Perché i parlamentari potrebbero avere presto un ‘aumento’ dello stipendio
Dopo la notizia dell'aumento dell'indennità per i capigruppo dalla Camera, giunta giovedì 13 luglio, si profila una nuova battaglia sui soldi e su compensi in Parlamento.
È di pochi giorni fa la delibera dell'Ufficio di presidenza di Montecitorio con, che ha dato il via libera a un'indennità aggiuntiva pari a quella già erogata ai presidenti di commissione, del valore di 2.226,92 euro lordi al mese, 1269,34 euro netti, per i capigruppo. La delibera è passata con i voti del M5s e del centrodestra, astenuti gli altri gruppi. Per il 2023 l'indennità aggiuntiva sarà a carico dei bilanci dei singoli gruppi parlamentari.
Dal 2024 invece sarà erogata direttamente dalla Camera, ma risorse necessarie saranno prelevate dal contributo concesso ai gruppi parlamentari, per cui si tratta di un'operazione a saldo invariato che non pesa sul bilancio della Camera. Un risultato questo che il M5s ha rivendicato: "La proposta alternativa, che il M5S ha fermamente contrastato in collegio dei questori, prevedeva l'introduzione dell’indennità per i capigruppo con costi a carico della Camera e quindi dei cittadini. Abbiamo ottenuto una modifica sostanziale spingendo le forze politiche di maggioranza ad accettare lo schema da noi proposto e a votarlo in Ufficio di Presidenza: le indennità dei capigruppo non devono essere a carico degli italiani ma eventualmente dei gruppi parlamentari. La proposta passata alla Camera è a saldo zero".
Quasi tutti i diretti interessati hanno però rinunciato all'aumento. Lo ha detto esplicitamente Tommaso Foti, capogruppo Fdi a Montecitorio: "L'ufficio di Presidenza della Camera ha stabilito, senza alcun voto contrario, di attribuire ai capigruppo, un'indennità pari a quella percepita dai presidenti di Commissione, la più bassa tra quelle in vigore. Con una sostanziale differenza: quella riconosciuta ai capigruppo non comporta alcun aggravio di spesa al bilancio della Camera. Tuttavia, ritengo che sia giusto lasciare ai destinatari della misura la possibilità di rinunciare alla stessa, cosa che faccio senza difficoltà alcuna". Stessa posizione espressa da Francesco Silvestri, capogruppo M5S, in una lettera inviata alla Presidenza della Camera, e lo stesso hanno fatto Chiara Braga, capogruppo dem, la capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, Luana Zanella, e Matteo Richetti, capogruppo Iv-Azione, che ha chiarito: "Non mi darò nessun aumento con i soldi del gruppo che servono all'attività in Parlamento":
"Continueremo anche la nostra storica battaglia contro i costi della politica: dopo avere evitato che l'adeguamento degli stipendi per i capigruppo – che noi non prenderemo – fosse a carico degli italiani, abbiamo presentato altri due ordini del giorno alla Camera che verranno messi in votazione giovedì prossimo in occasione dell’approvazione del bilancio: uno per scongiurare aumenti degli stipendi dei deputati e, anzi, per ottenerne la riduzione; l'altro per evitare che si ripeta alla Camera lo scempio sui vitalizi di qualche giorno fa al Senato", ha scritto su Facebook il leader del M5S, Giuseppe Conte, riferendosi al voto sull'approvazione del bilancio di Montecitorio, previsto per giovedì.
Cosa propone il M5s sugli stipendi
In questo caso le forze politiche hanno depositato i loro odg, che valgono come emendamenti al provvedimento. Conte, spiega Luca De Carolis del Fatto Quotidiano, si riferisce all'ong presentato dal forzista Mulè, vicepresidente della Camera, che ha depositato una proposta per cancellare l'equiparazione delle indennità per gli eletti a quelle dei presidenti di sezione della Corte di Cassazione, regolata da una legge del 1965: in pratica secondo il M5s si tratterebbe di eliminare il tetto ai compensi. Un'interpretazione del tutto priva di fondamento, secondo l'azzurro Mulè.
Nella busta paga mensile di un deputato, ricorda il Fatto Quotidiano, c'è:
un'indennità di 5000 euro netti, una diaria da 3500 euro e un rimborso spese per l'esercizio del mandato da 3690 euro, a cui va aggiunto un ulteriore rimborso per gli spostamenti tra luogo di residenza e aeroporto, per un importo trimestrale tra i 3 e i 4000 euro, e quello per le spese telefoniche (1200 euro).
Per il M5s queste cifre sono eccessive, e vanno abbassate, così come chiede l'odg presentato da Silvestri, che chiede di equiparare gli stipendi non più a quelli dei magistrati ma a quelli dei dipendenti della pubblica amministrazione "il cui trattamento massimo annuo lordo risulti radicalmente inferiore".
Inoltre, sempre nello stesso ong, "si invitano l'ufficio di presidenza e il collegio dei questori a non procedere all'adeguamento periodico delle indennità, se non per ridurle". Perché, si ricorda, "dal 2006 sono state approvate delibere biennali alla Camera e in Senato per non aggiornare gli importi, come invece avviene periodicamente per gli stipendi dei giudici di Cassazione.
Dal 2006 l'Ufficio di presidenza della Camera ha deliberato periodicamente di non procedere all'adeguamento dell'importo dell'indennità parlamentare prevista per legge. Nel suo odg di Mulè fa notare che negli anni "il divario tra l'importo dell'indennità parlamentare corrisposta e cioè che sarebbe previsto in caso di adeguamento è cresciuto sempre di più, oscillando oggi tra i 5725 e i 6185 euro mensili". L'azzurro vuole quindi eliminare il riferimento alla retribuzione dei magistrati, per sostituirlo con un nuovo meccanismo di adeguamento periodico delle indennità. Ma questo, secondo il vicepresidente della Camera, non si tradurrebbe affatto in un aumento degli stipendi. Nel suo odg Mulè vuole impegnare l'ufficio di presidenza a:
valutare l'opportunità di farsi promotore, tramite le opportune intese con il consiglio di presidenza del Senato della Repubblica e con i gruppi parlamentari di Camera e Senato di un'iniziativa legislativa finalizzata ad eliminare il riferimento normativo alla retribuzione spettante ai magistrati con funzioni di Presidente di sezione della Corte di Cassazione ed equiparate, di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 1261 del 1965, sostituendolo con un nuovo meccanismo di adeguamento periodico degli importi delle indennità parlamentari.
Il M5s intende battersi anche sui vitalizi, e per questo ha presentato un altro odg per esortare la Camera "all'assunzione di una posizione ferma e rigorosa rispetto al mantenimento della deliberazione n.14 del 2018", cioè quella voluta dall'ex presidente della Camera Roberto Fico, che intervenne sui vitalizi "facendo risparmiare 40 milioni di euro annui".