Perché la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per Vittorio Sgarbi sul caso del quadro all’asta
L'indagine della Procura di Roma – in cui i pm hanno chiesto il rinvio a giudizio per Vittorio Sgarbi – si concentra sull'acquisto all'asta di un quadro nel 2020: l'ipotesi è che il ex sottosegretario non abbia versato circa 715mila euro all'Agenzia delle Entrate. Le indagini a carico del critico d'arte, accusato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, sono partite dopo un'inchiesta del Fatto Quotidiano, pubblicata lo scorso ottobre. Sgarbi avrebbe acquistato un dipinto all'asta – si tratta de "Il Giardino delle Fate" di Vittorio Zecchin- facendo figurare la compagna come acquirente e usando il denaro di una terza persona, evitando così di saldare il debito con il Fisco. La notizia arriva dopo una serie di inchieste giornalistiche e indagini, che hanno dato il via a un vero e proprio caso su Sgarbi portandolo alle dimissioni da sottosegretario alla Cultura.
Il quadro comprato all'asta e le indagini della Procura di Roma
Il quadro al centro delle indagini è "Il giardino delle fate", realizzato nel 1913 da Vittorio Zecchin, pittore di Murano. Secondo i pm Sgarbi l'avrebbe acquistato a un'asta, usando però il nome della compagna Sabrina Colle e del denaro di terzi per evitare di versare quanto dovuto all'Agenzia delle Entrate. Il quadro era stato messo in vendita dalla casa d'aste Della Rocca e aggiudicata per 148mila euro.
Secondo la versione di Sgarbi, che aveva rilasciato alcune interviste nell'ottobre 2023 per commentare le indagini, il dipinto sarebbe stato invece donato alla fidanzata da Corrado Sforza Fogliani (ex presidente di Confedilizia, deceduto nel 2022) e lui non avrebbe mai partecipato all'asta. "Il quadro è stato battuto dalla mia fidanzata, è intestato a lei, ed è notificato dallo Stato a suo nome. Lei batte il quadro e dopo un certo tempo, attendendo di pagarlo, ne parla con Sforza Fogliani che decide di regalarglielo", aveva spiegato Sgarbi.
Il commento di Sgarbi dopo la richiesta di rinvio a giudizio
L'ex sottosegretario, alla notizia di richiesta di rinvio a giudizio, è tornato a commentare il caso: "Inspiegabile. Verrà dagli avvocati motivato attraverso la contraddizione profonda di un magistrato che pensa che io che contemporaneamente compravo opere d'arte per me dovessi usare la mia fidanzata per un quadro che invece era suo, è stato regalato a lei. Mi pare legittimo regalare le cose. Ormai siamo nello stato talmente privo di principi che si ritiene che se uno compra un quadro deve essere per forza una persona che lo vuole. E invece può essere un dono, ed è stato un dono. È una cosa totalmente insensata", ha detto.
Per poi aggiungere: "Io pagavo le tasse, ho fatto la notariazione, non ho distolto nessun finanziamento alle tasse e quei danari non erano miei ma erano di un signore, banchiere, che ha regalato quel quadro alla mia fidanzata. È una cosa inverosimile. Se uno non vuole vedere neanche le carte, gliele faranno vedere gli avvocati".