Perché il monitoraggio settimanale dell’Iss non cambierà le Regioni in zona rossa e arancione
La cabina di regia composta dal dipartimento della prevenzione del Ministero della Salute, diretto da Gianni Rezza, l'Istituto Superiore di Sanità, da Silvio Brusaferro, e dai membri designati dalla Conferenza delle Regioni (un rappresentante della Lombardia, uno della Campania e uno dell'Umbria), torna a riunirsi oggi. E i dati del monitoraggio delle Regioni sulla diffusione del coronavirus, con i numeri della pandemia aggiornati alla settimana dal 26 ottobre al 1 novembre, saranno comunicati entro domani. La conferenza stampa dell'Istituto superiore di sanità, inizialmente programmata per oggi, è infatti slittata di 24 ore.
Da oggi, in base all'ultimo dpcm, l'Italia è dunque divisa in tre: Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta e Calabria sono considerate a rischio massimo, e qui è scattato un lockdown light (zona rosa); Puglia e Sicilia sono a rischio alto (zona arancione); tutte le altre Regioni sono invece al momento a rischio moderato (zona gialla). Il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, intervenendo a Radio Cusano Campus, ha risposte alle lamentele di molti governatori di centrodestra, che si sentono penalizzati dalle chiusure, e che hanno accusato il governo di utilizzare dati vecchi di dieci giorni, quelli cioè aggiornati al 25 ottobre: "Dove c'è alto rischio è necessaria una chiusura temporanea che consenta in un paio di settimane di abbassare i numeri. Sono parametri numerici oggettivi, che non hanno nulla a che vedere con la politica, parlare di centrodestra e centrosinistra è una stupidaggine. Non vi è un colore politico, è come una diagnosi del territorio. Quello che è successo oggi ad una regione, tra due settimane potrebbe accadere ad un'altra regione con un altro colore politico, dipende da questo monitoraggio".
I dati illustrati ieri sono quelli che sono stati presi in considerazione dal ministero della Salute, che proprio due giorni fa ha emanato l'ordinanza con cui sostanzialmente sono state disposte misure più restrittive per l'area rossa e per l'area arancione. Nel provvedimento è specificato appunto che l'appartenenza di una determinata Regione a una specifica fascia di rischio dura 15 giorni. Però, come ha chiarito ieri lo stesso Rezza, il sistema non è rigido: "Una regione in rosso o arancione – ha spiegato – resta per un minimo di due settimane in questa fascia di rischio, poi può esserci una descalation, cioè scalare in basso. Così come nella prossima cabina di monitoraggio entro questa settimana, se si dovesse verificare che in altre regioni c'è un livello di livello di rischio maggiore, queste possono salire di grado. C'è anche una certa flessibilità del sistema. La possibilità per esempio di fare zone rosse all'interno di una regione non rossa c'è comunque". Rezza in sostanza ha voluto precisare che anche all'interno di Regioni moderate potrebbero essere disposte chiusure circoscritte, una sorta di ‘enclave' rossa.
C'è attesa dunque per il nuovo report aggiornato di Istituto superiore di sanità e ministero della Salute, riferito alla settimana dal 26 ottobre al 1 novembre. Fonti del ministero della Salute, contattate da Fanpage.it, hanno però fatto sapere che nulla dovrebbe cambiare nell'immediato, e che non sono attese nuove ordinanze del ministro della Salute Speranza, per aggiornare l'attuale suddivisione dell'Italia in tre aree: le Regioni dovrebbero rimanere insomma nella collocazione in cui si trovano, soprattutto quelle "rosse". A meno che un'improvvisa accelerazione dei contagi nei prossimi giorni non renda necessario un altro intervento del governo per stabilire nuove chiusure. Nelle scorse ore si era parlato di eventuali ‘spostamenti' delle Regioni che attualmente si trovano in fascia gialla, come Campania, Liguria e Veneto, in una zona di rischio più elevato. Ma il monitoraggio settimanale della diffusione del Covid-19 non dovrebbe allungare l'elenco delle chiusure.
La divisione delle regioni in tre diverse aree di rischio è basata su parametri che valutano 21 fattori, che comprendono la capacità diagnostica sul territorio, i posti letto in ospedale, la disponibilità delle terapie intensive, oltre ovviamente all'Rt, e al numero di contagi. Fondamentale è dunque capire la capacità di risposta alla pandemia di ogni Regione. L'orientamento del governo è insomma quello di aspettare due settimane prima di tirare le somme, per valutare gli effetti del meccanismo automatico di valutazione del rischio di ogni Regione, con il quale si cercherà di evitare un lockdown generalizzato.