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Perché il milione di occupati in più non è merito di Meloni e i giovani non hanno niente da festeggiare

Giorgia Meloni ha detto che il governo “ha raggiunto in due anni e mezzo” il “traguardo” del milione di posti di lavoro creati. La realtà è più complicata: è vero che ci sono un milione di occupati in più rispetto a fine 2022, ma il loro aumento è partito ben prima dell’attuale governo. In più, l’occupazione giovanile procede a rilento, e i salari restano bassi.
A cura di Luca Pons
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"Abbiamo giurato al Quirinale il 22 ottobre del 2022 e da quel giorno in Italia è stato creato un milione di posti di lavoro in più. Ci tengo a ricordarlo, perché penso che Silvio Berlusconi – che del milione di posti di lavoro in più creati in una legislatura aveva fatto una battaglia prioritaria – sarebbe fiero di sapere che il governo che ha contribuito a far nascere ha raggiunto quel traguardo in appena due anni e mezzo". Parole di Giorgia Meloni, pronunciate domenica nel suo messaggio al congresso della Lega.

Ancora una volta la presidente del Consiglio ha rivendicato l'aumento dell'occupazione come un successo del suo esecutivo. In passato, ha usato questo dato anche come ‘scudo' per giustificare l'aumento della pressione fiscale, sbagliando. In realtà però l'incremento è partito da ben prima che il governo Meloni entrasse in carica, e ci sono una serie di punti (come l'occupazione giovanile e femminile, il rischio di povertà, la crescita del Pil) su cui i dati danno un'immagine un po' meno trionfalistica di quella rivendicata dalla premier.

Il boom dell'occupazione non è partito con il governo Meloni

Il primo punto è anche quello che la presidente del Consiglio, così come gli altri esponenti del governo che si vantano per l'aumento dell'occupazione, sembrano ignorare con più decisione: la crescita dell'occupazione è iniziata dopo la pandemia da Covid-19, già dall'inizio del 2021, ben prima che il governo Meloni giurasse al Quirinale. Nei primi mesi del 2022 il numero di occupati era già tornato alla pari con quello pre-Covid, e prima delle elezioni lo aveva già superato.

Fonte: Istat
Fonte: Istat

La presidente del Consiglio domenica non ha detto che il governo ha "invertito la rotta", come avevano fatto altri esponenti del suo esecutivo in passato, ma ha comunque attribuito al suo esecutivo il merito di aver "creato" un milione di posti di lavoro. È vero che ci sono un milione di occupati in più rispetto a ottobre 2022, ma come detto è difficile pensare che sia merito (solo, o principalmente) delle politiche del governo, visto che la crescita era già ben avviata.

In generale, spesso l'andamento dell'occupazione viene rivendicato dai governi in carica ma è legato anche a fattori che non hanno niente a che fare con un esecutivo o l'altro. Dopo la crisi del 2008 in Italia è iniziato un calo degli occupati che è proseguito fino al 2014, quando poi c'è stata una decisa risalita durata fino al 2020, che era arrivata a superare il numero di occupati del 2008 prima che la pandemia colpisse. Dopo il Covid, la crescita è stata anche più rapida e ha riguardato non solo l'Italia, ma numerosi Paesi europei. Un discorso simile vale per il tasso di disoccupazione, che è diminuito costantemente dalla prima metà del 2021 in avanti.

Fonte: Istat
Fonte: Istat

Il problema dell'occupazione giovanile

Un altro aspetto emerso dagli ultimi dati di Istat sull'occupazione è che l'aumento dell'occupazione non riguarda proprio tutte le categorie di italiani. Nell'ultimo anno, il tasso di occupazione tra i 25 e i 34 anni è rimasto fermo e anzi, è sceso leggermente (dello 0,3%) mentre quello degli over 50 aumentava del 2,6%.

Rispetto a due anni fa, il tasso di occupazione dei 15-24enni è rimasto invariato. Facendo un confronto con novembre 2022, come ha fatto Meloni, l'occupazione dei 25-34enni è crescita di appena 1,5 punti percentuali. Nei dodici mesi precedenti (da novembre 2021) era salita di 2,5 punti. Per gli over 35, e soprattutto per chi ha più di cinquant'anni, c'è stata invece un'accelerata da quando il governo Meloni è in carica. Da novembre 2022 a oggi, l'incremento dell'occupazione per gli ultracinquantenni è stato del 4,7%.

Come detto, l'andamento dell'occupazione non ha necessariamente a che fare con una politica specifica del governo. Ma resta il fatto che l'occupazione giovanile procede a rilento: un aspetto critico su cui il governo sembra poco intenzionato a concentrarsi.

Il lavoro povero

Infine, c'è la questione del lavoro povero. L'Istat ha certificato a inizio aprile che il numero di persone a rischio di povertà non è sceso tra il 2023 e il 2024 . E anzi, la popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale l'anno scorso è aumentata al 23,1% (+0,3%). L'aumento è legato soprattutto al fatto che ci sono più persone "che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro", ha detto l'Istituto.

L'occupazione è aumentata, ma nel 2023 la percentuale di lavoratori a basso reddito era rimasta la stessa (21%) del 2022, dopo essere schizzata in alto con la pandemia e poi leggermente calata. Nel 2024, un lavoratore su dieci – il 10,3% – era a rischio di povertà lavorativa, cioè aveva lavorato per più di sei mesi ma la sua famiglia era comunque a rischio povertà. La percentuale era aumentata rispetto al 2023 (9,9%).

Questo ha che fare anche con il fatto che, come indica lo stesso rapporto, nel 2023 il reddito reale (cioè tenendo conto dell'aumento dei prezzi) delle famiglie è sceso in media: -1,6%. A causa dell'inflazione, quindi, le famiglie si sono ritrovate di fatto con un reddito più basso, nonostante la crescita dei posti di lavoro.

Non è necessariamente vero, come sostengono alcuni esponenti dell'opposizione, che in Italia sia aumentato il lavoro precario, dato che la maggior parte dei nuovi posti di lavoro sono contratti a tempo indeterminato. Ma resta il fatto che i lavoratori a rischio povertà sono aumentati e che il reddito reale è sceso. In più, negli ultimi due anni l'occupazione è cresciuta decisamente più in fretta del Pil: un dato complesso da interpretare, che potrebbe testimoniare la diffusione del lavoro povero, oppure la scarsa produttività delle aziende in Italia, o ancora potrebbe essere il risultato di una sottostima del Pil (cosa avvenuta in passato). Anche su questo, comunque, il governo per il momento ha deciso di non concentrarsi, almeno a parole.

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