Perché i benzinai intendono confermare lo sciopero delle pompe del 25 e 26 gennaio
"A queste condizioni, è confermato lo sciopero". Lo hanno detto i due principali sindacati di gestori delle pompe di carburanti, Fegica e Figisc Confcommercio. Il colloquio con il governo della scorsa settimana e le modifiche apportate al decreto Carburanti, entrato in vigore ieri, non sono bastate: al momento è confermato lo sciopero dei benzinai che era stato indetto per il 25 e il 26 di gennaio.
Cosa c'entra lo sciopero dei benzinai con il caro carburante
Tutto è partito dall'aumento dei prezzi di benzina e diesel che c'è stato dall'inizio del 2023. Il salto è stato dovuto per la maggior parte alla scelta del governo Meloni di riportare in vigore le accise sul carburante. A marzo 2022, infatti, il governo Draghi aveva tagliato le accise, generando uno sconto di circa 30 centesimi al litro sulla benzina. A dicembre, il governo Meloni aveva ridotto questo taglio, portando lo sconto a circa 18 centesimi in tutto. Dall'inizio del 2023, poi, il taglio è stato eliminato del tutto, così il prezzo della benzina è salito di 18 centesimi in un colpo.
L'aumento del prezzo alla pompa ha portato a lamentele e proteste, con l'associazione dei consumatori Codacons che ha segnalato prezzi fino a 2,50 euro al litro per il diesel. Per difendersi il governo ha detto che, se i prezzi erano così alti, doveva essere colpa della speculazione e di "qualcuno che fa il furbo" (come detto dal ministro dei Trasporti, Matteo Salvini). Cioè, dovevano essere i benzinai che aumentavano artificialmente i prezzi, per approfittare dell'aumento.
L'impressione, quindi, è stata che il governo desse ai benzinai la colpa dell'aumento eccessivo dei prezzi. Impressione rafforzata quando, l'8 gennaio, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti hanno incontrato il Comandante generale della Guardia di Finanza, Giuseppe Zafarana. Al termine dell'incontro, il governo ha annunciato un aumento dei controlli ai distributori.
L'annuncio dello sciopero, ‘congelato' dopo il faccia a faccia con il governo
Il 10 gennaio, il governo ha varato un decreto sulla trasparenza dei prezzi del carburante (poi modificato), che prevedeva tra le altre cose nuovi obblighi per i distributori. In particolare, l'obbligo di esporre il prezzo medio nazionale accanto ai propri prezzi di vendita. La categoria dei gestori ha preso questo decreto come uno "scaricabarile", per usare le parole dei sindacati.
Così, il 12 gennaio lo sciopero è stato annunciato: lo scopo dichiarato era "porre fine a questa ‘ondata di fango' contro una categoria di onesti lavoratori e cercare di ristabilire la verità". In particolare, veniva messo sotto accusa " un esecutivo a caccia di risorse per coprire le proprie responsabilità politiche, senza avere neppure il coraggio di mettere la faccia sulle scelte operate".
Per riparare al danno, il governo ha incontrato i rappresentanti sindacali dei benzinai il giorno successivo, il 13 gennaio. Al termine della riunione, i sindacati hanno annunciato che lo sciopero era congelato. Ovvero, era sospeso, in attesa di vedere testo definitivo del decreto.
Quando il Consiglio dei ministri ha approvato definitivamente il decreto Carburante, entrato in vigore ieri, i gestori non sono stati soddisfatti. Sono state mantenuti, infatti, gli obblighi aggiuntivi per i distributori, con sanzioni fino a 6mila euro per chi non li rispetta.
La delusione per il decreto Carburanti: "A queste condizioni, lo sciopero è confermato"
Oggi è arrivato l'annuncio dei sindacati: "Sul caro carburanti continua lo scaricabarile del governo. Dopo avere certificato formalmente il comportamento assolutamente corretto dei gestori nell’incontro della scorsa settimana, prima la pubblicazione di un Decreto pasticciato e senza alcuna efficacia sui prezzi, poi l’avvio di una istruttoria Agcm che indagherebbe sui petrolieri non per le loro eventuali responsabilità, ma perché non avrebbero sorvegliato i benzinai evidentemente rei di aver speculato sui prezzi. È una situazione grave, se non fosse ridicola". A queste condizioni, quindi, "è confermato lo sciopero", ha affermato il presidente della Fegica, Roberto Di Vincenzo.
Domani, 17 gennaio, si terrà un altro vertice tra sindacati ed esecutivo. "L'incontro non nasce certo sotto i migliori auspici", ha continuato Di Vincenzo. "Il governo non può continuare ad avere sette anime, l’una contro l’altra armate, e sette posizioni diverse che finiscono inevitabilmente per scaricarsi sui cittadini".
"Se domani nell'incontro al Ministero delle Imprese non si riparte dal decreto si conferma lo sciopero", ha detto Bruno Bearzi, presidente della Figisc. La riunione di domani, quindi, dovrebbe essere l'ultima occasione del governo per evitare lo sciopero, che altrimenti sarà confermato per il 25 e il 26 gennaio.