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Elezioni regionali 2024

Perché il M5S è crollato in Liguria e quali sono le responsabilità di Giuseppe Conte

Dopo il risultato in Liguria, in vista delle Regionali in Umbria ed Emilia-Romagna, Elly Schlein dovrà chiedersi se davvero ha senso continuare a considerare Giuseppe Conte un alleato affidabile: lo scontro tra il leader del Movimento e Beppe Grillo non solo ha dimezzato i voti del M5s, ma ha contribuito in modo determinante alla sconfitta di Orlando in Liguria.
A cura di Annalisa Cangemi
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Subito dopo la vittoria il neo eletto governatore della Liguria Marco Bucci ha utilizzato un'immagine molto colorita per dare addosso agli avversari: "Fossi in Orlando, prenderei tutti i miei amici e gli farei un mazzo così". Perché è innegabile che sulla sconfitta della coalizione di centrosinistra abbiano pesato le vicende del M5s, e le tensioni tra Grillo e Conte delle ultime settimane, sfociate nella rottura definitiva, dopo l'annuncio da parte del presidente pentastallato dello stop del rinnovo del contratto di consulenza da 300mila euro all'ex comico. Diversi analisti hanno parlato di "crollo" del M5s in Liguria, ma è stato qualcosa di più. Quello che è successo tra Grillo e Conte negli ultimi giorni sembra più un'azione studiata di autolesionismo.

Il Pd è primo partito in Regione, e può certo rallegrarsi per il 28,4%, un dato in crescita rispetto alle europee, quando aveva preso il 26,3%. Sicuramente c'è stato un effetto trascinamento di Orlando, visto che alla percentuale di consensi a livello regionale del Pd va aggiunto anche il 7% circa delle sue liste civiche, un'area che raccoglie oltre il 35% dei voti, praticamente un terzo del consenso degli elettori. A Genova città addirittura il Pd arriva al 29,71%, a cui si aggiunge poco più dell'8% delle civiche di Orlando, per un consenso complessivo di circa il 38%.

Ma come ha ammesso la stessa segretaria Schlein, questi voti da soli non bastano, "scontiamo anche le difficoltà degli altri". La leader dem le definisce "difficoltà", ma è un eufemismo. Perché di certo il M5s, che porta a casa solo il 4,6%, ha dimezzato i propri voti rispetto alle elezioni europee di giugno (10,2%). Un dato che ovviamente non è spiegabile solo con la scarsa affluenza, al 46%.

Giuseppe Conte subito dopo il voto ha rivendicato la scelta di mettere un veto sull'ingresso di Renzi e Italia viva nel cosiddetto campo largo, perché, è il ragionamento, non si può fare solo una questione di numeri: "Lascino da parte le calcolatrici: ipotizzare fantasiose alleanze con Renzi e i suoi epigoni avrebbe solo fatto perdere ancor più voti al M5s e quindi alla coalizione". Certo l'assemblea costituente, il progetto di rilancio che Conte ha messo in campo, si svolgerà solo a fine novembre, e il percorso è ancora in itinere. Ma le ultime mosse dell'ex premier sembravano tutte studiate per affossare il centrosinistra, più che per contribuire al suo successo, a partire proprio da quel no ai renziani, fino alle dichiarazioni nel libro di Vespa in uscita a fine mese (‘Hitler e Mussolini. L'idillio fatale che sconvolse il mondo'). Affermare, alla vigilia del voto in Liguria, che "Beppe Grillo è responsabile di una controcomunicazione", non ha fatto altro che disorientare l'elettorato grillino, che alla fine le urne le ha disertate.

La decisione di tagliare ufficialmente il contratto da 300mila euro all'anno al Garante, poco prima delle elezioni nella Regione in cui Grillo è di casa, non è stata ovviamente senza conseguenze, e l'ex comico non è stato a guardare. Il fondatore del Movimento non solo ha fatto sapere di non essersi recato al seggio, ma il giorno prima del voto, in un video, ha contestato apertamente la candidatura di Orlando, non esitando a definirla "catapultata dall'alto": "Queste elezioni che stanno avvenendo in Liguria e in Emilia-Romagna, ma i candidati che appoggiano questo movimento progressista di sinistra… Così, ma chi li ha votati? C’è stata una votazione dal basso? Questa sarebbe la democrazia dal basso? No, sono stati catapultati dall’alto, messi lì, i soliti giochi della vecchia politica". Un attacco durissimo, che non poteva non avere ripercussioni sul voto in Liguria.

La domanda ora sorge spontanea: da che parte sta Conte? Dalla parte del campo progressista, o dalla parte di sé stesso? Rema nella stessa direzione degli alleati, in chiave anti-Meloni, o cerca piuttosto di erodere il consenso del Pd? E la domanda se la dovrà porre il Pd, anche in vista delle prossime elezioni in Umbria ed Emilia Romagna, che si terranno tra 20 giorni, il 17 e 18 novembre: Schlein deve domandarsi se Conte sia davvero un compagno di strada affidabile, al netto delle divisioni interne e del processo di rinnovamento (o di evaporazione per citare Grillo) che ha iniziato. E deve chiedersi se davvero sia utile rinunciare a quel 2% di Italia viva, per non spostare gli equilibri del partito troppo al centro. Il tema delle alleanze è il vero nodo da sciogliere in questo autunno elettorale.

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Giornalista professionista dal 2014, a Fanpage.it mi occupo soprattutto di politica e dintorni. Sicula doc, ho lasciato Palermo per studiare a Roma. Poi la Capitale mi ha fagocitata. Dopo una laurea in Lettere Moderne e in Editoria e giornalismo ho frequentato il master in giornalismo dell'Università Lumsa. I primi articoli li ho scritti per la rivista della casa editrice 'il Palindromo'. Ho fatto stage a Repubblica.it e alla cronaca nazionale del TG3. Ho vinto il primo premio al concorso giornalistico nazionale 'Ilaria Rambaldi' con l'inchiesta 'Viaggio nell'isola dei petrolchimici', un lavoro sugli impianti industriali siciliani situati in zone ad alto rischio sismico, pubblicato da RE Le Inchieste di Repubblica.it. Come videomaker ho lavorato a La7, nel programma televisivo Tagadà.
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