Perché la data scelta per le elezioni non c’entra nulla con la pensione dei parlamentari
Le elezioni si terranno il 25 settembre, ma guarda caso il giorno prima i parlamentari matureranno il tempo necessario per ricevere la pensione. Da ieri sera – quando è arrivato l'annuncio dello scioglimento delle Camere ed è stata fissata la data delle prossime elezioni politiche – questa ricostruzione sembra confermare la teoria su peones e poltrone che alcuni portano avanti da inizio legislatura. Ma non è proprio così. I parlamentari, infatti, maturerebbero la pensione anche se si andasse a votare la settimana precedente o quella prima ancora. Ne avevamo parlato già nelle scorse settimane e, calendario alla mano, è finito tutto come previsto secondo il dettato costituzionale.
Dopo lo scioglimento delle Camere possono passare un massimo di settanta giorni prima della nuova votazione, ma di solito se ne aspettano almeno sessanta. Il 25 settembre è tra 65 giorni, infatti. C'è però un dettaglio da non sottovalutare: deputati e senatori in carica decadono solo al momento della prima riunione del nuovo Parlamento, che – sempre secondo la Costituzione – deve avvenire entro venti giorni. In questo caso avverrà perciò entro il 15 ottobre, ben oltre il 24 settembre (data in cui scattano i famosi quattro anni, sei mesi e un giorno). Perciò non ci sarebbe stata alcuna differenza se si fosse votato il 18 settembre, ad esempio.
La pensione da onorevole – che tra l'altro non è un vitalizio, come viene talvolta chiamata – scatta al compimento dei sessant'anni e riguarda chi ha portato a termine almeno una legislatura. Perciò, in questo caso, parliamo di 554 parlamentari su 945. Tutti gli altri, che sono almeno al secondo mandato, l'hanno già maturata da tempo. Insomma, le elezioni non sono state fissate il 25 settembre per salvare le pensioni dei parlamentari che le matureranno il 24.