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Guerra in Ucraina

Perché Giorgia Meloni e la Lega litigano sull’invio di armi all’Ucraina

Negli ultimi giorni si è acceso lo scontro a distanza tra Giorgia Meloni e la Lega, incluso il segretario Matteo Salvini: uno scambio di battute che ha chiarito come, sulla guerra in Ucraina, il Carroccio abbia intenzione di far pesare la sua linea. A partire dalle parole di Salvini: “Più armi si inviano, più la guerra va avanti”.
A cura di Luca Pons
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Le tensioni all'interno della maggioranza sull'invio delle armi all'Ucraina non sono una novità: da tempo la Lega sul punto cerca di distinguersi da Fratelli d'Italia e Forza Italia, rivendicando – come aveva provato a fare anche durante il governo Draghi – la sua linea ‘pacifista'. Salvo poi votare, pur con qualche malumore, tutti i decreti per la spedizione di armamenti a Kiev. Negli ultimi giorni lo scontro sul tema si è amplificato ancora una volta.

Tutto è partito da una dichiarazione del segretario leghista e vicepremier Matteo Salvini, che in modo decisamente informale, durante una live su TikTok, ha preso una posizione netta: "Speriamo che questa stramaledetta guerra finisca il prima possibile", ma "più armi si inviano, più la guerra va avanti".

Le parole di Salvini durante il vertice Nato a Washington

Non era la prima volta, come detto, che il leader del Carroccio esprimeva scetticismo per le forniture militari all'Ucraina. Questa dichiarazione però è arrivata il 9 luglio, il primo giorno del vertice Nato a Washington a cui stava partecipando anche una folta delegazione italiana, dalla presidente del Consiglio Meloni al vicepremier Tajani e il ministro della Difesa Guido Crosetto. Insomma, i vertici del governo erano negli Stati Uniti a garantire l'affidabilità dell'Italia per le spese militari dell'Alleanza e a sottoscrivere accordi sull'ingresso dell'Ucraina nella Nato, mentre un vice di Meloni affermava che inviare le armi non fa che portare avanti la guerra.

Non sono mancate le polemiche. Ai cronisti che chiedevano un commento, il giorno dopo, Antonio Tajani (leader di FI) si è limitato a dire che "noi siamo parte integrante della Nato, nessuno ha mai detto che dobbiamo uscire dalla Nato. Il nostro impegno è procedere verso l'obiettivo del 2%" del Pil investito in spese militari. Dall'Italia, il capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari ha provato a correggere il tiro ad Agorà: "Salvini non ha mai detto ‘non mandiamo più le armi'. Salvini ha detto che è chiaro che se si continua solo la linea militare la guerra non finirà mai. Ma questo non vuol dire non mandare più le armi a Kiev. Io ricordo che la Lega ha votato tutti i provvedimenti in Aula sia con il governo Draghi, sia con il governo Meloni di sostegno all'Ucraina".

La risposta di Meloni

Questo però non è bastato a calmare le acque nella maggioranza. E infatti giovedì, dagli Stati Uniti, è stata la stessa Giorgia Meloni a rispondere in modo quasi esplicito a Salvini. La presidente del Consiglio si è rivolta a "chi da varie parti dice che se si continuano a inviare armi all'Ucraina si alimenta la guerra". Una citazione quasi testuale del leader leghista. Meloni ha detto di essere "fiera" dell'invio all'Ucraina di sistemi di difesa antimissile: "Ci siamo concentrati sui sistemi di difesa antiaerea, che è il modo migliore per difendere una nazione aggredita. Se non avessimo mandato i sistemi di difesa antiaerea, che sono fiera di aver mandato, non è che i missili verso l'Ucraina non sarebbero partiti ugualmente. Ma semplicemente avrebbero colpito molta più gente".

Alla domanda successiva dei giornalisti, questa volta concentrata su Salvini, la presidente del Consiglio si è poi ritirata nella solita formula che "la maggioranza è sempre stata molto compatta in questa materia" e le dichiarazioni che vengono dalla Lega "non sono un problema". Ma è chiaro che ormai il suo messaggio era stato lanciato.

La Lega non molla: "Contro l'invio di ogni tipo di armi"

Ma il Carroccio non si è fermato. Dopo l'attacco quasi frontale della presidente del Consiglio, la Lega ha mandato avanti il suo vicesegretario Andrea Crippa, spesso incaricato delle comunicazioni quando i toni non devono essere troppo sottili. Ieri, Crippa ha contraddetto apertamente Meloni, parlando con più agenzie di stampa: "Quali sarebbero le armi difensive inviate all'Ucraina? I missili sono armi difensive? Io sono contrario all'invio di ogni tipo di arma perché, dal mio punto di vista, un missile non è un'arma difensiva. Dal mio punto di vista i missili ammazzano le persone", ha affermato.

E ancora: "Io sono contro l'invio di ogni tipo di armi all'Ucraina. Finché inviamo armi è chiaro che alimentiamo guerre e finché alimentiamo guerre contribuiamo alla morte di persone sia della Russia sia dell'Ucraina. Mi sembra che in questo momento ci siano continui invii di armi che provocano morti e non ci siano tavoli negoziali per portare la pace". Sparita, insomma, la distinzione che Molinari aveva provato a portare avanti ("questo non vuol dire non mandare più le armi a Kiev").

Per il momento, comunque, Fratelli d'Italia e il resto della maggioranza possono continuare ad affermare che in Aula non si sono mai spaccati sul tema: il Carroccio ha sempre ceduto, quando si è trattato di votare. Resta da vedere se le tensioni si abbasseranno o cresceranno, e cosa succederà quando una nuova votazione chiamerà la Lega a esprimersi sull'Ucraina.

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