Perché la riforma del test d’ingresso a Medicina è un bluff e il numero chiuso non sarà davvero superato

Una "svolta storica". Così i partiti di maggioranza hanno descritto la riforma voluta dalla ministra Bernini che cambierà l'accesso ai corsi di laurea in Medicina e chirurgia. La legge è stata approvata ieri dalla Camera e promette l'abolizione del test di ingresso per gli studenti che vorranno entrare in Medicina, Odontoiatria e Veterinaria.
L'immatricolazione sarà libera e al posto del test ci sarà una selezione alla fine del primo semestre di studi. Dopo i primi sei mesi quindi, solo coloro che avranno sostenuto gli esami e raggiunto un certo numero di crediti formativi potranno accedere al secondo semestre e considerarsi, a tutti gli effetti, studenti del corso desiderato.
Chi riuscirà ad entrare in graduatoria e supererà la selezione allora potrà proseguire con il secondo anno. Una modifica sostenuta con grande entusiasmo dalla maggioranza, che ha parlato di "vera rivoluzione", ma bocciata dalle opposizioni, che ne hanno sottolineato gli aspetti più critici, a partire dalle modalità di accesso. Se è vero infatti, che il quiz d'ingresso a crocette è stato abolito, lo stesso non può dirsi del numero chiuso, che nei fatti resta in vigore.
La riforma non interviene sul numero programmato, ma semplicemente si limita a posticipare di sei mesi l'accesso a medicina e alle altre facoltà. Questo significa che al termine del primo semestre, migliaia di studenti potrebbero trovarsi "sbattuti fuori" dal corso qualora non riuscissero ad entrare nella graduatoria nazionale. Secondo FdI, Lega e Forza Italia si tratta di un percorso che "finalmente premierà il merito", ma per Pd, Avs e M5s non è altro che un bluff.
La ministra Bernini ha fatto sapere di voler partire con il nuovo sistema già dal prossimo anno accademico, ma perché ciò accada mancano dei passaggi fondamentali. Quella approvata ieri infatti, è una legge delega che assegna al governo il compito di attuare la revisione delle modalità di accesso, che a sua volta necessita di una serie di decreti ad hoc per diventare concreta. Questi dovranno chiarire tutti i dettagli della riforma e andranno emanati entro un massimo di 12 mesi.
Su molti punti dunque, al momento restano delle incognite. Quel che è certo è che il numero chiuso resta tutt'altro che superato. Lo spostamento in avanti di sei mesi della selezione potrebbe complicare le cose per una serie di ragioni. In primo luogo, come ha osservato anche il rettore dell'università di Pisa, gli atenei – finora abituati ad ospitare un certo numero di studenti – potrebbero non essere in grado di allestire aule sufficientemente capienti per accogliere così tante matricole. Il che potrebbe costringerli a dover ripiegare sulla didattica a distanza. Senza un adeguato aumento delle risorse a disposizione, come osservano le opposizioni, tutto ciò "inevitabilmente comporterà disagi e abbassamento della qualità della didattica".
Non solo, anche il carico di lavoro per i docenti potrebbe rivelarsi insostenibile, dal momento che si troverebbero, alla fine del primo semestre, a dover far sostenere esami a un numero – se si prende come riferimento il dato degli iscritti al test dello scorso anno – superiore alle 50mila persone. Ovvero più del triplo degli studenti ammessi nel 2024.
Inoltre, la gran parte dei candidati che non verranno ammessi sarà dirottata su altre facoltà dell'area scientifica (come biologia o scienze motorie) e anche su questo resta da chiarire quali esami verranno convalidati e in caso, come. Insomma, è difficile credere che questa riforma agevolerà il percorso di studenti e neodiplomati, che seppur liberati dal test a crocette, si troveranno verosimilmente sottoposti a una condizione di stress – nonché di forte competizione – per sei lunghi mesi.