Perché il governo Meloni sta litigando con il gruppo automobilistico Stellantis
È scontro aperto tra il governo di Giorgia Meloni e il gruppo automobilistico Stellantis, nato dalla fusione di Peugeot-Citroën e Fiat-Chrysler. Le tensioni sono scoppiate quando la multinazionale ha annunciato di voler ridurre la produzione in Italia per spostare alcuni stabilimenti all'estero: l'amministratore delegato del gruppo, Carlos Tavares, ha spiegato che questa decisione è legata anche alla mancanza di incentivi statali al settore dell'automotive, soprattuto per quanto riguarda la transizione verso l'elettrico. La presidente del Consiglio, da parte sua, ha definito "bizzarre" queste parole, sottolineando che "gli incentivi non si fanno per un'azienda sola" e che il governo è aperto a rafforzarli per chi produce in Italia.
Cos'è il gruppo Stellantis e cosa c'entra la partecipazione francese nel cda
Le critiche del governo, però, riguardano anche un altro aspetto, cioè la predominanza francese nella partecipazione societaria, che renderebbe marginali gli interessi italiani. Il gruppo Stellantis è nato nel 2021 con la fusione di PSA (più nota come Peugeot Citroën) e FCA, cioè il gruppo italoamericano creato a sua volta con la fusione di Fiat e Chrysler. Mentre il governo francese può contare su una presenza nel consiglio di amministrazione, attraverso la partecipazione della società statale Bpifrance, quello italiano non ha alcuna rappresentanza. "Se Tavares o altri ritengono che l’Italia debba fare come la Francia e aumentare il proprio capitale sociale all’interno dell’azionariato di Stellantis ce lo chiedano. Se vogliono una partecipazione attiva possiamo sempre discuterne", ha commentato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.
Il calo di produzione in Italia
Negli ultimi anni Stellantis ha ridotto sensibilmente il numero di auto prodotte negli stabilimenti italiani e adesso ha annunciato che prolungherà ulteriormente la cassa integrazione per oltre duemila lavoratori dello stabilimento torinese di Mirafiori. Una situazione che va già avanti da oltre un mese e conferma la volontà del gruppo di investire sempre meno in Italia.
Cosa sta succedendo allo stabilimento di Mirafiori
Torino è la città simbolo della Fiat, ma negli anni il numero di auto prodotte nello stabilimento di Mirafiori è crollato: se tra gli anni Sessanta e Settanta qui venivano assemblati circa un milione di veicoli, nel 2o23 ne sono stati prodotti poco meno di 86mila. Il calo è stato progressivo negli anni e si è sommato anche a un calo del personale: i dipendenti che sono andati in pensione, infatti, non sono mai stati sostituiti e anzi, l'azienda ha messo sul tavolo anche diversi incentivi per le uscite volontarie. La situazione è particolarmente critica anche nello stabilimento di Pomigliano.
Le critiche di Giorgia Meloni all'ad di Stellantis
Insomma, la direzione per il principale stabilimento in Itali è chiaro, ma il suo futuro ha iniziato a essere discusso in maniera preponderante da quando Meloni è intervenuta sulla questione, rispondendo a una domanda del deputato di Azione Matteo Richetti durante il question time dello scorso 24 gennaio. Sulla questione degli interessi francesi messi davanti a quelli italiani Meloni ha detto: "Occorre avere il coraggio di criticare alcune scelte fatte dal managment aziendale, distanti dagli interessi italiani. Penso allo spostamento della sede fiscale fuori dai confini nazionali, alla presunta fusione tra FCA-PSA che celava in realtà un’acquisizione francese dello storico gruppo italiano, tanto che oggi nel cda di Stellantis siede un rappresentante del governo francese e non è un caso se le scelte industriali del gruppo prendono in considerazione molto più le istanze francesi rispetto a quelle italiane".
Per poi aggiungere: "Se si vuole vendere un’auto sul mercato internazionale pubblicizzandola come un gioiello italiano, allora quell’auto deve essere prodotta in Italia".
La risposta di Carlos Tavares: "Mancano incentivi all'elettrico"
Tavares, da parte sua, ha risposto attraverso un'intervista a Bloomberg, accusando il governo di non sostenere con sussidi e incentivi l'acquisto di auto elettriche, verso cui si sta orientando la produzione, ma che rimangono (al momento) nettamente più care di quelle a gasolio o benzina: "Tutto questo è un capro espiatorio per cercare di evitare di assumersi la responsabilità del fatto che, se non si danno sussidi per l’acquisto di auto elettriche, si mettono a rischio gli impianti italiani".
Secondo il governo, però, l'Italia avrebbe già teso più volte la mano a Stellantis, aiutandola sul mercato europeo in particolare con la modifica dei limiti sulle emissioni nel regolamento Euro 7. Meloni ha poi aggiunto, appunto: "Penso che l'ad di una grande società sappia che gli incentivi non possono essere rivolti a una azienda nello specifico, e penso che si sappia anche che noi abbiamo appena investito un miliardo sugli eco incentivi".