Perché il governo Meloni ha dovuto mandare a Bruxelles delle correzioni tecniche per il Pnrr
Il governo Meloni ha chiesto alla Commissione europea di cambiare alcuni punti del Piano nazionale di ripresa o resilienza, o Pnrr, il piano da 194 miliardi di euro di fondi europei che l'Italia ha sottoscritto. Lo ha fatto sapere ieri il ministro per gli Affari europei e il Pnrr Raffaele Fitto, che ha parlato di "una richiesta di revisione esclusivamente diretta alla correzione di alcuni elementi tecnici".
Non si parla quindi di modifiche ampie per cambiare i progetti che vengono finanziati, come avvenuto l'anno scorso, ma di correzioni tecniche. Interventi che derivano dalle "interlocuzioni svolte nel quadro della continua e proficua collaborazione tra il governo italiano e la Commissione europea", ha aggiunto Fitto. Mettere in atto le correzioni "consentirà la corretta attuazione del Pnrr così come modificato lo scorso dicembre".
La portavoce della Commissione Veerle Nuyts lo ha chiarito a sua volta: non ci saranno altre modifiche alle scadenze o alla distribuzione dei fondi. "Alcuni esempi di queste modifiche tecniche: ci sono errori amministrativi, e anche modifiche per chiarire la formulazione di alcuni obiettivi chiave, o modifiche per garantire la coerenza tra le decisioni del Consiglio che ha approvato il piano". Sostanzialmente, quindi, sono delle correzioni necessarie perché c'erano degli "errori materiali" nella scrittura del Pnrr.
Alla fine dell'anno scorso il governo ha fissato i paletti delle modifiche più importanti che voleva apportare al Piano. È stato un processo "non privo di controversie", ma che ha fatto sì che adesso "il Pnrr sia diventato il piano dell'attuale governo, e non più una sorta di eredità più o meno subìta da un governo precedente", come ha commentato il commissario europeo all'Economia, Paolo Gentiloni.
Quando però si è trattato di mettere nero su bianco queste decisioni sono rimaste una serie di imprecisioni. Scorrettezze, affermazioni che non quadravano sul piano tecnico, ma anche disattenzioni più banali, come degli errori di stampa, oppure l'uso di parole diverse per indicare la stessa cosa. Tutti aspetti che possono sembrare superficiali, ma che quando si parla di un Piano da centinaia di miliardi di euro devono essere corretti, per evitare possibili fraintendimenti in futuro.
Questo, quindi, è lo scopo della richiesta inviata ieri. Proprio perché si tratta di documenti così importanti, e perché le modifiche tecniche possono avere effetti pesanti se non vengono valutate attentamente, la risposta della Commissione europea non arriverà a brevissimo: i portavoce si sono limitati ad assicurare che ci dovrebbero volere meno di due mesi.