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Perché i celiaci non possono entrare nelle Forze armate e il governo non vuole cambiare le regole

Per legge, in Italia chi è affetto da celiachia è automaticamente escluso dai concorsi per entrare nelle Forze armate. Nonostante le richieste dell’Associazione italiana celiachia, la norma non è mai stata cambiata. Oggi il centrodestra ha bocciato un ordine del giorno del M5s che chiedeva di intervenire.
A cura di Luca Pons
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"Siamo rimasti senza parole per il clamoroso voltafaccia della maggioranza di governo", ha detto Vittoria Baldino, deputata del Movimento 5 stelle in commissione Difesa. Oggi, il centrodestra ha respinto un ordine del giorno presentato dal M5s, che chiedeva di impegnarsi per eliminare "ogni forma di preclusione all'accesso ai concorsi e alle carriere militari per i soggetti affetti da celiachia", ovvero l'intolleranza al glutine. Una decisione "stupefacente", secondo Baldino, "viste le prese di posizione pubbliche a sostegno di questa causa espresse dalla maggioranza nel corso dell'audizione dell'Associazione italiana celiachia in commissione Difesa".

Perché chi è celiaco non può arruolarsi

La questione è dibattuta da diversi anni. Nel 1985, la celiachia fu dichiarata una condizione che esentava dal servizio di leva. Oggi il Codice dell'ordinamento militare, emanato nel 2010, prevede che tra le "imperfezioni e infermità che sono causa di non idoneità al servizio militare" ci siano anche "le intolleranze a farmaci ed alimenti", tra cui ricade anche l'intolleranza al glutine. Sostanzialmente, chi ha una diagnosi di celiachia riceve un punteggio decisamente negativo nella sua valutazione di idoneità, che rende pressoché impossibile arruolarsi. Il tema è talmente sentito che l'Associazione italiana celiachia (Aic) ha una pagina dedicata sul proprio sito. Pochi mesi fa, di fronte a una nuova richiesta di intervento, il ministero della Difesa avrebbe risposto direttamente all'Aic che "l'attuale preclusione ai soggetti celiaci è intesa nell’ottica di una constatata impossibilità di tutelarne a pieno lo stato di salute in ogni condizione operativa".

La novità nel 2015 e le proposte di legge per cambiare le regole

Nel 2015 è arrivato un primo passo avanti: una direttiva dell'Ispettorato generale per la sanità militare dello Stato maggiore della difesa ha stabilito che "per il personale in servizio, la diagnosi di intolleranza al glutine non comporta alcun provvedimento medico-legale". Se si entra nelle Forze armate prima della diagnosi, quindi, non ci sono problemi, a meno che l'intolleranza non si manifesti con sintomi tali "da pregiudicare la idoneità al servizio". Un risultato positivo, ma che ha reso anche più paradossale che invece chi sa già di soffrire di celiachia sia escluso dal concorso a priori. Anche perché i celiaci possono accedere senza problemi ad una serie di altri corpi, come la polizia penitenziaria, l'aeronautica commerciale e i vigili del fuoco.

La questione si è ripresentata in Parlamento più volte, nel tempo. A dicembre 2019, ad esempio, la deputata Maria Elena Boschi aveva fatto approvare un emendamento alla legge di bilancio che interveniva sulla questione; emendamento poi bocciato più avanti nell'iter. A giugno 2022, il M5s aveva presentato in Senato una legge-delega ad hoc per spingere l'esecutivo a modificare il Codice dell'ordinamento militare, ma pochi mesi dopo il governo Draghi era caduto. Circa un anno fa, a giugno 2023, una proposta molto simile è stata depositata alla Camera con la prima firma di Vittoria Baldino, e al momento è ancora discussione nella commissione Difesa.

L'odg del M5s bocciato dal centrodestra

Il ddl in questione obbligherebbe il governo a cambiare, nel giro di sei mesi dalla sua approvazione, il Codice per "eliminare ogni preclusione all'accesso alla carriera militare per le persone affette da celiachia o da altre intolleranze alimentari", in modo da rispettare "i princìpi di equità, di giustizia e di non discriminazione nei concorsi pubblici per l'arruolamento nelle Forze armate". E si arriva a oggi: il Movimento 5 stelle ha presentato un ordine del giorno che avrebbe impegnato (seppur in maniera non vincolante) il governo a muoversi nella stessa direzione. Un ordine del giorno che la maggioranza di centrodestra, però, ha respinto.

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