Come vi abbiamo raccontato ieri, il presidente del Senato Pietro Grasso ha deciso di considerare irricevibile la valanga di emendamenti presentata dal senatore leghista Roberto Calderoli. Si trattava di circa 72 milioni di modifiche al testo del disegno di legge di riforma della Costituzione che porta la firma del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e del ministro per le Riforme e i Rapporti col Parlamento Maria Elena Boschi, presentate in Aula dopo la decisione della maggioranza di mandare il ddl in Aula senza attendere la fine dell’esame in Commissione Affari Costituzionali.
Nei giorni precedenti si era molto discusso sugli strumenti effettivamente utilizzabili dalla Presidenza per contrastare la pratica ostruzionistica della Lega Nord (con calcoli più o meno realistici sugli anni necessari ad esaminare eventualmente i singoli emendamentio frutto dell’algoritmo calderoliano). Era così partita all’interno della maggioranza la caccia ai cavilli del Regolamento del Senato, oltre che il pressing su Grasso affinché prendesse tutte le contromisure necessarie ad impedire “il blocco del processo democratico”.
Per la verità, come ha spiegato lo stesso Grasso, tutti i suggerimenti arrivati dai senatori della maggioranza si sono rilevati piuttosto imprecisi (o almeno non perfettamente funzionali allo scopo).
A partire dalla questione della “presenza di firme autografe” a supporto di ogni singolo emendamento, sollevata dal capogruppo PD Zanda: sul punto Grasso ha infatti spiegato che “si deve prendere atto che in Commissione Affari costituzionali la questione della mancata sottoscrizione autografa degli emendamenti presentati in formato elettronico non è stata né posta né sollevata e che gli Uffici hanno completato il lavoro di ordinazione e numerazione per tutti gli emendamenti poi ripresentati in Assemblea”. Quindi, nessun problema, anche considerando l’obiezione di Calderoli: se è ammissibile la presentazione di un emendamento in formato elettronico, allora bisogna anche utilizzare la firma digitale.
Discorso simile per la presunta “non rispondenza” ai commi 3 e 4 dell’articolo 100 del Regolamento del Senato (obiezione sollevata da altri senatori del PD). Il Regolamento recita:
3. Gli emendamenti debbono, di regola, essere presentati per iscritto dal proponente alla Presidenza almeno ventiquattro ore prima dell'esame degli articoli a cui si riferiscono e vengono subito trasmessi alla Commissione.
4. Gli emendamenti, se sono firmati da otto Senatori, possono essere presentati anche il giorno stesso della discussione, purché la presentazione avvenga almeno un'ora prima dell'inizio della seduta.
Grasso ha infatti precisato che “per il provvedimento al nostro esame, in sede di Commissione Affari costituzionali non è stata sollevata né posta alcuna questione circa la ricevibilità degli emendamenti. Anche quelli presentati da singoli senatori in formato elettronico, senza sottoscrizione autografa, sono stati considerati ricevibili e pubblicati sul sito del Senato.”. Quanto al comma 4, nessun problema: si tratta di una prassi che disciplina emendamenti presentati da 8 senatori e comunque caduta in disuso.
Infine, a chi obiettava l’impossibilità di vagliare e valutare i singoli emendamenti perché non aveva il testo a disposizione, Grasso ha ricordato il lavoro fatto dagli Uffici del Senato, che hanno catalogato e reso consultabili i testi in formato digitale.
Insomma, ha spiegato il Presidente, “non è quindi l'argomento formale dell'assenza materiale di firme autografe, né l'impossibilità di rendere disponibili i testi ai senatori, superata dal lavoro degli Uffici, a orientare la Presidenza.”
Dunque, come è stato possibile bloccare Calderoli e la sua macchina?
La soluzione trovata da Grasso risiede nelle facoltà della Presidenza e va a creare un precedente (almeno per il Senato). Il Presidente, facendo riferimento agli articoli 8 e 97 del Regolamento, che gli attribuiscono al il giudizio di ricevibilità, proponibilità e ammissibilità degli emendamenti, ha così dichiarato i 72 milioni di emendamenti non inammissibili, ma irricevibili.
Argomentando così:
Per rispettare pertanto i tempi stabiliti dal calendario dei lavori, la Presidenza è oggettivamente impossibilitata a vagliare nel merito l'abnorme numero di emendamenti se non al prezzo di creare un precedente che consenta di bloccare i lavori parlamentari per un tempo incalcolabile.
Di conseguenza, in ragione di tale criterio sostanziale – desumibile dall'articolo 55 del Regolamento – considero non inammissibili (l'inammissibilità è infatti riferita al merito) ma irricevibili gli stessi emendamenti, fermi restando invece quelli già ricevuti dalla Presidenza della Commissione Affari costituzionali e ripresentati in Assemblea, al netto di quelli ritirati.