Perché la riforma della giustizia del governo toglie tutele ai cittadini contro gli abusi del potere
Il governo Meloni ha cancellato il reato di abuso d'ufficio. E non solo: il ddl Nordio recentemente approvato dal Parlamento e diventato legge ha limitato il reato di traffico di influenze illecite, cambiato le regole da seguire per le misure di custodia cautelare e le norme sulle intercettazioni. Intanto, con il decreto Carceri, ha introdotto il reato di peculato per distrazione che – in piccola parte – può coprire casi simili a quelli dell'abuso d'ufficio. Fanpage.it ha parlato della riforma della giustizia – che ha scatenato le proteste di parte dell'opposizione – con la giudice Rossella Marro, presidente di Unità per la costituzione (o Unicost, corrente moderata della magistratura) e presidente di sezione penale al Tribunale di Napoli Nord.
Senza l'abuso d'ufficio, "viene meno un presidio di tutela dei cittadini", perché si tratta di un reato che "tutela i cittadini contro gli abusi del potere, contro le prevaricazioni dei pubblici amministratori. Ed è un reato previsto in quasi tutti gli ordinamenti europei, proprio perché è fondamentale per i cittadini". Tanto è vero che sia la convenzione di Merida dell'Onu, ratificata dall'Italia nel 2009, sia la proposta di direttiva sul tema in discussione al Parlamento europeo, invitano gli Stati a punire l'abuso d'ufficio: "Noi invece andiamo in controtendenza".
Il centrodestra sostiene che ora non ci sarà più "paura della firma" da parte dei sindaci e di altri amministratori, che prima temevano di essere indagati per fatti di piccola entità, e poi magari venire assolti dopo anni, con tutte le conseguenze mediatiche dell'inchiesta. Hanno ragione?
Prima della modifica del 2020 la fattispecie del reato di abuso d'ufficio era più ampia e anche un po' generica, quindi questo rischio paventato dagli amministratori poteva magari avere un fondamento. Ma nel 2020 la fattispecie è stata ristretta moltissimo, e questo rischio è venuto meno. Per di più, con la riforma Cartabia da pochi mesi è stata introdotta la regola di giudizio per cui si può rinviare a giudizio una persona soltanto se c'è l'alta prevedibilità di condanna.
Ci spieghi meglio questo passaggio.
Prima della riforma Cartabia, il pm e il giudice per le indagini preliminari erano obbligati a rinviare a giudizio una persona indagata se c'erano semplicemente degli "elementi idonei" a sostenere l'accusa. È chiaro che così ci poteva essere un numero significativo di rinvii a giudizio che poi si concludevano con un'assoluzione. Adesso, invece, la regola è cambiata. Si rinvia a giudizio solo se ci sono elementi tali per cui è altamente prevedibile che si arrivi a una condanna della persona.
Così diventa molto più difficile che un processo inizi e, anni dopo, si venga assolti?
Esatto. E questo si unisce alla riforma del reato del 2020. Allora perché non aspettare che questi due interventi facessero il loro effetto? Invece, cancellando l'abuso d'ufficio si crea un vuoto normativo e facciamo un passo indietro nella lotta alla corruzione.
Spesso si sente dire che l'abuso d'ufficio è un "reato spia" della corruzione o della concussione. Cosa si intende?
Quando il cittadino denuncia una prevaricazione nei confronti di un pubblico ufficiale che viola la legge per avvantaggiare se stesso o per danneggiare qualcun altro, non ha quasi mai la prova che ci sia stato uno scambio di denaro. Però la denuncia consente di far partire le indagini, che spesso poi portano ad accertare la corruzione. Ma questo non sarà più possibile. Gli abusi non saranno più perseguiti.
Non esiste più un reato per punire una persona che usa il potere pubblico per i propri fini, se lo fa senza ottenere denaro (e quindi senza far scattare la corruzione)?
Il pubblico ufficiale che esercita un potere – un sindaco, un pubblico amministratore, ma anche un ufficiale che non ricopre un incarico politico – e voglia danneggiare un cittadino che per qualche motivo gli è ostile, potrà tranquillamente prevaricare la legge per farlo. Pensiamo alle concessioni edilizie, la gestione del territorio in generale, ma anche le nomine, le assunzioni. I magistrati non potranno intervenire, i cittadini non avranno tutele. E per di più cadono nel vuoto tra le 3mila e le 4mila condanne.
