Ricordate Cutro?
È il luogo dove la presidente del Consiglio andò a sbeffeggiare i sopravvissuti: "Ma non lo sapevate che era pericoloso partire?" chiese ai parenti delle 94 persone morte, fra cui sorelle, fratelli e anche alcuni genitori di quei 35 minorenni morti durante il naufragio.
Che qualcosa nei soccorsi non avesse funzionato, fu chiaro da subito. Il rimpallo delle responsabilità che oggi emerge, però, è da brividi. Nelle chat tra la Guardia di Finanza e la Capitaneria si erano scritti "So’ migranti", e non avevano attivato i soccorsi.
Entrambi i corpi dello Stato italiano non avrebbero fatto ciò che era necessario per salvare le persone a bordo dell'imbarcazione, che sapete come si chiamava? Summer Love. Nome da villaggio turistico: Estate d'amore a cui però i migranti non sono mai arrivati, perché morirono d'inverno con l'affondamento del caicco, nella notte fra il 25 e il 26 febbraio 2023.
"So' migranti. Un mesetto tranquillo", si scrivono in chat fra Guardia di Finanza e Capitaneria. Un "mesetto tranquillo" perché se sono migranti non importa attivare i soccorsi. La risposta a quella frase virgolettata fu: "In realtà non si è visto nessuno ma è una barca tipica", cioè sono tutte così le barche dei disperati che ci provano, come dire: aspettiamo. Anche se poi il tenente colonnello specifica al maggiore che "sotto il flir è nero", dimostrando così che dal rilevamento a infrarossi era già ipotizzata la presenza di molte persone sotto coperta.
Un'imbarcazione malandata con a bordo dei migranti, questo lo avevano capito subito, prima della tragedia, e oggi si rimpallano le responsabilità del soccorso mancato, come dopo il naufragio si rimpallavano quelle su chi sarebbe dovuto partire per aiutare. E poi non partì nessuno.
"Eh, poi vediamo se… Come si evolve la situazione perché al momento non… Non abbiamo nessun genere di richiesta", si dicono in chat. Già, vediamo come si evolve. È evoluta così: 59 morti e un piccolo carico di sopravvissuti disperati.
A Cutro fu firmato il Decreto Cutro, ricordate? Tutti i Ministri riuniti dalla presidente del Consiglio nel paese calabro per firmare un decreto che tra le altre cose limitava la protezione speciale per le persone migranti. È necessario essere dei geni al contrario, per concepire qualcosa contro i sopravvissuti e decidere di firmarla proprio nel luogo dove i loro parenti hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere quel luogo.
È colpa di Giorgia Meloni e del suo Governo, ma non è soltanto responsabilità loro. Sarebbe più semplice l'individuazione di un colpevole unico, faciliterebbe le risposte. Ma le politiche del centrosinistra, negli anni in cui ha avuto responsabilità di Governo, sono state fallimentari. E gli accordi con la cosiddetta Guardia costiera libica, inaugurati dal Governo Gentiloni, ministro Minniti in carica, hanno forse rappresentato il punto più basso. Su quegli accordi la leader del PD Elly Schlein si è sempre espressa in modo contrario, ma va anche ricordato che sono stati quegli accordi ad aprire la collaborazione con i taglieggiatori libici, rappresentati fra gli altri da Bija, ucciso a Tripoli pochi giorni fa, già ricercato a livello internazionale e considerato il più grande trafficante di esseri umani al mondo. Si sapeva già nel 2017 chi fosse, quando poi un'inchiesta di Avvenire inchiodò il governo italiano alle sue responsabilità: aveva trattato con lui le fornitura italiane alla Libia.
La colpa non è del deserto, e non è del mare. Le responsabilità sono di chi non libera spazi, di chi li comprime. Le colpe sono di chi potendo fare molto, ad esempio aprendo corridoi umanitari, sceglie al contrario di soffiare sul fuoco della paura.
Sono le leggi e le persone, talune persone, a rendere il deserto e il mare luoghi di morte ciclica. In mare si muore provando a raggiungere l'Europa, e nel deserto si cade dai camion da vivi, e si viene abbandonati lì a morire. Oppure si viene violentate durante la notte, nelle fermate.
La colpa è nostra ogni volta che pensiamo "So' migranti", ogni volta che scrolliamo le spalle, ogni volta che la provenienza geografica è sufficiente per stabilire una scala di priorità nei salvataggi.
"So' migranti" mi fa paura perché tende all'abitudine, e l'abitudine alla noia, alla ripetitività della morte da cui non c'è fuga. Non c'è razzismo, non c'è cattiveria esplicita in quell'affermazione "So' migranti", e per questo mi fa ancora più paura, perché "So' migranti" siamo un po' anche tutti noi quando ritiriamo la mano, quando pensiamo che in fondo non è colpa nostra, e che qualcun altro dovrebbe pensarci.
Invece la campana suona per noi, ancora una volta, parafrasando il poeta John Donne.