Il via libera della Corte di Cassazione alle firme raccolte dal comitato per il Sì al referendum sulla riforma della Costituzione è una tappa fondamentale nel percorso verso la consultazione che porterà gli italiani alle urne in autunno. Un cammino che continua tra polemiche e contestazioni, peraltro del tutto legittime, considerato il tentativo piuttosto goffo da parte di alcuni sostenitori del Sì di intestarsi la paternità del referendum grazie alla raccolta firme. Vale infatti la pena di ricordare che, poiché la riforma Renzi – Boschi non è stata approvata con la maggioranza dei due terzi né alla Camera né al Senato, il referendum confermativo è obbligatorio, come da secondo comma dell’articolo 118 della Costituzione, che recita: “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda: un quinto dei membri di una Camera, o 500.000 elettori, o cinque Consigli regionali”. Nel caso del Renzi – Boschi, lo scorso aprile erano arrivate le firme di oltre un quinto dei parlamentari.
Come evidente, dunque, la campagna elettorale “ufficiosa” è cominciata da tempo, ma resta da sciogliere uno dei nodi decisivi: la data della consultazione.
Non è tema di poco conto, per una serie di motivazioni. Per legge, il referendum è indetto con decreto della Presidenza della Repubblica su proposta del Consiglio dei ministri. Il Governo ha 60 giorni di tempo dall’ok della Cassazione per deliberare una data da sottoporre al Capo dello Stato. Dopo il decreto del Quirinale si apre la fase di campagna elettorale, che può durare dai 50 ai 70 giorni. Teoricamente, dunque, il referendum potrebbe tenersi fra 4 mesi, a dicembre, anche se “fonti accreditate” fanno sapere che il Governo sembra orientato a scegliere fra il 20 e il 27 novembre.
Una prospettiva, quella di una lunghissima campagna elettorale, che trova fortemente contrarie le opposizioni. Fico, per il Movimento 5 Stelle, chiama in causa Mattarella: ”Auspichiamo che il Capo dello Stato eserciti le sue prerogative fino in fondo e impedisca al premier di rallentare la procedura di individuazione della data del referendum. Il suo dovere è quello di preservare il voto referendario da tentativi di inquinamento politico e di favorire la partecipazione massima, obiettivo più difficilmente raggiungibile se il voto è fissato a ridosso della stagione invernale".
De Petris, di Sinistra Ecologia e Libertà, sottolinea invece come nella scelta della data, Il Presidente del Consiglio stia facendo molta più attenzione ai sondaggi che alle reali esigenze degli italiani:
Brunetta, invece, sottolinea come la campagna elettorale lunga sia un vantaggio per il Presidente del Consiglio che, a suo dire, controlla la quasi totalità dell'informazione italiana:
Il punto è che, se i recenti sondaggi sembrano premiare il fronte del No, la distanza resta minima e soprattutto la percentuale di indecisi / orientati all'astensione è talmente alta da lasciare aperta qualunque possibilità. Renzi ha puntato molto sulla sua macchina organizzativa, i comitati per il Sì in cui confluiranno anche verdiniani e alfaniani, che ha evidentemente bisogno di tempo per entrare a pieno regime. Discorso simile per quel che concerne la copertura mediatica, squilibrata, come da monitoraggi di questi ultimi mesi, che può garantire un minimo vantaggio al fronte del sì. Inoltre, una bassa affluenza potrebbe favorire Renzi, che spera di convincere con il feticcio della stabilità quella parte di elettorato conservatore, storicamente incline a recarsi alle urne.
Ma c’è un ultimo aspetto, forse più delicato e potenzialmente decisivo, che alimenta la polemica sulla data del referendum. Renzi sa che per recuperare consensi ha bisogno del “colpo di teatro”, o anche solo del clima favorevole. Lo strumento, nell’uno e nell’altro caso, è la legge di stabilità, che può rappresentare l’occasione per qualcosa di più di un “segnale di fiducia” ai cittadini. Per la fine di novembre l’esecutivo potrebbe aver già portato a casa l’approvazione in un ramo del Parlamento e incassato “tempo extra” sui media. Certo, dipenderà molto dai contenuti del provvedimento, ma c’è già chi scommette che abbonderanno le parole “bonus”, “piano straordinario”, “rivoluzione” e via discorrendo.