Bergoglio è spesso raccontato come un papa progressista, specie sui diritti LGBTQ+. La sua recente decisione di concedere la benedizione alle coppie omosessuali, fortemente criticata da alcuni membri della Chiesa, sembrava aver sancito una volta per tutte la fama di Francesco come quella di un papa aperto ai diritti civili. Peccato che però il pontefice continui a fare dichiarazioni come quella fatta al convegno “Uomo-Donna immagine di Dio”, organizzato dal Centro di ricerca e antropologia delle vocazioni (CRAV): “Oggi il pericolo più brutto è l'ideologia del gender”. Il papa ha inoltre detto di aver “chiesto di fare studi a proposito di questa brutta ideologia del nostro tempo, che cancella le differenze e rende tutto uguale”.
Non è la prima volta che Francesco parla di “gender”: soltanto un mese fa aveva definito la teoria gender “pericolosissima”. Nel 2023, in visita pastorale in Ungheria, parlò della “cultura gender” come di una “nefasta colonizzazione ideologica”. La stessa espressione fu impiegata dal pontefice nel 2016, quando parlò di una “guerra mondiale” per “distruggere il matrimonio”. Nel libro San Giovanni Paolo Magno, pubblicato nel 2020 e dedicato a Wojtyla, il papa definì il gender come la “modalità più specifica attraverso cui il male si fa presente” al giorno d’oggi. Il papa precisò che non parlava delle persone omosessuali, ma di una “radice culturale” che “si propone implicitamente di voler distruggere alla radice quel progetto creaturale che Dio ha voluto per ciascuno di noi: la diversità, la distinzione. Far diventare tutto omogeneo, neutrale. È l’attacco alla differenza, alla creatività di Dio, all’uomo e la donna”.
Chi sarà incaricato di effettuare gli studi commissionati dal pontefice non dovrà cercare troppo lontano: la teoria gender è infatti un’invenzione della Chiesa cattolica. Tra gli anni Ottanta e Novanta, in seno agli studi femministi, si svilupparono gli studi di genere, alla cui base sta la convinzione che a determinare l’identità sessuale della persona non basta il sesso biologico, ma bisogna anche considerare il genere, ovvero quell’insieme di norme, comportamenti e caratteristiche che una certa società in un dato momento storico attribuisce alla mascolinità e alla femminilità. Gli studi di genere si concentrano quindi sugli effetti che la categoria di genere ha non solo nei singoli individui, ma anche nell’organizzazione sociale. Secondo alcuni critici, la categoria di genere porta con sé il rischio di de-naturalizzare il sesso, minimizzando o addirittura negando la differenza fra uomini e donne.
La Chiesa cattolica esasperò queste critiche, sostenendo che il “gender” è una vera e propria cospirazione volta a distruggere l’ordine voluto da Dio. Durante la conferenza sulle donne di Pechino delle Nazioni Unite del 1995, una delegata di un’associazione antiabortista americana, Dale O’Leary, raccolse le presunte prove di questa cospirazione, portandole poi in Vaticano e più nello specifico all’allora prefetto della congregazione per la dottrina della fede, il futuro papa Joseph Ratzinger. Da allora, la Chiesa cattolica non ha fatto altro che promuovere l’esistenza di una “teoria” o di una “ideologia gender”, collegandola a fenomeni come il divorzio o l’aborto, che anche Francesco ha definito una conseguenza del gender.
Da allora, l’ideologia gender non è diventata solo uno spauracchio della Chiesa, ma un nucleo ideologico intorno a cui si è compattata l’estrema destra di tutto il mondo. Molte organizzazioni “anti gender” sono finanziate dalla destra cristiana statunitense e dalla Russia, con cifre che secondo il Forum del Parlamento europeo per i diritti sessuali e riproduttivi ammonterebbero a più di 700 milioni di dollari. Questo denaro è usato per fare lobbying politico, intentare cause di tribunale, ma anche sensibilizzare l’opinione pubblica con affissioni e campagne mediatiche. Governi illiberali come quelli di Ungheria, Turchia e in passato la Polonia hanno usato la minaccia del gender per mobilitare campagne contro l’aborto, il divorzio e naturalmente i diritti per le persone LGBTQ+.
Anche la destra italiana è molto attiva sul fronte anti-gender: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni definì le donne le “prime vittime” di questa presunta ideologia. Fratelli d’Italia e Lega in passato hanno organizzato molte iniziative contro il “gender nelle scuole” e hanno sdoganato le associazioni anti-gender e i loro rappresentanti, spesso affidandogli anche ruoli istituzionali. Uno di essi, Massimo Gandolfini, nominato da Meloni come consulente del Dipartimento antidroghe, ha incontrato proprio papa Francesco lo scorso gennaio. Il pontefice si è congratulato per il suo impegno nell’“opporsi a quelle ideologie che stanno cercando di minare i grandi valori antropologici e cristiani”.
Francesco starà anche portando avanti una linea diversa nei confronti delle persone omosessuali rispetto ai suoi predecessori, ma non basta riconoscere o tollerare l’esistenza dell’omosessualità se poi si brandisce l’arma del gender o si definiscono “assassine” le donne che abortiscono. La benedizione a una coppia gay non potrà mai compensare il danno dell’endorsement politico del papa alla crociata contro il gender.