È una legge di bilancio per ricchi e anziani, la prima del governo guidato da Giorgia Meloni. E se non lo è come ci si aspettava, è perché di soldi ce ne sono davvero pochi, al netto delle misure per fronteggiare il caro energia, e perché alle porte di un anno di vacche magrissime, calcare troppo la mano su giovani e poveri sarebbe stato eccessivo.
Eppure le tracce ideologiche della maggioranza di destra si leggono tutte, in controluce. E sono tracce che, in assenza di abbastanza denaro per sostanziarla, raccontano comunque una visione della società dominata dal capofamiglia, in cui sono le nonne a badare ai nipoti, in cui essere giovani e disoccupati equivale a essere fannulloni, e in cui comunque è sempre il Padre – e non lo Stato – che si deve occupare di te.
Andiamo con ordine.
Dei 14 miliardi circa che il governo ha usato per aumentare le proprie spese, buona parte se ne vanno per mandare in pensione in anticipo i sessantaduenni con quota 103 e le cinquantottenni con Opzione Donna, ma solo se hanno abbastanza figli. Il messaggio è fin troppo chiaro: il buco del sistema pensionistico italiano – il più costoso in Europa dopo quello greco – lo pagheranno i giovani, quando sarà il loro turno. Per ora, bisogna far smettere di lavorare più boomer possibili, e pazienza se così facendo si aumenta il debito pubblico e si drenano risorse altrove.
Anche per quanto riguarda la povertà il discorso non cambia. Se sei povero e pensionato, ti alzo la pensione minima da 500 a 570 euro. Se sei povero e giovane e disoccupato, ti cancello il reddito di cittadinanza, ossia il sussidio universale contro la disoccupazione che hanno tutti i Paesi d’Europa. Tra otto mesi, potrà averlo solo chi risulta inabile al lavoro, mentre per tutti gli altri si tornerà ai sussidi previsti dai contratti di riferimento, con tanti saluti ai lavoratori precari. Giovani, ovviamente.
Anche per le partite Iva la musica non cambia. I soldi si trovano solo per abbassare le tasse ai lavoratori autonomi che dichiarano tra i 65mila e gli 85mila euro di reddito. Una misura, quest’ultima che, dati alla mano, privilegia, dati alla mano, un ben preciso gruppo sociale. Indovinate quale? Esatto: quello dei professionisti maschi con un età compresa tra i 50 e i 60 anni.
Rimangono un paio di pannicelli caldi, certo, giusto per dire che qualcosa è stato per poveri e giovani. Un’ulteriore taglio del cuneo fiscale, rispetto a quello già previsto dal governo Draghi, che passa dal 2% al 3% per i redditi sotto i 20mila euro. E la decontribuzione totale agli imprenditori che assumono gli under 36. Ma sono, per l’appunto, pannicelli caldi. Perché le tasse sul lavoro si possono drasticamente abbassare solo se si comincia a tassare sul serio il patrimonio, cosa che la destra ha sempre combattuto con tutte le sue forze. E perché nessun incentivo fiscale, tanto più se di breve durata, è in grado di orientare le scelte di un’imprenditore.
Quasi ce ne dimenticavamo: dietro ai pannicelli caldi c’è l’ennesimo condono, pardon pace, pardon tregua fiscale dedicato a chi non ha pagato le tasse in questi ultimi anni. Indovinate chi ne beneficerà?