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Perché il governo Meloni vuole riaprire le miniere, e che problemi ci sono nel farlo

Il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha detto che il governo entro la fine dell’anno preparerà le norme per rendere più semplice aprire una miniera in Italia. Nel mirino ci sono soprattutto le “materie critiche”, necessarie per la transizione ecologica e per molte delle nuove tecnologie. Ma l’impatto ambientale di una miniera, al momento, non si può evitare.
A cura di Luca Pons
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L'Europa e l'Italia hanno un "rischio elevato di approvvigionamento delle materie prime critiche, cioè quelle non energetiche e non agricole", e per questo il governo Meloni intende "riaprire le miniere, e magari aprirne altre ancora". Lo ha detto Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, intervenendo oggi in audizione al Senato. Il sottosuolo italiano ha "16 su 34 delle materie prime critiche indicate dall'Ue", e che oggi in larga parte vengono importate dalla Cina, ha aggiunto il ministro.

"Meglio aprire una miniera di cobalto in Italia che in Congo"

Si parla di materiali che in molti casi sono fondamentali per la fabbricazione di oggetti tecnologici come i microchip, ma anche le batterie elettriche e i pannelli solari, e che quindi giocano un ruolo importante anche nella transizione ecologica. Urso ha fatto l'esempio del cobalto, che per la maggior parte viene estratto nella Repubblica democratica del Congo "sotto la minaccia dei mitra dei mercenari", senza tutelare i lavoratori e l'ambiente, e poi viene "spedito in Cina", dove viene raffinato. Alla fine "ritorna in Italia", con un costo aumentato e un maggiore impatto sull'ambiente. Oltre che con un vantaggio economico e politico per la Cina. "È meglio fare una miniera di cobalto in Italia che farla in Congo", perché è "più rispettoso degli standard sociali e ambientali".

Oggi l'Unione europea, ha detto il ministro, "dipende quasi esclusivamente dalle importazioni" e acquista "il 97% dalla Cina: le terre rare pesanti sono raffinate esclusivamente in Cina, il 63% del cobalto mondiale è estratto in Congo e il 60% è raffinato in Cina". Il fabbisogno di questi materiali  "è destinato ad aumentare i modo esponenziale". E non basterà lavorare sull'economia circolare, anche se l'Italia è già avanti nel riciclaggio: "Noi siamo bravi a riciclare ma la sostituzione e efficienza dei materiali possono attenuare domanda, possono attenuare il problema ma non risolverlo". Anche il senatore del Pd Andrea Martella, presente all'audizione, ha detto che l'Italia con tutta probabilità dovrà "ripartire con l'industria estrattiva" perché "le tecnologie sono cambiate".

Il governo, ha detto Urso, ha già proceduto con una "mappatura" delle materie prime nel sottosuolo italiano. Molte "si trovano in miniere chiuse dalla crisi di 30 anni fa, per l'impatto ma anche perché non c'erano margini di guadagno". Ora, le tappe sono delineate: "Verosimilmente entro la fine di quest'anno si concluderà il percorso legislativo in Europa sulle materie prime critiche", e a quel punto "noi avremo compiuto un nostro percorso di riforma legislativa, per consentire a chi vuole operare in Italia di farlo in un contesto di certezza".

Insomma, le norme per riaprire le miniere saranno pronte entro fine anno. Da quel momento, le grandi aziende potranno presentare i loro progetti e ci sarà un limite massimo di due anni per approvare i progetti di estrazione. "Abbiamo un obiettivo che la Commissione ci pone e che noi condividiamo, che è quello di raggiungere almeno il 10% di materie prime critiche estratte nel nostro continente al 2030", ha concluso Urso.

Oggi è impossibile estrarre minerali in modo sostenibile

L'aumento della produzione di terre rare, anche per spingere le innovazioni della transizione digitale, è uno dei punti su cui l'Europa ha deciso di puntare (anche se non tutti i 34 elementi citati da Urso sono propriamente "terre rare"). Il tema, però, è delicato. L'apertura di una miniera può avere un forte impatto su un territorio, dal punto di vista economico e ambientale. In alcuni casi, con l'utilizzo di grandi quantità di acqua che possono essere disperse nell'ambiente, non si esclude che l'esistenza di una miniera possa inquinare le acque circostanti. Così si generano i timori anche per la salute di chi abita nelle vicinanze.

Quando a gennaio la Svezia ha scoperto un enorme giacimento, il professore di chimica fisica applicata Maurizio Masi ha spiegato a Fanpage.it che un sito di estrazione "ha un fortissimo impatto visivo" ed è "un processo che lascia il segno nell'ambiente circostante". Insomma, al momento un processo di estrazione sostenibile non esiste.

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