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Opinioni

Il dibattito sullo Ius Scholae o Ius Culturae è solo una gigantesca perdita di tempo

Il dibattito sulla riforma della cittadinanza è stato un mero esercizio di politichese e retorica: la sostanza è che non avremo lo Ius Scholae (figurarsi lo Ius Soli) e non possiamo neanche prendercela col governo Meloni.
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Da settimane il dibattito politico italiano è monopolizzato dalla questione Ius scholae/culturae o, più in generale, dalle riflessioni sulla possibilità di cambiare la legge sulla cittadinanza. Come vi abbiamo raccontato anche noi, il “merito” di aver riportato il tema in agenda è principalmente del ministro degli Esteri Antonio Tajani, il quale ha dimostrato ancora una volta di essere intenzionato a rimarcare una certa differenza ideologico/programmatica con la Lega e in particolare con Matteo Salvini. È questo evidentemente un fatto di grande rilevanza per la politica, perché mostra come la funzione di Forza Italia all’interno del governo sia più centrale di quanto si possa pensare, per le interlocuzioni col PPE e per l’idea che in Europa si sono fatti del progetto leghista targato Salvini-Vannacci.

La riforma della legge sulla cittadinanza, dicevamo. I mesi estivi ci lasciano in eredità un migliaio di dichiarazioni, un centinaio di interviste, una decina di video indignati e un po’ di smarrimento nei giornali della destra di governo, che ancora devono capire quale sarà il cavallo vincente da appoggiare. Quanto a proposte di legge, ipotesi di modifica o piani di lavoro specifici, invece, il nulla o quasi. Restano le vecchie proposte dell'opposizione e un emendamento appena presentato da Azione (cui probabilmente si aggiungerà il Pd nei prossimi giorni). Dalla maggioranza nulla, non ci sono neanche incontri in programma o tavoli di discussione aperti, se non un generico “ne parleremo in Cdm” di Tajani e dei ministri forzisti. Insomma, senza girarci intorno, tutto lascia pensare che non se ne farà nulla e che ci si rifugerà in corner, ovvero nel grande classico della “materia parlamentare” su cui il governo non intende intervenire per rispettare le prerogative di Camera e Senato.

Del resto, sarebbe bislacco biasimare l'attuale maggioranza di non voler fare abbastanza per facilitare il percorso di ottenimento della cittadinanza italiana. Meloni e Salvini sono sempre stati contrari a norme di questo tipo, mentre, tanto per rimanere sullo Ius scholae, Forza Italia ha oscillato tra il no del 2017, il sì condizionato del 2022 e il sì convinto di queste ultime settimane. In tutta onestà, se dovessimo rintracciare delle responsabilità per l'assenza di norme di buonsenso in materia, dovremmo guardare a sinistra e tra le forze liberali. Dovremmo prendercela con chi, tra progressisti e liberali, quando ne ha avuto la possibilità, non ha avuto il coraggio di smontare le pessime norme in materia di immigrazione, accoglienza e cittadinanza. Con chi, insomma, ha pensato bene di contrastare la presunta crescita di consensi per la destra facendo politiche di destra o che almeno "non spaventassero i moderati", qualunque cosa ciò volesse dire.

Anche per ragioni storiche, dunque, il dibattito di queste settimane sulla cittadinanza non andrebbe preso sul serio. Non porterà a nulla e farà solo male a una causa sacrosanta. È un gioco delle parti, utile a regalare a Forza Italia un posizionamento politico e a consentire al Partito democratico e alle altre formazioni progressiste e liberali di rimarcare la propria diversità costitutiva rispetto alla destra di Salvini e Meloni. Soprattutto, è un dibattito monco, che rischia di fare più danni che altro. Perché sembra prescindere completamente dal merito delle proposte specifiche di riforma della cittadinanza, che invece dovrebbe essere centrale.

L'idea di una concezione "meritocratica" della cittadinanza, ad esempio, è dannosa, a parere di chi scrive. Più sensata, ma comunque discutibile, può apparire la concezione "civica" della cittadinanza, alla base dello Ius Scholae. E, infine, andrebbe capito in che modo eventualmente "temperare" lo Ius Soli, quali condizioni cioè andremmo a porre (con il rischio di privilegiare aspetti economici o scendere nel delicato discorso dell'integrazione). Ecco, un dibattito serio dovrebbe partire da considerazioni diverse e abbracciare il punto di vista di chi vive sulla propria pelle una discriminazione de facto. Perché forse un ragazzo nato in Italia, cresciuto in Italia, che qui ha tutti i suoi riferimenti culturali, sociali, affettivi, non deve dimostrare di meritare alcunché. È semplicemente italiano.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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