Perché l’arrivo delle nuove testate nucleari USA B61-12 in Italia è anche un problema politico
In Italia stanno arrivando delle nuove testate nucleari dagli Stati Uniti, per sostituire quelle che il nostro Paese già ospita nelle basi militari di Aviano e Ghedi. Si tratta di bombe denominate B61-12, di cui la produzione è iniziata l'anno scorso. Hanno una capacità di resa variabile, che va da 0,3 a 340 chilotoni, e presentano un kit di coda guidata ad alta precisione.
Anche se sono chiamate "mini-nukes", hanno una capacità distruttiva devastante: possono essere fino a venti volte più potenti della bomba sganciata su Hiroshima. "Che ci fossero delle testate nucleari in Italia ci è sempre sembrato assurdo. Anche perché andava contro ogni dichiarazione del nostro Paese e contro la direzione imposta dal Trattato di non proliferazione delle armi nucleari. Ora, con la guerra in Ucraina che ha dimostrato come le armi nucleari non rendano affatto il mondo più sicuro, ma il contrario, ci sembra ancora più assurdo", ha commentato con Fanpage.it Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete italiana pace e disarmo.
Che poi ha precisato: "Putin già sta usando le armi nucleari come arma di ricatto. È la Russia che minaccia di usare le armi nucleari, questo è chiaro. Noi non stiamo dicendo che il fatto che vengano cambiate le B61 sia una minaccia più grave di quelle dirette del Cremlino. Questo assolutamente no, però va detto che anche l'arrivo delle nuove testate contribuisce ad aumentare una situazione di insicurezza che non ci possiamo permettere".
C'è infatti anche un altro aspetto da sottolineare, ha spiegato Vignarca. Il fatto che l'Italia ospiti le testate nucleari statunitensi rende il suo territorio nazionale un potenziale obiettivo. A maggior ragione se custodisce un arsenale particolarmente potente: "Bisogna poi anche considerare che se si aumenta la capacità di questo arsenale, perché le bombe sono più precise o più facilmente trasportabili (sono accoppiate ai nuovi F-35), si accresce anche la possibilità che questi luoghi siano degli obiettivi. Se nelle basi di Ghedi e Aviano ci sono delle bombe vecchie è un conto, se c'è un arsenale nuovo e più potente un altro. Potrebbero diventare obiettivi di un attacco".
Il coordinatore di Rete italiana pace e disarmo oggi si trovava a Oslo, al Forum "Act on it", ospitato nella capitale norvegese e promosso anche da ICAN, la campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari, vincitrice del premio Nobel per la pace nel 2017.
"Dieci anni fa, nel marzo del 2013, per la prima volta proprio qui a Oslo ci fu una riunione sull'impatto umanitario delle armi nucleari. E questo ha cambiato l'approccio su questo tema", ha proseguito Vignarca, sottolineando proprio come questo abbia poi portato nel 2017 a un nuovo Trattato, quella per la Proibizione delle armi nucleari, promosso dai Paesi non allineati.
"Siamo qui per mettere le basi sui prossimi passi. E c'è un'attenzione particolare proprio sul principio del nuclear sharing. L'Italia secondo noi dovrebbe mettersi d'accordo con gli altri Paesi europei che ospitano le testate USA, quindi Germania, Paesi Bassi, Olanda, Belgio, e iniziare a eliminare dal territorio queste armi nucleari. Questo potrebbe essere un primo passo affinché anche i nostri governi ratifichino il Trattato contro le armi nucleari. Ma non solo, in questo modo si eviterà che anche la Russia si rifaccia allo stesso principio, mettendo le proprie testate ad esempio in Bielorussia", ha affermato Vignarca.
Per poi concludere sottolineando come il tema del disarmo nucleare sia strettamente legato a quello della pace in Ucraina. "C'è un problema globale di sicurezza, che non può essere affrontato solo guardando al contesto specifico tra Putin e Zelensky. Bisogna allargare il campo, consapevoli che non ci sarà mai sicurezza globale finché ci saranno le armi nucleari".