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Perché il Parlamento è in crisi per l’ingorgo di decreti legge e cosa c’entra la campagna per le Europee

Il Parlamento è alle prese con un ingorgo di provvedimenti che ha pochi precedenti. Prima della pausa estiva, infatti, le Camere dovranno approvare in via definitiva ben sette decreti legge. Per scongiurare il rischio di tenere aperte le Camere anche a Ferragosto, il governo è pronto a ricorrere a una massiccia dose di voti di fiducia. Aumentando ancora il già poco invidiabile record di fiducie dell’esecutivo Meloni.
A cura di Marco Billeci
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60 e 15 è la coppia di numeri più popolare da giocare al momento sulla ruota del Parlamento. 60 come il numero delle fiducie imposte dal governo Meloni, sui provvedimenti al vaglio di Camera e Senato, dal momento del suo insediamento. Una cifra record, destinata ad aumentare ancora nei prossimi giorni, per chiudere in tempo i lavori parlamentari prima della pausa estiva. In modo da scongiurare l'incubo di deputati, senatori e chiunque si muova dentro i palazzi del potere: quello di dover rimanere a lavoro fino al 15 di agosto.

L'ipotesi delle aule aperte fino a Ferragosto è stata ventilata in un'intervista al Messaggero dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. In realtà, più che di una prospettiva realistica, si tratta di uno spauracchio agitato anche a uso interno, per spegnere i bollori delle tensioni interne alla maggioranza e sconsigliare possibili colpi di testa durante il percorso parlamentare dei provvedimenti in esame. È un fatto però che il Parlamento stia arrivando alla fine della stagione "agonistica" completamente intasato dall'intricata serie di provvedimenti da approvare.

Sette decreti legge da votare prima della pausa estiva

A preoccupare sono soprattutto i decreti legge, che devono essere convertiti in via definitiva dal Parlamento entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, pena la decadenza. Al momento ce ne sono ben sette, costretti a completare il loro percorso parlamentare prima della chiusura estiva delle Camere. A Montecitorio è attualmente in discussione il decreto legge sulle liste di attesa, poi si passerà a quelli su infrastrutture e sulle materie prime critiche. Al Senato, invece, dopo il dl su sport e scuola convertito oggi, ci sono quelli su carceri e protezione civile, oltre al cosiddetto Salva Casa. Alcuni di questi testi sono già alla  seconda e ultima lettura, ma altri dopo la prima approvazione dovranno fare un'ulteriore passaggio parlamentare. A questo si aggiungono i compiti consueti dei parlamentari, dai lavori delle Commissioni alle interrogazioni, etc… E altre votazioni che dovranno essere effettuate, come quella sul Rendiconto generale dello Stato. Insomma, un traffico davvero difficile da gestire.

Come si è arrivati a questo punto? Premesso che il periodo tra fine luglio e inizio agosto in Parlamento è tradizionalmente complesso, quest'anno ci si sono messe le elezioni europee a complicare il quadro. Durante l'ultimo mese di campagna elettorale, infatti, il governo ha sfornato una sovrabbondanza di provvedimenti, alcuni dei quali piazzati a ridosso del voto per chiari motivi di consenso, come il già citato decreto per la regolarizzazione dei piccoli abusi edilizi, caro al ministro Salvini. O il dl Agricoltura (da poco licenziato in via definitiva dalle Camere), fortemente voluto dal ministro Lollobrigida. O ancora il testo per la riduzione delle liste d'attesa delle visite mediche, messo su in fretta e furia e criticato da più parti.

Tutti i decreti varati poco prima del voto del 9 giugno adesso però sono vicini alla scadenza e dunque devono essere obbligatoriamente convertiti dal Parlamento, per non decadere. Come detto, poi, altri se ne sono aggiunti. In tutto questo va ricordato che, subito dopo le elezioni europee, la maggioranza ha voluto dare la precedenza alle votazioni su Autonomia differenziata e premierato, per portare avanti le due battaglie campali di Lega e FdI, ritardando ulteriormente i tempi di approdo in Aula delle altre leggi.

