla produzione in vitro di carne, utilizzando cellule staminali, è quel che stanno facendo tutti i Paesi con un minimo di lungimiranza, così come del resto tutte le grandi multinazionali del settore agroalimentare.

Da noi, no, nel nome di una battaglia ideologica di retroguardia per il made in Italy e la dieta mediterranea. Una battaglia di retroguardia guidata da allevatori e coltivatori che a giorni alterni piangono per siccità ed eventi climatici estremi e difendono lo status quo che li genera. E accompagnata da un governo più interessato ad avversare la lotta al cambiamento climatico che il cambiamento climatico stesso, per motivi ideologici ed elettorali. Nonostante l’Italia sia uno dei Paesi che più pagheranno i danni del cambiamento climatico, tra eventi meteorologici estremi che metteranno a dura prova il nostro fragile equilibro idrogeologico, siccità nelle pianure agricole, scioglimento dei ghiacciai. Oltre, ovviamente, ai flussi di migranti climatici provenienti dall’Africa che busseranno alle nostre porte.

In altre parole, saremo in prima fila tra chi subirà maggiormente il cambiamento climatico e in coda alla fila di chi guadagnerà lottando contro di esso. Un destino contro il quale non potremo far nulla. Se non prendercela coi profeti di sventura, coi cinesi e gli indiani, coi migranti, con la modernità. Mentre dovremmo solamente prendercela con noi stessi, coi nostri paraocchi ideologici, col nostro corporativismo e con la nostra incapacità di capire il futuro e agire di conseguenza.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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