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Perché l’accusa dell’ambasciata russa sulle mine antiuomo ‘italiane’ è una fake news

Dopo l’accusa del ministero degli Esteri russo cinque giorni fa, oggi anche l’ambasciata russa ha detto che in Ucraina si userebbero delle mine antiuomo prodotte e vendute dall’Italia. È una notizia falsa, come ha chiarito il ministro Crosetto, perché l’Italia non produce mine simili dal 1997.
A cura di Luca Pons
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"Propaganda allusiva e tendenziosa". Così il ministro della difesa, Guido Crosetto, ha bollato la notizia (falsa) fatta circolare dal ministero degli Esteri russo e dall'ambasciata russa in Italia, che nel conflitto tra Russia e Ucraina vengano utilizzate delle mine antiuomo prodotte ed esportate dall'Italia. La vicenda è iniziata cinque giorni fa, quando la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha detto che l'Italia "sta rifornendo Kiev di mine antiuomo".

Oggi, l'ambasciata russa ha pubblicato su Twitter la foto di tre mine, scrivendo che erano "di fabbricazione italiana" e che erano state trovate in Ucraina. "Quanti di questi ‘souvenir dall'Italia' rimangono in terra ucraina? Le persone ne soffriranno per molto tempo", recitava il tweet.

La spiegazione è arrivata da Guido Crosetto, ministro della Difesa. L'ambasciata russa "mente sapendo di mentire", ha scritto in un comunicato. "Un'allusiva e tendenziosa propaganda contro il nostro Paese, che ha sempre rispettato le norme del diritto internazionale". L'Italia, infatti, è stata tra i primi Paesi a firmare, nel 1997, la convenzione di Ottawa sulla messa al bando delle mine antipersona (a cui la Russia non ha ancora aderito, tanto che ha utilizzato almeno 7 tipi di mine antipersona nella guerra in Ucraina).

"Le mine riprodotte nel tweet (1 antiuomo e 2 anticarro) ricordano mine di fabbricazione italiana Valsella/Tecnovar, che non possono essere italiane", ha chiarito il ministro. "La produzione di mine antiuomo in Italia si è interrotta più di 28 anni fa con una moratoria del governo e la successiva legge 374/1997″. In più, "mine antiuomo di produzione italiana sono state esportate solo fino all'inizio degli anni '90".

Tuttavia, "la licenza di produzione fu concessa anche ad alti Paesi, come si può evincere dalla sigla dell'unica mina antiuomo ritratta in foto, una VS50 non prodotta in Italia ma in estremo Oriente", ha concluso Crosetto.

Anche Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne per la Rete italiana pace e disarmo, ha evidenziato che "la foto dell'ambasciata russa in Italia con mine italiane ipoteticamente disinnescate in Ucraina dimostra solo il ‘lungo' impatto delle armi (alcune in particolare), ma non c'entra con forniture militari recenti. Lo segnala la Campagna italiana per la messa al bando delle mine, e lo sottolinea giustamente Guido Crosetto".

"Che una mossa ‘propagandistica' del genere arrivi da un Paese come la Russia che non è parte della Convenzione di Ottawa contro le mine antipersona è abbastanza disturbante e tragicamente ironico", ha commentato Vignarca. In più, la vicenda "dovrebbe far riflettere decisori politici (e opinione pubblica) sulla delicatezza dell'esportazione di armi, che sfugge sempre ai percorsi "ideali" di chi vuole vendere armi con troppa faciloneria (ed interesse)".

Anche al Campagna italiana per la messa al bando delle mine è intervenuta nel dibattito, come detto da Vignarca, per sottolineare che le "accuse false e vergognose" della Russia non hanno "nessun fondamento" e che "l'Italia è uno dei Paesi più impegnati al mondo" nel contrasto alle mine. Dopo l'adesione al trattato di Ottawa, oltre sette milioni di mine antipersona furono rimosse dalle scorte dell'esercito italiano e distrutte.

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