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Elezioni regionali 2024

Perché il governo Meloni sta litigando sulle elezioni regionali del 2024 e cosa può succedere

Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia si stanno scontrando sui presidenti delle Regioni che andranno al voto nel 2024, soprattutto Sardegna, Abruzzo e Basilicata. Ricandidare gli uscenti, o proporre volti nuovi (e di un partito diverso)? In gioco ci sono anche i rapporti di forza nella coalizione.
A cura di Luca Pons
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Nel 2024, l'appuntamento elettorale più importante per il governo Meloni sarà quello delle europee, che si terranno a giugno. Ma l'anno prossimo si voterà anche in cinque Regioni: Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria, tutte a guida centrodestra. Alcune di queste voteranno già nei primi mesi dell'anno (Sardegna, Basilicata e Abruzzo), e la maggioranza deve decidere se ricandidare i presidenti uscenti o presentarne di nuovi. Su questo stanno nascendo tensioni e scontri neanche troppo sotterranei.

A dare il via alle tensioni in un certo senso è stata un'elezione già passata e già vinta dal centrodestra: quella in Trentino. A ottobre nella provincia autonoma di Trento ha vinto Maurizio Fugatti, uscente e candidato della Lega. Poi però il presidente non ha nominato come sua vice Francesca Gerosa, di Fratelli d'Italia, nonostante questo fosse l'accordo interno alla maggioranza. Infatti FdI ha deciso, in polemica, di uscire completamente dalla giunta di Fugatti, anche se continuerà a dare un appoggio esterno in Consiglio regionale.

Saltato un accordo, se ne potrebbero mettere in discussione anche altri. Mentre in Piemonte Cirio (FI) sembra tranquillo della riconferma, e l'Umbria svolgerà le elezioni solo a fine 2024, tra febbraio e marzo si voterà: in Sardegna, dove il presidente Christian Solinas, del Partito sardo d'Azione sostenuto dalla Lega (e dove il centrosinistra candiderà la M5s Alessandra Todde); in Basilicata, guidata da Vito Bardi, di Forza Italia; e in Abruzzo, dove c'è Marco Marsilio di FdI.

I presidenti di Lega e FI saranno ricandidati, o Fratelli d'Italia cercherà di far valere il suo peso nella coalizione nominando più presidenti di Regione? Su Solinas, in particolare, ci sarebbe uno scetticismo dei meloniani. Se saltasse il candidato leghista in Sardegna però, in Basilicata potrebbe essere la Lega a chiedere di non ricandidare Bardi, per fare spazio a un nome come quello dell'ex senatore del Carroccio (e commissario regionale) Pasquale Pepe. Anche se lo stesso Bardi ha detto di essere "fiducioso" che correrà per un secondo mandato: "Spero proprio che si possano archiviare tutte le polemiche e correre tutti uniti per vincere".

Il vicesegretario della Lega Andrea Crippa ha dettato chiaramente i termini: "Non accettiamo veti, altrimenti si rimette in discussione tutto. Non credo che per il centrodestra rallentare i tempi o mettere in discussione o porre veti sui candidati sia un buon servizio nei confronti della coalizione". Dato che "i tre uscenti hanno lavorato bene, bisognerebbe ricandidarli". Se però "Fratelli d’Italia la pensa in maniera diversa, deve argomentare il pensiero su Solinas. Non capisco perché si strappi in Sardegna però si vuole la riconferma in Abruzzo e in Basilicata".

Ha risposto a distanza Fabio Rampelli, deputato di FdI: "La regola non può essere la spartizione dei candidati tra i partiti del centrodestra, è indispensabile un'analisi dei cinque anni di operato della giunta regionale. Laddove si è fatto bene, si valuta la possibilità di una conferma; laddove invece c'è qualche motivo di delusione, si valutano eventuali cambiamenti. Mi pare che Fratelli d'Italia abbia soltanto la Regione Abruzzo in questa tornata elettorale, ed è il primo partito della coalizione…".

Insomma, l'aria non è serena e sembra ci sia bisogno di qualche chiarimento nella maggioranza. Il rischio è che le divisioni interne mettano in difficoltà le campagne elettorali, che normalmente vedrebbero il centrodestra favorito. È possibile che già questa settimana i tre leader, Meloni, Tajani e Salvini si riuniranno per appianare le differenze e trovare un compromesso.

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