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Perché il governo non riuscirà a rispettare le promesse economiche fatte in campagna elettorale

Il viceministro all’Economia Leo frena su tutte le altre misure economiche e sottolinea che lo sforzo del governo in manovra sarà concentrato quasi solo sul caro bollette.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Flat tax, addio legge Fornero, taglio del cuneo fiscale, abolizione del reddito di cittadinanza. Sono solo alcune delle misure economiche che il centrodestra ha promesso nella breve campagna elettorale estiva, e che sarebbero dovute confluire naturalmente nella prima legge di Bilancio targata Meloni. Ma c'è un problema, in verità molto semplice: non ci sono i soldi. "Come priorità abbiamo il caro bollette, stiamo concentrando tutta l'attenzione su quello – ha spiegato Maurizio Leo, viceministro all'Economia ed esponente di Fratelli d'Italia – Vediamo cosa succede a livello europeo, in aggiunta alle risorse che abbiamo reperito. Avete visto l'aggiornamento alla Nadef che prevede 9 miliardi e mezzo per il 2022, 21 per il 2023 con la legge di Bilancio. Vediamo se avremo un aiuto anche dall'Europa con i fondi strutturali non utilizzati".

Insomma, il viceministro ha confermato la linea Meloni: tutti i soldi vanno sul caro bollette, il resto è quantomeno rinviato. "Sugli extraprofitti la norma precedente era costruita sui flussi Iva, che non fotografano precisamente l'extraprofitto – ha aggiunto Leo – C'è un regolamento dell'Ue che dice di lavorare sull'utile, perciò dobbiamo costruire una nuova base imponibile che possa cogliere nel segno".

Quanto alle riforme strutturali, come le pensioni, si va verso un sostanziale rinvio. Sul reddito di cittadinanza non ci sarà nessuna abolizione: "Se ne stanno occupando i colleghi del Lavoro – ha detto Leo – Se, attraverso una serie di controlli, si riesce a recuperare un miliardo, questo verrà messo sempre a beneficio del caro bollette". Quanto allo strumento in sé, "la nostra strategia politica è quella di separare i casi di chi può lavorare e chi non può lavorare, ma in questa fase interveniamo con meccanismi di controllo che servono a generare un miliardo da mettere in legge di Bilancio".

"L'incremento della flat tax da 65mila a 85mila euro non dovrebbe costare cifre elevate – ha anche sottolineato il viceministro all'Economia – È anche condivisa a livello europeo. La flat tax incrementale invece incentiva la crescita. Sono interventi che possono andare nella direzione di abbassare il carico fiscale". E, tradotto, costano pure molto poco. Soprattutto perché non sono minimamente simili alle proposte fatte in campagna elettorale, quando la Lega parlava di allargare la tassa piatta pure ai dipendenti e ampliarla fino a 100mila euro.

"Sul pos abbiamo sempre intenzione di fare controlli, agevolare le misure di contrasto al contante – ha detto infine il viceministro Leo – ma al tempo stesso abbiamo visto che il tetto dei 5mila o 10mila euro c'è anche negli altri Paesi europei". Non è molto chiaro, però, cosa succederà alle multe per i negozianti che non accettano pagamenti digitali.

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