Il record di voti di fiducia del governo Meloni

Per venire a capo della matassa bisognerà ricorrere a diverse sedute notturne e soprattutto a una massiccia dose di voti di fiducia, quelli cioè che impediscono la discussione di possibili proposte di modifica sui testi di legge. Dei voti di fiducia hanno usato e abusato tutti gli ultimi governi che si sono succeduti. L'esecutivo Meloni però detiene un non invidiabile primato: quella di martedì 23 luglio sul decreto Sport e Scuola al Senato è la sessantesima fiducia chiesta dall'inizio della legislatura. Il sito Openpolis ha calcolato che, dal 2008 a oggi, il governo guidato dalla leader di FdI è quello con il  rapporto tra voti di fiducia e leggi approvate più alto, il 44,96 percento. Fanno circa 2,64 fiducie al mese (dato che aumenterà con l'infornata pre-estiva), terzo valore assoluto, dopo gli esecutivi Draghi e Monti. Questi ultimi però erano governi tecnici sostenuti da grandi coalizioni. Mentre Meloni guida una maggioranza politica, dunque teoricamente più forte e con meno necessità di blindare i provvedimenti per evitare agguati.

"C'è un problema politico, la maggioranza per un meccanismo di ricatti e veti reciproci è costretta a mettere un ingorgo di fiducie, che di fatto rende impossibile il lavoro parlamentare", dice a Fanpage.it il senatore del Pd Walter Verini. Mentre il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo – pur ammettendo che nei prossimi giorni, "servirà una grossa iniezione di fiducia" – prova a gettare acqua sul fuoco: "È una carta che tutti i governi in passato hanno giocato. Questo esecutivo ha sempre cercato di fare in modo dare lo spazio per gli emendamenti, almeno in prima lettura".

Ad ammettere però che il problema esista è stato però proprio uno degli uomini più vicini a Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa. Durante la cerimonia del ventaglio, La Russa ha ‘minacciato', un po' ironico e un po' no, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Ciriani: "Se continuate così faremo decadere un po’ di decreti”. Secondo La Russa, la colpa dell'eccesso di fiducie però non è ad addossare alla premier, ma ai ritardi con cui, nel corso dei lavori parlamentari, i ministeri depositano i propri emendamenti o i pareri su quelli dei gruppi. In ogni, caso il presidente del Senato ha spiegato di aver assicurato al capo dello Stato che si attiverà "per dare sempre meno spazio a metodologie che rendono meno importante il ruolo del Parlamento".

Intanto però, grazie alla prossima raffica di fiducie, in maggioranza tutti confidano di riuscire a smaltire il carico entro i primi dieci giorni di agosto. Al netto di incidenti, che però in queste fasi convulse sono sempre dietro l'angolo. Anche perché, spiegano fonti parlamentari a Fanpage.it, la fretta e i tempi stretti stanno rendendo difficile agli uffici tecnici realizzare una fase di istruttoria corretta, per diversi decreti in esame. E così le possibilità di sviste o errori nei testi si moltiplicano.

Il primo banco di prova per verificare il rispetto del cronoprogramma è il decreto Carceri, in queste ore in discussione in commissione Giustizia al Senato, con emendamenti non solo delle opposizioni, ma anche di Forza Italia, oltre a quelli presentati per correggere il testo da parte di governo e relatori. "Si tratta di un decreto vuoto, che non dà nessuna risposta ai drammatici problemi delle condizioni in carcere", spiega a Fanpage.it il senatore Verini. "Gli emendamenti di governo e relatori cercano maldestramente di coprire qualche lacuna – continua Verini -, ma noi abbiamo chiesto di ritirare il provvedimento".  Prosegue l'esponente democratico: "Noi siamo disponibili a lavorare con la maggioranza anche in agosto, per affrontare davvero l'emergenza carceri". C'è da scommettere, però, che alla fine il richiamo delle vacanze avrà la meglio sui diritti dei carcerati.

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