Chi in passato è stato condannato in via definitiva per abuso d'ufficio vedrà la condanna annullata?
Certo. Si parla di quasi 4mila pubblici ufficiali per i quali è stata accertata la responsabilità penale, e per i quali le condanne finiranno nel nulla. Sono persone che hanno commesso un abuso, e che la ‘faranno franca', diciamo. Non ci saranno conseguenze per questa loro condotta.
Tocchiamo anche gli altri aspetti principali di questa riforma della giustizia: il decreto Carceri ha introdotto il reato di peculato per distrazione, che per certi versi assomiglia all'abuso d'ufficio.
L'introduzione di questo reato è una confessione. Anche il governo si rende conto che il vuoto che lascia l'abolizione dell'abuso d'ufficio è difficile da giustificare. Un vuoto che peraltro non può essere colmato da questa nuova norma: non basterà per superare le criticità sul contrasto con le convenzioni europee.
E per quanto riguarda il traffico di influenze, limitato sempre dal ddl Nordio?
Le due modifiche effettuate aprono a delle criticità, in contrasto con l'orientamento europeo. Si elimina il "millantato": quando un faccendiere chiede un compenso illecito per mettere in contatto una persona con un pubblico amministratore, non sarà punito se in realtà non conosceva il pubblico amministratore, e millantava semplicemente di conoscerlo. In più, non sarà reato se il faccendiere si fa dare delle utilità che non sono di tipo economico. Se richiede, ad esempio, favori sessuali, o raccomandazioni, non sarà più reato.
È un altro indebolimento nei confronti dei reati di corruzione. Perché quando questo faccendiere mette in contatto una persona con il pubblico amministratore, spesso ‘prepara il terreno' per un atto corruttivo. Eliminare questa tutela anticipata significa aprire ancora di più la strada al dilagare della corruzione
Si prevede anche che, per effettuare una misura di custodia cautelare (ad esempio gli arresti domiciliari, o la custodia preventiva in carcere) la decisione non dovrà essere presa da un solo giudice, ma da un collegio di tre giudici. Che effetto avrà questo?
Determinerà una paralisi degli uffici, soprattutto quelli piccoli. In alcuni uffici giudiziari noi non abbiamo neanche tre Gip [giudici per le indagini preliminari, ndr]. Per formare il collegio bisognerà attingere a giudici che stanno in altri settori, e quegli stessi giudici poi saranno incompatibili per le fasi successive delle indagini e dell'eventuale procedimento [perché se un giudice partecipa alla fase delle indagini preliminari non può avere parte nell'udienza preliminare né nel processo, ndr]. Così peseranno ancora di più le carenze dell'organico.
In diversi casi diventerà obbligatorio interrogare una persona prima di disporre queste misure cautelari.
Chiunque si può rendere conto che in alcuni casi anticipare l'interrogatorio è obiettivamente rischioso. Ad esempio, consente all'indagato di adottare delle misure per inquinare le prove, cosa che poi pregiudica le indagini. Normalmente, l'esecuzione della misura cautelare viene sempre accompagnata con la perquisizione, proprio per evitare problemi di questo tipo. Ora non sarà più possibile.
Infine, cambiano le regole sulle intercettazioni. Tra le altre cose, sui giornali potranno finire solo parti molto limitate delle conversazioni intercettate. Cosa ne pensa?
Io sono assolutamente consapevole e concorde nel ritenere che la gogna mediatica sia molto grave, perché rappresenta una forma di anticipazione di condanna. Però è anche vero che i cittadini hanno il diritto a conoscere i risultati delle indagini, c'è un interesse pubblico ad essere informati che va tutelato. Invece si demonizza uno strumento investigativo fondamentale. Peraltro anche sul tema della pubblicazione delle intercettazioni c'è stata una recente riforma, e anche in questo caso non si dà neanche tempo alla nuova norma di spiegare i suoi effetti, che già si interviene nuovamente.