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Elezione del Presidente della Repubblica 2022

Perché eleggere una donna è l’unico modo per chiudere la partita del Quirinale

Mancano poche ore all’inizio delle votazioni per il Quirinale, e dopo che Berlusconi si è ritirato dalla corsa le trattative proseguono serrate. Tra veti e incompatibilità questa volta la candidatura di una donna potrebbe mettere d’accordo tutti.
A cura di Annalisa Cangemi
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Quando Dacia Maraini, Liliana Cavani, Edith Bruck e altre autorevoli intellettuali e artiste hanno lanciato un appello per chiedere la candidatura di “una donna” per il Quirinale non si aspettavano forse questo profluvio di critiche. La loro colpa? Aver cercato di sollecitare i 1009 Grandi elettori che da domani saranno chiamati a Montecitorio a eleggere il prossimo Presidente della Repubblica, affinché votino genericamente una figura femminile, senza però indicare un nome. Eresia. Miscredenza.

Ma non sfugga il senso dell’iniziativa: le firmatarie non chiedono che al Colle vada una “donna qualsiasi”, ma tracciano un preciso identikit. “Molte donne hanno ottenuto stima, fiducia, ammirazione in tanti incarichi pubblici ricevuti, e ci rifiutiamo di pensare che queste donne non abbiano il carisma, le competenze, la capacità l’autorevolezza per esprimere la più alta forma di rappresentanza e di riconoscimento”, si legge in un passaggio. Il senso del messaggio è chiarissimo, anche se non viene proposta una candidatura specifica.

Di donne adatte a ricoprire quell’incarico – che mai prima d’ora è stato affidato a una donna, come del resto in Italia non abbiamo mai avuto una donna presidente del Consiglio – ce ne sono tante, politiche e no. E non ci sarebbe alcuna ragione per rinunciare all’opportunità di chiamare al Colle più alto questa volta una di queste donne, che abbia già “titoli, meriti, esperienza ed equilibrio”, non certo una donna purchessia. Soprattutto in questo momento, che in Parlamento di donne ce ne sono ben 339, e non c’è mai stata una rappresentanza femminile così numerosa.

Quando diciamo che in questo Paese la disparità o la violenza di genere sono prima di tutto un problema culturale non ci capisce perché si dovrebbe sminuire la portata simbolica di un simile cambio di passo.

Una vignetta del grande Quino, che ci ha lasciati poco più di un anno fa, ci aiuta a capire da dove veniamo e quanta strada c’è ancora da fare per superare gli stereotipi di genere: Mafalda, la bimba filosofa più famosa del mondo dei fumetti, si chiede perché una donna non possa diventare Presidente della Repubblica. Mafalda ci pensa, poco dopo ha la risposta: immagina la donna Presidente seduta alla sua scrivania davanti a un plico con su scritto “segreto di stato”, che afferra il telefono per affrettarsi a spiattellare il contenuto riservato di quei documenti. Oggi quella vignetta sarebbe considerata sessista. Ci strappa un sorriso perché è satira e soprattutto perché era l’Argentina degli anni Sessanta. Ma proviamo a immaginare quanto potrebbe influenzare e ispirare le piccole Mafalde di oggi ascoltare il messaggio di fine anno della Presidente della Repubblica, trasmesso a reti unificate. Magari capirebbero ben poco di quel discorso, ma quanto aiuterebbe a smontare i soliti cliché.

Chi sono le donne ‘quirinabili’

Quando l’appello per una donna al Quirinale è stato pubblicato, all’inizio di gennaio, coloro che lo hanno sottoscritto non si aspettavano forse che la carta della candidatura femminile potesse diventare cruciale per risolvere il rebus di una trattativa, diciamolo, un po’ stantia. Fino alla fine tutto sembrava ruotare attorno a Silvio Berlusconi, come se tutta l’operazione fosse diventata una sorta di gioco, tutti protesi a capire un'unica mossa: ma si ritira o no? Ecco, alla fine ha mollato la presa, scornato, deluso. E dunque si può ripartire. Per una volta la candidatura di una donna potrebbe davvero mettere d’accordo tutti, e potrebbe essere l’unico modo per superare i veti incrociati.

Tra i nomi che sono usciti fino ad ora – ma come è accaduto già con l’elezione di Mattarella altri nomi potrebbero sempre spuntare in corsa – se si toglie dal mazzo l’attuale Capo dello Stato che non vuole assolutamente mettersi a disposizione per un secondo mandato, la figura che può sul serio riuscire a raggiungere quantomeno la maggioranza assoluta (i 505 voti richiesti dalla quarta votazione) sembra essere solo Mario Draghi. Ma è davvero così?

All’interno del M5s la candidatura del presidente del Consiglio al Quirinale non è affatto ben vista per almeno due buone ragioni. La prima è che Draghi è l’uomo del ‘conticidio’, che ha reso possibile la nascita di un nuovo governo, e ha fatto funzionare gli ingranaggi messi in moto da Matteo Renzi. E poi un eventuale passaggio di Draghi al Quirinale renderebbe più concreta la possibilità di una fine prematura della legislatura, che i parlamentari pentastellati temono più di ogni altra cosa.

