Non mi interessa attaccare una donna di 39 anni che decide di raccontare la sua storia, né tantomeno Beppe Grillo. Scrivo per dare ordine ai pensieri, per oltrepassare l'idea di un giornalismo ad orologeria e tentare di capire cosa possa provare una persona che ha perso tre membri della sua famiglia e ora vede l'uomo che ha stravolto la sua vita parlare, ogni giorno, in tv di cambiare l'Italia. In questa storia le elezioni c'entrano ma, forse, solo fino ad un certo punto. E' una storia di umani. Di una donna – Cristina Gilberti – che ha provato a contattare privatamente Grillo: “Mi ha richiamato un suo nipote – racconta a Vanity Fair – mi ha spiegato che tutta la sua famiglia aveva sofferto per l’incidente, che non era il momento di ritornare sull’argomento. Ma per me il momento è questo: sono cresciuta, sono mamma, sono pronta per sapere e per parlare. Solo dopo quel ‘no' ho accettato di parlare con voi”.
Credere che abbia deciso di parlare solo ora perché ci sono le elezioni è lecito ma non è necessariamente vero. Chi lo fa sceglie di essere andreottiano e forse questa nazione, per cambiare, dovrebbe uccidere l'uomo andreottiano che c'è in ogni italiano.
Quell'uomo che ripete che “a pensar male si fa peccato ma si ha quasi sempre ragione". Un uomo che non vede come a pensar male si diventi semplicemente peggiori poiché ci si chiude nelle proprie convinzioni e non si lascia entrare l'aria fresca del dubbio. Il dubbio di non aver sempre ragione. Quel dubbio che ci permette di vedere un'opinione diversa dalla nostra non come un pericolo ma come un'opportunità.
Ribadisco: non so. Non so e non posso prendere una posizione netta circa una vicenda tanto dolorosa che non può non lasciare strascichi nei cuori e nelle menti dei protagonisti. Posso solo provare a indossare i loro panni, quelli di una donna che ha perso la famiglia ed ogni giorno, ovunque si giri, vede la persona che – involontariamente – è colpevole del suo dolore. Provo a indossare i panni di Grillo e cerco di capire cosa possa provare, davvero, la notte quando spegne la luce e resta solo con i suoi pensieri.
In questa dinamica tra uomini si è inserita l'intervista di oggi, un'intervista che non cambia di una virgola le sentenze della magistratura, né il dolore che entrambi si portano dentro.
In questa dinamica umana si è innestata la volontà di una giornalista di cogliere la notizia e di un editore di pubblicarla. Un'occasione da cogliere proprio perché sotto elezioni. In caso contrario, forse, la notizia non avrebbe avuto la stessa risonanza.
Queste dinamiche non possono essere giudicate con lo sguardo disattento di chi sfoglia il giornale. Non è una notizia come le altre. Non è l'ennesima promessa del politico di turno. E' lo spartiacque della vita di due persone. E non credo che né Grillo, né Cristina siano così “disumani” da speculare sull'evento che gli ha cambiato la vita. Credo che le reazioni di entrambi siano reazioni di pancia, che si nutrono di enormi sfoghi e lunghi silenzi. Reazioni incontrollabili e difficili da incasellare. Reazioni difficili da giudicare se no si è passati attraverso un dramma simile.
Ciò che resterà di questa storia e dei nostri commenti sono un uomo e una donna alla ricerca della propria nemesi. Credere che la strada intrapresa per raggiungerla possa essere conosciuta o compresa solo perché si è letti un articolo forse è un po' riduttivo. Così come, forse, è riduttivo pensare che sia tutta una montatura elettorale e che il dolore di una donna si accenda e si spenga al suono di un'elezione. Forse è meglio lasciare che si incontrino, si parlino e continuino ciascuno la strada intrapresa.
Noi possiamo solo fare un passo indietro e cercare di uccidere l'uomo andreottiano che c'è in ognuno di noi.