“È tempo di una donna”, ha dichiarato Giuseppe Conte. Ma è evidente che non si tratta solo di un nobile impegno ma soprattutto di un calcolo: il leader Cinque Stelle ha cercato di spingere una candidatura femminile perché quest’opzione, oltre ad essere ammantata da un’aura di moralità, potrebbe convincere tutto il centrosinistra, che si professa attento alle questioni di genere, ma potrebbe vincere le resistenze anche delle altre forze politiche, in un momento in cui il tema è molto sentito sia da parte dell’opinione pubblica sia a livello internazionale. Una figura davvero trasversale non dovrebbe essere però una candidatura di bandiera, non dovrebbe essere insomma una donna con una chiara connotazione politica. Per questo sono molto improbabili nomi come Rosy Bindi o Anna Finocchiaro, che il centrodestra non accetterebbe mai. Scarse sono le chance anche per una figura che gode di molta stima nel Movimento, Paola Severino. L’ex ministra della Giustizia è la madre della legge che ha portato alla decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore, per cui è altamente improbabile che Forza Italia la voti.

L’area di centrosinistra avrebbe sostenuto la candidatura della senatrice a vita sopravvissuta alla Shoah, Liliana Segre. Il tentativo è stato anche fatto, ma è naufragato quasi subito, vista la sua veneranda età, 91 anni.

Sembrano più probabili nomi come quello di Elisabetta Belloni. Lei stessa ha rimarcato la sua non appartenenza a un’area politica definita. La diplomatica, nominata da Draghi a capo del Dipartimento per le informazioni e la sicurezza, in un’intervista del 2007 disse di essere “orgogliosa di non avere nessuna matrice politica”, e si definì “istituzionale”.

Tocca al centrodestra proporre un nome

La sensazione però è che questa volta non sarà il centrosinistra ad avanzare per primo la sua candidatura. I numeri sono dalla parte del centrodestra, che ha maggioranza tra i 1009 parlamentari e delegati regionali, ed è intenzionato quindi a esprimere per primo un nome, da proporre alle altre forze politiche. Su questo sono al lavoro i leader, e soprattutto Salvini, che in più di un’occasione ha avuto modo di ribadire che Draghi dovrebbe restare a Palazzo Chigi (lo ha detto anche a Conte durante un colloquio).

Dopo il vertice del centrodestra Fdi ha ricordato non a caso la necessità che la coalizione esprima una o più candidature della propria area culturale, che rappresenta, secondo i sondaggi, la maggioranza degli italiani.

La proposta che sembra prendere più piede in queste ore è quella della presidente del Senato Elisabetta Casellati. Ancora una volta è questione di numeri.

Vittorio Sgarbi, che si è intestato il ruolo di ‘centralinista’ nella fallita operazione scoiattolo del Cavaliere, e che quindi si presume sia stato a stretto contatto con lui, ieri ha spiegato perché Casellati potrebbe farcela: “È donna, appunto, ricopre un ruolo istituzionale ed è di Forza Italia. Peraltro, raccoglierebbe molti voti anche fra gli ex Cinque Stelle". Per questo secondo il critico d’arte Casellati potrebbe ottenere quei voti che Berlusconi non è riuscito ad accaparrarsi.

Non è un mistero che la presidente di Palazzo Madama, nonostante il suo utilizzo per così dire ‘disinvolto' dei voli di Stato durante la pandemia, si sia assicurata in questi anni più di un sostenitore all’interno del Movimento, proprio grazie alle sue battaglie ‘femministe’, su cui si è sempre mostrata molto attenta.

Oltretutto non è escluso che la seconda carica dello Stato avrebbe anche i voti di Italia viva, secondo quanto ha lasciato intendere Renzi: “Se il centrodestra fa un nome nell’interesse del Paese è evidente che si vota. Nessuno qui vuole mettere una bandierina”. È vero che al leader di Iv piacerebbero sia Draghi sia Casini al Colle. Ma anche sull’ex presidente della Camera non sarebbe facile trovare un accordo con il centrodestra, perché l’ultima volta è stato eletto con i voti del Pd. E allora tocca accontentarsi, e piegarsi ai numeri. Del resto, “abbiamo bisogno di donne”, ha ripetuto Renzi.

Facciamo quindi qualche calcolo: con 44 voti possibili di Italia viva, sommati ai 450 del centrodestra, più una manciata di voti del M5s, Casellati si avvicina di molto al quorum richiesto dal quarto scrutinio in poi. E a quel punto, anche se il Pd, che conta 154 delegati, non dovesse votarla, come hanno dichiarato anche diverse fonti dem a Fanpage.it, la partita potrebbe essere chiusa.

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Giornalista professionista dal 2014, a Fanpage.it mi occupo soprattutto di politica e dintorni. Sicula doc, ho lasciato Palermo per studiare a Roma. Poi la Capitale mi ha fagocitata. Dopo una laurea in Lettere Moderne e in Editoria e giornalismo ho frequentato il master in giornalismo dell'Università Lumsa. I primi articoli li ho scritti per la rivista della casa editrice 'il Palindromo'. Ho fatto stage a Repubblica.it e alla cronaca nazionale del TG3. Ho vinto il primo premio al concorso giornalistico nazionale 'Ilaria Rambaldi' con l'inchiesta 'Viaggio nell'isola dei petrolchimici', un lavoro sugli impianti industriali siciliani situati in zone ad alto rischio sismico, pubblicato da RE Le Inchieste di Repubblica.it. Come videomaker ho lavorato a La7, nel programma televisivo Tagadà.
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